Quanti senior conoscete che, recuperando tempo libero grazie alla pensione, vanno in palestra con la stessa frequenza con cui si recavano in ufficio? E quanti, abituati da una vita a mezzo pubblici e metro, all’improvviso inforcano bici sharing e vanno e vanno come se disponessero di gambe a motore? Essere sportivi è sicuramente un pregio per chi affronta la terza età, ma senza eccessi. Abbiamo chiesto a un autorevole esperto di spiegarci cosa si intende per Overtraining e come si fa a evitarlo con cura. Una lettura impegnativa, ma anche illuminante. E buone passeggiate consapevoli a tutti!
La sindrome da Overtraining
Dott. Evasio Pasini- Istituti Clinici Scientifici Maugeri IRCCS. Cardiac Rehabilitation Division. Lumezzane (BS)
1.0: La misura della “fatica” fisico-sportiva: quando si parla di Overtraining e perché
Lo scopo dell’allenamento negli atleti, e in chi pratica sport (pensiamo a golfisti, appassionati di montagna e di footing) è quello di aumentare le proprie prestazioni sportive.
Ma sappiamo davvero cosa avviene nel nostro corpo durante l’allenamento e perché questo aiuta a migliorare le prestazioni fisiche? Fu un medico Austro-Ungherese a identificare le basi fisiologiche dell’allenamento.
Di fatto, durante le varie sedute, l’organismo viene stressato con attività che vanno ben al di sopra delle attività normale. Durante questa fase di sovra-richiesta metabolica/funzionale l’organismo attinge a risorse straordinarie e riesce a eseguire i vari esercizi. Quando la seduta di allenamento termina, termina anche lo stimolo stressogeno e l’organismo attua una serie di attività metaboliche finalizzate a ristabilire le condizioni del metabolismo basale, aggiungendo tuttavia di volta in volta una piccola riserva detta super-compensazione. Se ne deduce che allenamenti continui nel tempo e ben organizzati causano una sommatoria di super-compensazioni che, all’apice del periodo di training, aumentano, per forza di cose, la prestazione (vedi figura 1 in fondo all’articolo).
Da quanto detto emergono tuttavia alcune considerazioni logiche:
- È importante stabilire allenamenti validi sia da un punto di vista qualitativo sia quantitativo
E’ di fondamentale importanza identificare il periodo di intervallo (= riposo) tra un allenamento e l’altro nel quale il metabolismo dell’atleta recupera l’omeostasi metabolica.
Bisogna dare all’organismo, insomma, un tempo necessario e naturale di recupero.E’ chiaro che sia il punto 1 sia il 2 sono strettamente personali. Uno degli sbagli spesso ricorrenti è quello di uniformare, per comodità o per esperienza dell’allenatore, la tipologia e gli intervalli degli allenamenti e dei recuperi. E’ invece fondamentale tenere in mente che tali approcci devono essere personalizzati.
Di fatto l’atleta A è biondo mentre l’atleta B è moro. A queste caratteristiche fenotipiche corrispondono a caratteristiche genotipiche come è noto in ambito scientifico (vedi figura 2 in fondo all’articolo). Tali genotipi inducono la produzione di enzimi diversi che regolano e diversificano il metabolismo in modo personale e molto diverso da un soggetto all’altro. E’ chiaro che questo punto il problema si complica! Una domanda sorge spontanea: ma come identifico in modo personalizzato lo stato metabolico dell’atleta (e dei nostri amici senior che si dedicano con costanza allo sport)?
La risposta non è semplice e al momento forse è anche impossibile. Tuttavia questo dovrebbe essere l’atteggiamento della ricerca futura.
Queste premesse fisiologiche sono di fondamentale importanza per capire i problemi che il non adeguato ciclo allenamento/riposo possono creare e che sono la paura degli atleti: la sindrome da Overtrainig (SOT) o sovrallenamento.
In realtà la sindrome da Overtrainig è spesso preceduta da un’altra condizione fisica di importanza minore ma prodromica ad essa: la condizione di Overreaching (OR).
La differenza tra le due condizioni non è solo semantica, ma anche clinica/pratica.
Entrambe sono causate da eccessivo lavoro durante gli allenamenti, non seguito da adeguato periodo di recupero.
