Sicure di sé stesse e delle proprie capacità anche se con un certo timore verso il futuro, realizzate e attente soprattutto alla propria dimensione professionale e al benessere psico-fisico. È il ritratto inedito, e a tratti inaspettato, delle donne italiane emerso dalla ricerca “Donne e Autostima”.
L’autostima emerge dalla conoscenza di sé, dal desiderio di conoscersi e di mettersi in discussione ed è, quindi, una risultante di spinte interne ed esterne. A questo proposito, l’indagine, una ricerca quantitativa condotta su un campione di 600 donne italiane tra i 25 e i 65 anni, distribuite su tutto il territorio nazionale , ha messo in luce, come prima cosa, che per la maggioranza delle Italiane (89% del campione), l’autostima ha una valenza positiva e non rappresenta una fonte di stress o un continuo esame. Sorprendentemente, ad essere più convinte di questo sono le donne tra i 25-34 anni (93%) e le over 55 (90%). Ovvero la fascia d’età che si approccia al mondo del lavoro e alla realizzazione di sé e chi, invece, è serena per aver già raggiunto importanti traguardi.
AUTOSTIMA E VITA QUOTIDIANA
Indagando, poi, quanto alcuni aspetti della vita quotidiana influiscono sull’autostima femminile, al primo posto troviamo la famiglia, seguita dal benessere psico-fisico, dalle relazioni sentimentali e dal lavoro. In coda, il benessere economico, preceduto dalle relazioni sociali. «Si capisce quindi come, in larga misura, le donne riconoscono il forte condizionamento che alcuni aspetti della vita esercitano sul proprio livello di autostima: in primis, famiglia e benessere psicofisico – spiega Renato Mannheimer – anche se per le più giovani, e in modo più marcato rispetto alla media, sembrano essere tuttavia determinanti soprattutto il lavoro e le relazioni sociali».
Fattori condizionanti a parte, 1 Italiana su 2 dichiara di avere un’altissima stima di sé (48% del campione) e si tratta soprattutto di 45-54enni, laureate, lavoratrici (dirigenti, imprenditrici e libere professioniste, ma anche impiegate e insegnanti), residenti soprattutto nel Nord Est. «Dalla ricerca emerge il profilo di una donna sicura e realizzata – continua il Prof. Mannheimer – capace di trovare dentro di sé le soluzioni per una quotidianità sempre più complessa e articolata».
Nonostante questa dichiarata sicurezza in sé stesse, il futuro sembra essere, però, l’aspetto lievemente più in crisi per le intervistate, che porta timori e limiti nei progetti. «Le donne sono poliedriche e multitasking – commenta la blogger Daniela ‘Dania’ Farnese – riescono a gestire casa e lavoro, si occupano dei figli e, contemporaneamente, della loro professione. Sono da sempre intraprendenti (fu Eva a prendere l’iniziativa della mela nel Paradiso Terrestre), per questo motivo, nonostante la crisi che le rende categoria ancora più svantaggiata a livello sociale e professionale non perdono la fiducia in loro stesse, la sicurezza di sé e la caparbietà. Le donne hanno decisamente una marcia in più».
Proprio il timore per il futuro è l’elemento che accomuna le donne con alta e bassa autostima, mentre differiscono profondamente gli aspetti più legati all’autorizzazione e alla serenità. Tra le donne con una grande autostima, infatti, sono la salute e il lavoro gli elementi condizionanti in positivo che determinano questa sicurezza di sé, mentre tra chi non si ama influiscono soprattutto le relazioni sociali. Ciò vuol dire che, a fronte di una maggiore sicurezza di sé, la conferma del proprio valore è autoriferita, mentre tra le insicure è decisamente più etero centrata. «Sicurezza e timidezza – spiega Irene Bozzi – sono i due estremi del concetto di autostima. Non è detto, però, che chi appare molto sicura di sé abbia effettivamente un’alta stima di sé stessa. È da sottolineare come ognuno di noi nasce con il proprio carattere, determinato anche dal DNA. È, invece, la nostra personalità che si costruisce man mano, grazie all’identificazione di sé stessi, con il mondo esterno e con gli aspetti familiari, sociali e amicali, per tutta l’infanzia e soprattutto nella fase adolescenziale. E questo processo influisce decisamente sulla nostra autostima, in quanto ci porta a rielaborare noi stesse in maniera più o meno positiva».
