Le tecnologie innovative sono le protagoniste della cardiologia, sia per ottimizzare l’organizzazione dei soccorsi al paziente, sia per trattare con sempre maggior successo l’infarto, lo scompenso cardiaco, le aritmie e per prevenire l’ictus in corso di fibrillazione atriale. Ad esempio il nuovo Ecg dall’iPhone: sembra un guscio di quelli che si applicano all’iPhone per evitare che si graffi, ma anziché proteggere il telefono, il ‘guscio’ contiene due elettrodi e consente di registrare un elettrocardiogramma. E’ sufficiente appoggiare l’iPhone al torace del paziente e trasmetterlo, grazie ad una ‘app’ sperimentale, a un ospedale hub dove un cardiologo può fare tempestivamente diagnosi di infarto e indirizzare così l’ambulanza verso il centro meglio attrezzato a trattare quel paziente. Intorno a questo device è stato costruito un progetto di telesoccorso per pazienti infartuati, attualmente in fase di sperimentazione nella città di Washington.
Anche nel trattamento dello scompenso cardiaco, i maggiori successi negli ultimi anni non sono venuti dai farmaci, ma dalla tecnologia. Una svolta per i pazienti affetti dalle forme più avanzate di scompenso cardiaco è arrivata infatti dai cosiddetti ‘pace-maker anti-scompenso’, che si basano sul principio di far tornare a battere in maniera coordinata (sincronizzata) i due ventricoli, per migliorare la funzione di pompa del cuore. Una terapia di enorme beneficio per i pazienti super-scompensati, costretti tuttavia a recarsi in ospedale ogni 3-6 mesi, per controllare il funzionamento del pace-maker, che viene riprogrammato manualmente dal cardiologo, sotto guida ecocardiografica, in base alle condizioni del paziente. Un problema già in parte superato da un nuovo sistema di telemedicina, in pratica una sorta di ‘grande fratello’ che interroga a distanza, cioè dall’ospedale, l’apparecchio impiantato al paziente. Questo consente di raddoppiare l’intervallo tra una visita di controllo e l’altra.
Ancora in tema di scompenso cardiaco, un altro aiuto può venire da una sorta di personal trainer per cuori “spompati”. L’idea è di un’azienda israeliana, che ha messo a punto una specie di pacemaker che, anziché far contrarre il cuore o risincronizzare tra loro l’attività dei ventricoli, allena le fibre muscolari. L’impulso elettrico erogato dal device viene fatto cadere in una fase del ciclo cardiaco in cui il cuore è “refrattario” all’idea di contrarsi e battere, ma non è privo di conseguenze. Le cellule muscolari cardiache, ‘condizionate’ da questo impulso non eccitatorio (cioè che non produce un battito cardiaco), al battito successivo si contraggono con sempre maggior energia, perché viene gradualmente modificata l’espressione e la funzione delle proteine contrattili in esse contenute. Questa terapia è indicata nei pazienti con scompenso cardiaco moderato-grave, in aggiunta alla terapia farmacologica.
E poi una grande novità nel campo dei defibrillatori impiantabili, i device salva-vita per i pazienti a rischio di arresto cardiaco improvviso. Un defibrillatore normalmente è composto da un generatore, impiantato in una tasca nella parete anteriore del torace e da una serie di cateteri, introdotti attraverso le vene, che lo collegano al cuore. Qui si parla invece di un defibrillatore completamente sottocutaneo; non solo il generatore, ma anche i ‘fili’ vengono posizionati sotto pelle. La registrazione dell’attività elettrica del cuore e l’eventuale erogazione della scarica elettrica che permette al cuore arrestato di riprendere a battere, avvengono tutte dalla superficie del torace, senza che nulla tocchi direttamente il cuore. Questo elimina le possibili complicanze a breve e lungo termine legate al posizionamento di cateteri introdotti nel cuore attraverso le vene.