I sintomi classici sono molto variegati ma simili. Di fatto, non sono solo presenti riduzione delle prestazioni fisiche, ma anche sintomi che si possono definire psicologici quali: sonno, stanchezza, astenia, svogliatezza, depressione, demotivazione, facile irascibilità, irritabilità, intolleranza ai rumori. Altri sintomi sono invece parafisiologici quali: alta frequenza cardiaca a riposo e dopo sforzo, perdita di peso, sudorazione notturna, frequenti raffreddori e malattie.
La differenza tra condizione di Overreaching e sindrome da Overtrainig è solo nella durata dei sintomi.
Nella condizione di Overreaching il recupero delle performance avviane dopo alcuni giorni o al massimo settimane di riposo, dando origine a una condizione di “short term decrement in performance”. Mentre nella sindrome da Overtrainig tale recupero si attua in alcune settimane o mesi, il che dà origine alla definizione anglosassone di “long-term decrement in performance”
Considerato le caratteristiche dei sintomi, la diagnosi di sindrome da Overtrainig risulta difficile in quanto non esiste un sintomo o segno specifico. La prima cosa da fare è, quindi, quella di escludere patologie d’organo come ad esempio disordini endocrinologici (distiroidismi, diabete, patologie surrenaliche, altro), anemia, infezioni (epatiti, miocarditi, altre patologie virali, altro) o malattie autoimmuni. Per escludere queste patologie è fondamentale eseguire alcuni semplici esami di laboratorio quali ad esempio: l’emocromo, la sideremia, la Proteina C Reattiva, gli elettroliti, la glicemia, l’elettroforesi plasmatica, la funzione renale.
Importante è anche analizzare alcuni possibili errori nella attività di training, quale ad esempio il non corretto ciclo esercizio-riposo e la dieta seguita dall’atleta.
Da valutare sono inoltre aspetti psicologici che possono fungere da trigger (zona trigger, punto anatomico ipereccitabile, la cui stimolazione può scatenare manifestazioni parossistiche, di dolore o di movimento.) per la sindrome da Overtraining. Tra questi ricordiamo: la monotonia dell’allenamento, la competizione o le aspettative eccessive, problemi di famiglia o lavoro o di rapporti con altre persone (incluso il trainer).
Di fatto, al momento, non è disponibile un test o una valutazione che consenta una diagnosi a elevata specificità e sensibilità anche perché l’esatto meccanismo responsabile della sindrome da Overtraining non è chiaro.
La sindrome da Overtraining non è tuttavia una condizione da sottovalutare. Infatti la sua prevalenza media in atleti di endurance è del 10% e varia da studi a studi dal 7% al 21%. In aggiunta, è stato visto che tale sindrome si può ripetere nel tempo. Gli atleti che hanno manifestato una prima volta la sindrome da Overtraining possono essere colpiti da tale manifestazione nei successivi 3 anni con una probabilità del 34% .
2.0: La causa della sindrome da Overtrainig
2.1: Alterazioni ormonali
La sindrome da Overtrainig compare più frequentemente quando altri fattori stressogeni si sommano agli allenamenti. Tra questi ricordiamo: la riduzione del sonno, l’esposizione al calore o al freddo o all’umidità o all’altitudine, preoccupazioni familiari o legate al lavoro, cambi di residenza, lutti, conflitti interpersonali. Considerato che le situazioni di stress causano sindrome da Overtraining, si è pensato che tale sindrome fosse causata da molecole ormonali normalmente attivate dallo stress quali adrenalina, noradrenalina e cortisolo. Di recente anche l’asse ipotalamo-ipofisiario è stato chiamato in causa per spiegare la genesi della sindrome da Overtrainig, considerato che alcuni neuro trasmettitori sono o possono influenzare questa sindrome e che l’adenoipofisi regola la produzione degli ormoni catabolici. In realtà i dati ottenuti sono controversi e non definitivi, sebbene gli studiosi ritengono che gli ormoni possano giocare un ruolo importante nella genesi della sindrome da Overtraining.