CRESCITA DELL’AUTOSTIMA E DIMENSIONE PROFESSIONALE
È interessante notare, inoltre, come il livello dell’autostima femminile sia cresciuto, per una donna su due, negli ultimi anni. E sono soprattutto le donne più giovani che sedimentano nel tempo la stima di sé (59% nella fascia d’età 25/34 anni) e chi ha un titolo di studio (65% delle laureate rispetto al 29% delle donne con licenza elementare). Ma ciò che soprattutto sembra essere determinante nel condizionare l’autostima nel tempo è la dimensione professionale.
Con una forbice notevole che va dal 78% dichiarato dalle donne dirigenti, imprenditrici o libero professioniste, al 34% di chi invece è disoccupata.
Il lavoro, dunque, è il primo dei fattori che determinano l’autorealizzazione di una donna e, quindi, la sicurezza di sé. Non stupisce, quindi, che proprio il lavoro è anche l’aspetto che più si cambierebbe per potersi sentire pienamente appagata e realizzata. «Soprattutto nella società moderna – precisa Irene Bozzi – il lavoro è, per la donna, un mezzo per la realizzazione del sé che esula dall’attenzione verso la casa e la propria famiglia, che pure rimangono fondamentali. E questo nonostante la pluralità di ruoli che può ricoprire contemporaneamente (madre, moglie, lavoratrice, figlia e, in molti casi, supporto di genitori anziani) e malgrado le maggiori difficoltà che la donna incontra nel suo percorso lavorativo, rispetto all’uomo».
IL VALORE DELLA SALUTE E DEL BENESSERE PSICO–FISICO
Ma non è solo il lavoro a condizionare la sicurezza di sé, un altro fattore fondamentale da considerare, e a tutte le età, è la salute e il proprio benessere psicofisico. A questo proposito, dalla ricerca emerge che, per le donne, le perdite urinarie rappresentano il disagio fisico potenzialmente più condizionante per la propria autostima. Addirittura più della menopausa e di patologie anche invalidanti come l’osteoporosi e l’ipertensione. Almeno una donna italiana su due, direttamente o indirettamente, ha esperienza di perdite urinarie e chi soffre di perdite urinarie, rispetto alla media, sente in misura maggiore il problema come un ostacolo alla propria autorealizzazione. In generale, benessere, socialità e spontaneità sono gli aspetti che potrebbero essere maggiormente condizionati da questo problema.
«L’avanzare dell’età è assolutamente naturale e fisiologico – spiega Irene Bozzi – per questo imparare ad adattarci, con i nostri limiti e, perché no, i nostri difetti è fondamentale fin dall’infanzia. Significa lavorare su noi stesse per raggiungere un buon livello di autostima che ci permetterà di vivere positivamente la nostra vita, anche in presenza di momenti di crisi, quali il parto, il puerperio, la menopausa, momenti in cui siamo più soggette a scompensi ormonali che possono incidere negativamente sul nostro equilibrio bio-psichico. Vivere positivamente significa, quindi, accettare e imparare a convivere anche con una condizione, quale le perdite urinarie, tipica del sesso femminile».
«La società impone alle donne modelli fisici ideali e irraggiungibili – sottolinea Daniela Farnese – siamo bersagliate in continuazione da messaggi che ci invitano a essere belle, in salute e perfettamente curate. I problemi fisici, come le perdite urinarie, influenzano moltissimo la nostra autostima, perché non riusciamo più a riconoscerci nel modello di perfezione che ci viene imposto. Riuscire ad accettare che il nostro corpo non sia una macchina impeccabile potrebbe essere un primo passo per non lasciarci scoraggiare dai disagi fisici e per vivere serenamente i nostri difetti».