Al 4 aprile, su 35 milioni di dosi AstraZeneca somministrate, nel database sulla sicurezza dei farmaci dell’Ue sono segnalati 222 casi di trombosi cerebrali e addominali. Ad oggi i primi 86 casi confermati, di cui 18 fatali, hanno portato alla correlazione con il vaccino: 62 casi di coaguli di sangue si sono verificati nelle vene del cervello, gli altri 24 nelle vene dell’addome. Per capire il significato di questi numeri bisogna rispondere alla domanda: di quanto il numero di eventi tromboembolici nelle persone vaccinate con AstraZeneca è superiore al numero osservato nella popolazione generale?
I casi prima del vaccino
La valutazione dei vaccini nell’Unione Europea spetta all’Ema con il suo comitato per i medicinali per uso umano (Chmp), e quello della valutazione dei rischi per la farmacovigilanza (Prac), istituito nel 2012 per rafforzare il monitoraggio della sicurezza dei farmaci. Con le prime segnalazioni di questi eventi rari, Ema ha raccolto i dati europei prima delle campagne vaccinali per anno, fasce di età e genere per stabilire se con il vaccino AstraZeneca c’è un aumento del rischio. L’analisi delle banche dati di Italia (Ars, Pedianet), Spagna (Fisabio, Aemps), Danimarca (Auh), Germania (Gepard) e Regno Unito (Cprd) ha permesso di conoscere l’incidenza naturale della coagulazione intravascolare disseminata, tromboembolia venosa, polmonare, ictus ischemico ed emorragico, microangiopatia trombotica e trombosi del seno venoso. Proprio quest’ultima è quella incriminata. Se guardiamo all’Italia, nel 2020 sono state colpite da trombosi del seno venoso una donna su 100 mila tra 0-19 anni, 3 su 100 mila tra 20-39 anni, 4 su 100 mila tra 40-49 anni, una su 100mila oltre i 50 anni. Negli uomini invece si riscontrano casi solo a partire da 50-59 anni (meno di uno su 100 mila) e oltre i 60 (1-2 su 100 mila).
Dove aumenta l’incidenza
Il passo successivo è stato quello di verificare se il tasso di incidenza dei casi tromboembolici nei vaccinati è superiore. Occorre precisare che si tratta di eventi segnalati spontaneamente, quindi insufficienti per stabilire l’incidenza con precisione. A oggi si è riscontrato un aumento dell’incidenza rispetto all’atteso di 1 su 100.000 vaccinati con AstraZeneca in chi ha meno di 50 anni, soprattutto donne per la trombosi del seno venoso e, in particolare, per la trombosi associata a trombocitopenia (carenza di piastrine) che in assenza di uso dell’anticoagulante eparina è un evento rarissimo.
Rapporto rischio beneficio
Consideriamo ora il rischio di ammalarsi gravemente o di morire per Covid. Nella Ue a fine marzo 2021, il tasso di letalità per gli over 80 supera il 27%. Nella fascia 70-79 per i maschi è dell’11,5%, per le donne del 6%. Fra i 60-69 per i maschi è quasi del 3%, per le donne dell’1,4%. Mentre nelle donne tra i 20 e 29 anni è circa lo 0,002%.
Come è stata fatta la sperimentazione
Cosa viene fatto prima di mettere in commercio un vaccino? Per avere abbastanza dati in grado di dimostrare sicurezza ed efficacia, normalmente vengono reclutati 3.000 individui, siccome per il Covid c’era fretta è stata reclutata una platea più ampia: 40.000 per ogni tipo di vaccino. Una volta partite le somministrazioni, i piani di gestione del rischio di Ema vengono continuamente modificati sulla base delle nuove informazioni che via via emergono vaccinando milioni di persone. Possono verificarsi rari eventi avversi con un’incidenza inferiore a 1 su 10.000 che non potevano essere identificati durante gli studi clinici (per quanto ampi, il numero di persone è limitato). È la più grande campagna di massa, e proprio per il tempo limitato di osservazione, è seguita da una sorveglianza altissima: alla Fda negli Usa sono bastati 6 casi su 7 milioni di dosi per sospendere subito il vaccino J&J.
Nessun vaccino è sicuro al 100%
È necessario sapere che non esiste al mondo un vaccino che protegge dalla malattia al 100%. La prevenzione dipende anche dallo stato di salute della persona vaccinata. La vaccinazione infatti impedisce ogni anno a circa 2 milioni di persone di contrarre l’influenza, mentre la mortalità attribuibile all’influenza è stimata dall’ Ecdc in 118 casi su 100.000 per gli over 65 anni. Al tempo stesso non esiste un vaccino sicuro al 100%. Prendiamo quello contro il morbillo, la rosolia e la parotite. Uno degli effetti avversi è una grave diminuzione dei trombociti. Colpisce un bambino su 30.000. Con l’infezione naturale di rosolia ne è colpito uno su 3.000, con il morbillo uno su 6.000.
I danni della diffidenza e quelli al Pianeta
Ci sono poi alcuni casi storici di eventi avversi, dimostrati poi infondati, ma che hanno avuto ricadute deleterie sulle campagne di prevenzione. Nel 1974 nel Regno Unito si era diffusa la preoccupazione che l’immunizzazione contro la pertosse causasse malattie neurologiche permanenti e morte. La conseguenza è stata una riduzione delle somministrazioni, passate in 5 anni dal 79% al 31%. Il risultato: se nel 1972 si sono riscontrati solo 2.000 casi di pertosse a livello nazionale, dal 1977 al 1979 sono diventati 102.500 e ci sono stati 36 decessi. Infine, se oggi accusiamo l’Europa di arrancare nell’approvvigionamento, va ricordato che fino a 12 anni fa era autonoma nella produzione di vaccini, ma una campagna di diffidenza ha spinto a disinvestire, e così oggi dobbiamo bussare alla porta degli altri Paesi, che ovviamente pensano a tutelare prima i loro cittadini. Ci servirà da lezione, perché purtroppo non finirà qui, lo sappiamo bene. Gli effetti del riscaldamento globale e del mondo interconnesso esporranno sempre più velocemente le popolazioni a nuovi e terribili virus. Ma non basterà la scienza a mantenere corpi sani dentro ad un Pianeta malato. Lui, il Pianeta, non si cura con i vaccini, e questa lezione non la stiamo ancora imparando.
Fonte: Corriere della Sera, 19 aprile 2021
di Milena Gabanelli e Simona Ravizza