Dobbiamo pensare, tuttavia, che il sistema ormonale è molto complesso e che, in condizione di omeostasi, a una azione corrisponde quasi sempre auna reazione di uguale intensità, ma in senso inverso. Quindi, quando si studiano gli ormoni, è corretto valutare sempre i rapporti tra molecole con attività demolitiva (catabolica) e molecole con attività sintetica (anabolica). L’esempio classico sulla funzione muscolare è dato dal rapporto insulina (anabolico)/glucagone o cortisolo (catabolici). Di recente sono stati studiati gli effetti di questi ormoni sul muscolo e tali risultati sono riportati nelle figura 1 – 2 – 3.
In aggiunta a quanto sopra, lo studio degli ormoni è molto complesso perché queste molecole variano con il variare delle ore della giornata o delle stagioni o dello stato nutrizionale. Per di più non esistono delle variabilità individuali legate alla razza o sesso e quindi non esistono valori di normalità ai quali comparare i dati ottenuti. A tal riguardo è indispensabile creare per singolo individuo il suo profilo ormonale basale e dopo particolare stimolo eseguendo i prelievi il più possibili sovrapponibili in termini di orario della giornata e stagione. Il calcolo sarà poi eseguito come variazione percentuale rispetto al basale o al punto zero e non come valore assoluto.
2.2: Ruolo del sistema immunitario
Si è visto che l’esercizio induce perturbazioni del sistema immunitario (SI) come clinicamente dimostrato dai casi di infezioni ricorrenti, specie virali, che interessano gli atleti con sindrome da Overtraining. Infatti, il training spinto influenza la funzione immunitaria indebolendo le difese come dimostrato dalla riduzione delle immunoglobuline circolanti o alla riduzione della attività di difesa dei globuli bianchi negli atleti sottoposti a training intensivo.
Questa situazione crea un circolo vizioso per cui la riduzione delle difese immunitarie, causate verosimilmente da diverse componenti ormonali (es cortisolo), facilità le infezioni virali ( es Epstein-Barr virus) le quali attivano la risposta infiammatori producendo citochine cataboliche e citotossiche (es: interleuchine, Tumor Necrosis Factor) che alterano il metabolismo general incluso il metabolismo celebrale e muscolare. La varie molecole con attività anabolica e catabolica si influenzano le une con le altre all’interno della cellula con un complicato network di segnali ai quali partecipano anche nutrienti ed attività fisica. La complessità del sistema è stato recente studiato ed è illustrato nelle figure 3- 4.
2.3: Cause Metaboliche
Tra le teorie più accreditate per spiegare la genesi della fatica di origine centrale vengono chiamati in causa alcuni neurotrasmettitori quali al 5-idrossi- triptamina (5HT). Tale neurotrasmettitore celebrale controlla: il ritmo sonno-veglia, il tono dell’umore e il senso di fatica sia durante sia dopo attività fisica. L’ 5HT deriva dall’Amino Acido (AA) triptofano grazie all’azione catalitica dell’enzima triptofano idrosilasi. Tale enzima non è inibito dalla sintesi del suo prodotto (5HT) ma la sua attività è regolata dalla disponibilità celebrale di triptofano che a sua volta è il risultato del passaggio di tale AA dal sangue al cervello attraverso la barriera emato-encefalica. Se ne deduce che la sintesi di 5HT è regolata dalla concentrazione ematica di triptofano e dal suo passaggio attraverso la barriera emato-encefalica. Alcuni aminoacidi, quali quelli ramificati (valina, leucina ed isoleucina), utilizzano lo stesso trasportatore di membrana del triptofano per attraversare la barriera emato-encefalica. Quindi si instaura una regolazione competitiva del trasporto sangue-encefalo tra AA ramificati e triptofano. Tale competizione è regolata dalla concentrazione plasmatica di questi AA. In altre parole, più AA ramificati sono presenti nel sangue e meno triptofano entra nell’encefalo a formare 5HT. Se invece gli AA essenziali diminuisco nel sangue il rapporto con il triptofano aumenta e questo ultimo è trasportato dalla barriera emato-encefalica.
Durante attività fisica gli AA ramificati circolanti sono requisiti del muscolo scheletrico che li utilizza per la produzione di energia e per la sintesi proteica. Quindi la loro concentrazione ematica diminuisce. In aggiunta, l’esercizio incrementa la concentrazione di acidi grassi liberi ematici che causano incremento di triptofano libero perché tali grassi competono con il triptofano per il legame con l’albumina plasmatica verso la quali hanno maggiore affinità. Quindi la concentrazione plasmatica di triptofano aumenta in queste condizioni.
