Secondo una ricerca promossa da Abbott, condotta da Doxa Pharma e presentata di recente a Milano (3/14) la vita del diabetico, pur essendo migliorata negli ultimi anni, è ancora soggetta a stress e problemi. Sono state calcolate in circa 500.000, infatti, le azioni coercitive che vessano la vita di un diabetico, che si divide tra monitoraggio della glicemia, autocontrollo alimentare, stile di vita a regime severo, adesione alle terapie e legittimo desiderio di libertà. Senza calcolare le ansie e le preoccupazioni per le crisi ipo e iperglicemiche che, in un paziente insulinodispendente, sono eventi tutto sommato ancora troppo frequenti: nella ricerca, infatti, (quali-quantitativa, condotta su un campione statisticamente rappresentativo di persone con diabete di Tipo 1 e Tipo 2 insulino trattati ) le persone con diabete hanno riferito di aver avuto in media 10 crisi ipoglicemiche e 14 crisi iperglicemiche negli ultimi 12 mesi, una al mese, in media.
Ma vediamo altri interessanti riscontri:
- Il diabete è vissuto come patologia molto limitante per il 50% delle persone con diabete e oltre la metà degli intervistati vorrebbe un sistema di monitoraggio della glicemia che non interferisca con la propria vita quotidiana. Si evidenzia una scarsa aderenza al monitoraggio nonostante la consapevolezza del rischio. Il 69% è preoccupato di incorrere in episodi di ipo e iperglicemia
- Per oltre il 40% degli intervistati italiani, la gestione quotidiana del diabete è molto limitante per una serie di ragioni. Ai primi posti: dover tenere sotto controllo l’alimentazione (44%), dover assumere l’insulina (42%) e misurarsi la glicemia (29%).
- La maggioranza del campione sa che testarsi è importante, ma il 71% lo fa al massimo 3 volte al giorno; tra i motivi principali: la noia (28%), la limitazione alla libertà (25%), lo stress (25%). Inoltre il 47% degli intervistati percepisce la puntura del dito come un ostacolo al controllo regolare della glicemia.
- Il 40% degli intervistati riporta di aver avuto almeno un accesso alle strutture ospedaliere. In Germania (la ricerca è stata realizzata anche in Francia e Germania, il che consente un interessante raffronto di parametri), il 49% dei pazienti si testa almeno 4 volte al giorno, e così solo il 24% ha fatto ricorso alle strutture ospedaliere.
Quali sono a tal proposito le speranze degli intervistati? La maggioranza delle persone con diabete (oltre il 50%) si aspetta in futuro uno strumento che permetta loro di sentirsi maggiormente sotto controllo e più liberi.
La risposta forse non è lontana: attualmente impegnata sul fronte dell’innovazione tecnologica per ottimizzare la gestione del diabete, Abbott, infatti, sta sviluppando una nuova tecnologia di sensori che utilizza l’AGP, Ambulatory Glucose Profile, un sistema di elaborazione e lettura della glicemia che, con un’interfaccia user-friendly, permette un’immediata comprensione dei dati relativi all’andamento glicemico giornaliero. Il lancio in Europa di questa nuova tecnologia è previsto entro la fine del 2014.
“Sicuramente la strada da percorrere è una più attenta personalizzazione, per rispondere alle esigenze del singolo paziente e, in questo senso, la tecnologia ci può dare una mano, attraverso sistemi di monitoraggio innovativi” – ha spiegato il Professor Emanuele Bosi del Dipartimento ”Endocrinologia e Diabetologia” Università Vita-Salute S. Raffaele , Milano – “L’AGP è un’innovativa tecnologia di sensori che consentiranno un più avanzato approccio sistematico e rappresenteranno la prossima nuova frontiera nella gestione del diabete”.
Le problematiche ancora aperte: diabete significa aumento della glicemia, scopo della terapia è migliorare il compenso metabolico della persona con diabete, ovvero riportare i valori della glicemia alla normalità, intervenendo sin dall’esordio della malattia o comunque alla sua diagnosi. Tuttavia ciò non è sempre facile, soprattutto nei casi di paziente con diabete 1 che devono sottoporsi a iniezioni multiple di insulina. In questi casi, ma anche per gli altri, la misurazione della glicemia rappresenta un elemento essenziale della terapia del diabete. “Ad oggi il livello di controllo glicemico delle persone con diabete in media non è soddisfacente”, spiega il professor Bosi, ” e questo li espone allo sviluppo di complicanze croniche come la retinopatia, la neuropatia, la nefropatia e le malattie cardiovascolari. Quindi bisogna lavorare per migliorare la nostra capacità di curare il diabete; sicuramente la strada da percorrere è una più attenta personalizzazione della terapia, ovvero rispondere alle singole esigenze della persona e, in questo senso, la tecnologia ci può dare una mano attraverso sistemi di monitoraggio della glicemia sempre più accurati”.
“La terapia personalizzata”, continua Emanuele Bosi, che da oltre 30 anni studia questa patologia, deve tenere conto del profilo metabolico, dello stile di vita, delle caratteristiche individuali e della tollerabilità dei farmaci, cercando di ottimizzare il rapporto rischi/benefici. Negli ultimi anni c’è stato un incremento del numero di farmaci disponibili per la cura del diabete, con meccanismi d’azione diversi, ma potenzialmente sinergici, così che ogni singola persona possa trarre benefici da una determinata terapia.
“La nuova tecnologia AGP (Ambulatory Glucose Profile) software di elaborazione, armonizzazione e visualizzazione in modo intuitivo dei dati standardizzati raccolti dei livelli di glucosio, consentirà una vera e propria rivoluzione nel controllo e nell’approccio sistematico al diabete“, spiega il professore, “.Si tratta di un software innovativo rispetto a quanto è esistito fino ad oggi che consente alla persona con diabete di vivere la sua malattia in una condizione più agevole e confortevole. L’AGP, infatti, permette di leggere costantemente ed in tempo reale i valori di glicemia, ottenendo informazioni non influenzate dalle momentanee oscillazioni, senza doversi pungere costantemente come avviene oggi. Un vero e proprio “film dei valori del glucosio”, che comporta un considerevole vantaggio anche per il medico che ha disposizione una tipologia di analisi più “vicina” alla condizione del paziente. Siamo di fronte a un’innovazione che può rappresentare un avanzamento importante e concreto nella terapia del diabete”.