Genova, Milano, Torino, Ivrea, Schio, Biella, Valdagno, Sesto S. Giovanni. Le città in cui l’Italia è diventata grande: una potenza industriale. Già prima della guerra ma soprattutto dopo il ’45: le parole un po’ ingenue di allora – boom!, miracolo economico – sono entrate nei libri di storia. Assieme alle storie dei milioni di immigrati dal Sud, dei capolavori di design industriale, dei primati di esportazione. Quasi tutti gli italiani sono dentro la vicenda del Nord: o perché “noi c’eravamo”, o perché “i miei sono venuti a lavorarci”, o perché “allora sì che si trovava il posto di lavoro”.
Giuseppe Berta è un professore di storia economica molto serio che ha scritto un libro molto leggibile. Le note stanno in fondo, per chi studia. Ma non è solo economia o industria: è anche fatiche e successi, cambiamenti nelle famiglie, nei consumi, nelle vacanze, nelle scuole, insomma negli stili di vita.
Il Nordest e il Nordovest sono le nuove geografie; la globalizzazione e gli immigrati extra-Schegen, la paura e la speranza, sono i nuovi venti che inquietano le due rive del Po. Berta miscela i dati, che necessariamente sono secchi, con i sapori delle pagine degli scrittori italiani: Guido Piovene, Giovanni Testori e l’hinterland milanese, Lucio Mastronardi e Vigevano, Italo Calvino, Luciano Bianciardi e la Milano dell’editoria e dell’integrazione degli intellettuali. Fa parlare i protagonisti del Nord: Enrico Mattei, Adriano Olivetti, Ezio Vanoni, Bettino Craxi, Umberto Bossi. Ma il vero protagonista è il Nord tutto ossia tutti noi: che orgogliosi e ora un po’ smarriti continuiamo a guardare all’Europa e al mondo.
Beppe Conradi
Giuseppe Berta, “Nord. Dal tringolo industriale alla megalopoli padana 1950-2000“, Mondadori, Milano 2008, pagine 280, Euro 18.00