Studi sperimentali hanno invece dimostrato che l’ingestione di carboidrati ed il loro aumento plasmatico riduce la concentrazione ematica di triptofano e la conseguente produzione celebrale di 5HT. La ragione di questa osservazione non è nota. Sembra che alcuni ormoni anabolici e catabolici abbiano un ruolo in questa regolazione. Tuttavia ci preme sottolineare che queste osservazioni sono molto importanti e meritano attenzione nei nostri programmi di ricerca futuri.
3.0: I test per identificare precocemente la sindrome da Overtrainig
Ecco qui alcuni test proposti per identificare la sindrome da Overtraining:
- Reattività Psicomotoria : di recente è stato proposto che alterazioni delle reattività psicomotoria possono identificare precocemente la sindrome da Overtraining. Sintomi quali la scarsa concentrazione e difficoltà alla memorizzare sono sintomi presenti nelle prime fasi. Infatti, su alcuni atleti, è stato dimostrato che essi commettevano un gran numero di errori quanto eseguivano calcoli matematici relativamente semplici. L’uso di specifici questionari o test psicomotori sono stati quindi proposti per identificare precocemente la sindrome da Overtraining.
- Variabilità della Frequenza Cardiaca: l’analisi della variabilità della frequenza cardiaca (FC) è stata usata in passato nelle patologie croniche per valutare il tono simpatico e parasimpatico. A tal proposito esistono oggi sofisticate apparecchiature elettroniche che permettono l’analisi della variabilità della FC ,considerando dei domini definiti di potenza e frequenza che forniscono informazioni sulla componente vagale e simpatiche della regolazione della FC stessa. Di recente è stato dimostrato che una prevalenza della componente vagale è un indicatore positivo sulla efficacia degli allenamenti mentre un incremento della componente simpatiche è considerato negativo. Quindi queste metodiche, sebbene di difficile interpretazione ed eseguite da personale altamente specializzato e con esperienza, possono indicare alterazioni dello stato della bilancia nervoso/ormonale vagale-anabolica/simpatica-catabolica.
- 3-Metil-Istidina. Essa è indice di proteolisi muscolare. Di fatto, la sintesi o la demolizione delle proteine, incluso quelle muscolari, è il risultato dello sbilanciamento degli stimoli anabolici e catabolici sia ormonali sia citochinici. La 3-Met-I circola nel sangue ma non è utilizzata a fini metabolici dall’organismo e viene eleminata integra dal rene. Quindi, la 3-Met-I può essere valutata sia nelle urine sia nel sangue dopo una attività fisica e a tempi determinati per identificare una processo catabolico/anabolico mediato da ormoni o citochine o sistema nervoso o da tutte queste forze metaboliche che causano un danno sul metabolismo proteico con proteolisi e perdita di aminoacidi importanti per la vita cellulare ed il mantenimento dell’omeostasi metabolica. La figura 4 illustra i risultati di uno studio su alcuni maratoneti. Esso dimostra come la presenza di 3-Met-I nelle urine aumenta dopo dello sforzo e si riduce con il riposo.
Solo quando la sua concentrazione avrà raggiunto il valore basale registrato prima dello sforzo si potrà iniziare un nuovo allenamento. Se, al contrario, non sarà stato previsto un adeguato riposo metabolico, le molecole che hanno indotto proteolisi si sommeranno nelle varie sedute di allenamento con il risultato finale di potenziare la loro azione negativa sino alla comparsa di proteolisi marcata e generalizzata che causa alterazioni significative al metabolismo generale del soggetto. Se ne deduce che il dosaggio della 3Met-I nel sangue o nelle urine, sebbene oggi non disponibile facilmente, può essere usato per la valutazione dello stress metabolico avvenuto durante l’allenamento o in fase di recupero.
4.0: Prevenire e ridurre i sintomi della sindrome da Overtraining
La sindrome da Overtraining, dunque, è variegata e verosimilmente legata a variabili personali, al momento ancora da identificare. Di fatto, non esiste una ricetta magica per prevenirla o curarla. Come detto, la sua identificazione precoce, quando possibile, è comunque utile per evitare il passaggio da condizione di Overreaching a sindrome da Overtraining.
