“Dipenda o no dalla nuova ricerca scientifica, la tecnologia è un ramo della filosofia morale, non della scienza” (Paul Goodman, New Reformation. Notes on a Neolithic Conservative)
“L’uomo trasforma tutto ciò in cui si imbatte in uno strumento: così facendo diventa egli stesso uno strumento” (Paul Tillich, teologo protestante).
“Se l’unico strumento che hai in mano è un martello, ogni cosa inizierà a sembrarti un chiodo” (Abraham Maslow, psicologo)
Da una parte i tecno fan, che si auspicano che tutto venga gestito dalle macchine, robot, sistemi esperti, reti neurali, capaci – secondo loro – di fare molto meglio dell’uomo. Dall’altra gli umanisti, invece, che rispettano e usano le macchine ma non abbandonano mai il loro senso critico, sono convinti che l’uomo – nella sua complessità e umanità – sia (e debba essere) sempre superiore alle macchine. Nel caso del digitale il tema è molto evidente. Ogni tecnologia può essere usata per fare sia del bene sia del male. Ma l’uso di piattaforme digitali non si limita a questa opzione, ma ne apre a un ventaglio amplissimo con possibili impatti. Per questo motivo serve capacità di discernimento (che richiede la capacità di ipotizzare anche gli impatti e gli effetti collaterali) e non basta la conoscenza tecnica o la modellistica economica.
Secondo Roland Barthes “discernere è distinguere, separare, scartare, limitare, enumerare, valutare, riconoscere la funzione fondatrice della differenza”.
Che fare dunque? Tre sono le possibili ricette per passare, nel caso delle tecnologie, da semplici decisioni a un più maturato ed equilibrato discernimento.
- Adottare il “principio di precauzione”
Hans Jonas ha scritto nel 1979 “Il principio di responsabilità”, opera dedicata ai delicati problemi etici e sociali sollevati dall’applicazione incessante della tecnologia in tutti gli aspetti della vita. Il tema che mette al centro della sua riflessione è: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra”. - Non spegnere mail il senso critico
Ernest Hemingway, in una celebre intervista del 1954, ha descritto con grande efficacia: “Ogni uomo dovrebbe avere incorporato al suo interno un rilevatore di schifezze automatico”. - Monitorare sempre l’output delle nostre decisioni legate al digitale, per verificare se effettivamente i benefici promessi si sono avverati o continuano a esser validi. Il digitale crea sistemi socio-tecnici, il cui comportamento nasce dalla interazione reciproca fra funzionalità tecnologiche e comportamenti umani. E’ un sistema complesso di cui è “per costruzione” difficile prevedere i comportamenti e le evoluzioni – soprattutto nel medio periodo. Per questo motivo i teorici della complessità hanno introdotto il concetto di proprietà emergente: il comportamento non è deducibile matematicamente, ma emerge man mano che il sistema evolve, e quindi risulta fondamentale il monitoraggio continuo.
Altrimenti, come recita un detto hacker: “se non usi bene la tecnologia, sarà lei a usare te”
di Fausto Franceschi