Tra la strategie proposte per prevenire o ridurre i sintomi si ricorda:
- Ottimali cicli di riposo e sonno. Questo è il metodo più ovvio e semplice per evitare entrambe le sindromi. Il riposo e il sonno sono momenti essenziali della nostra vita. In essi prevalgono i momenti anabolici-parasimpatici necessari per ripristinare le riserve consumate durante l’attività fisica. La mancanza di queste condizioni porta a una depurazione delle riserve ed ad uno stato di stress che può originare la sindrome da Overtraining.
- Nutrizione. Alcuni Autori hanno riscontrato nel soggetti con condizione di Overreaching la deplezione muscolare di glicogeno. Tale alterazione del metabolismo glucidico può essere causata da alterazioni ormonali significativi quali l’incremento delle molecole cataboliche (catecolamine, cortisolo, galagone) accumulati nel sangue durante i vari allenamenti troppo ravvicinati o intensi e la concomitante riduzione degli ormoni anabolici (insulina). Tali alterazioni del metabolismo glucidico sono quindi il risultato dello sbilanciamento della bilancia ormonale catabolica /anabolica verso le molecole dotate di attività catabolica. L’importanza del metabolismo dei carboidrati nella genesi della condizione di Overreaching è stata recente dimostrata in uno studio clinico che ha valutato gli effetti della somministrazione di soluzioni con diverse concentrazioni di carboidrati prima, durante e dopo gli allenamenti. I risultati ottenuti hanno evidenziato che la somministrazione di carboidrati riduce la severità della condizione di Overreaching, ma non la evita.
Dati recenti indicano che anche le alterazioni del metabolismo proteico sono causa di condizione di Overreaching. Tuttavia sull’uso di aminoacidi (AA ) ramificati o di glutamina esistono dati contrastanti.
Di fatto, la miscela amminoacidica ideale per i bisogni metabolici dell’uomo non è presente in natura. L’apporto di azoto e di scheletri carboniosi derivati dagli AA è fondamentale per mantenere l’equilibrio energetico/proteico/metabolico all’interno della cellula. Tale equilibrio è regolato dalla bilancia anabolica/catabolica ormonale. La miscela ideale di AA dovrebbe contenere una giusto rapporto di molecole sia da un punto di vista quantitativo sia qualitativo, atto a mantenere le sintesi proteiche e il metabolismo generale ed energetico della cellula. È importante sapere che il 75% delle richieste di azoto nell’uomo è soddisfatto dall’introduzione di 5 AA: leucina, isoleucina, valina, treoniona, lisina.
Altri AA importanti per la costituzione della miscela ideale per i bisogni dell’uomo sono la metionina e la cisteina che devono, però, essere assunte in rapporto ottimale onde evitare la produzione di omocisteina (molecola dannosa per il sistema cardiovascolare). Da ricordare che la cisteina è fondamentale per la sintesi del glutatione che è la molecole antiossidante endocellulare più impernate. La miscela ideale dovrebbe anche contenere adeguate quantità di tirosina e triptofano calcolate in rapporto stechiometrico con gli altri AA.
5.0: In conclusione …
Da quanto riportato in precedenza emerge che una delle difficoltà maggiori è identificare precocemente entrambe le sindromi. Anche i meccanismi che le generano non sono ancora molto chiari. E’ indubbio che le variabili in gioco sono molteplici e richiedono un approccio funzionale e metabolico personalizzato e continuo orientato sia nella diagnosi sia nella cura.
In aggiunta, è importante sottolineare che, se per gli atleti giovani e di élite, i fenomeni di Overreaching e di Overtrainig si risolvono quasi totalmente con gli accorgimenti previsti, ben altre e più importati problematiche riguardano gli atleti senior o coloro i quali svolgono attività fisica, anche impegnativa, con età superiori ai 35-40 anni senza un adeguato monitoraggio biochimico. Di fatto, in queste condizioni, l’organismo risponde in modo molto più marcato agli stress metabolici indotti dall’attività fisica. Paradossalmente, senza un controllo adeguato e continuo delle risposte metaboliche del nostro corpo all’allenamento, si può incrementare certamente le prestazioni ma con danni metabolici anche importanti che spesso risultano difficili da rimediare.
Le riflessioni della scienza
Figura 1:
Figura 2:
Figura 3:
Figura 4:
Per chi vuole approfondire l’argomento
Bibliografia
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