L’Unione Europa (UE) firma a Tokyo Anti-Counterfeiting Trade Agreement, noto come ACTA, un accordo di enforcement sugli standard internazionali in materia di propietà intellettuale e di normative anti contraffazione. L’intesa verte sia sulla distribuzione digitale dei contenuti protetti dal copyright, sia sulle policy per prevenire la vendite di prodotti contraffatti come borse “finte” e prodotti di moda e design copiati. Anche se l’intesa non impone nuovi diritti intelletuali ma di fatto serve solo a potenziare diritti già esistenti, né impone un monitoraggio costante del traffico Internet, da anni ACTA è nell’occhio del ciclone per la segretezza che ha circondato l’accordo. Una segretezza degna dell’anti terrorismo o dell’anti spionaggio industriale. Una segretezza che ha sempre messo in allarme i cittadini digitali in quanto spia di una “mancanza di democrazia e trasparenza“.
Quest’alone di mistero intorno ad ACTA, contro cui si era scagliato anche l’Europarlamento a Strasburgo, pare fosse dovuto a un vero braccio di ferro fra Europa ed Usa: perché gli Stati Uniti volevano estendere il Digital Millennium Copyright Act (DMCA) al resto del mondo; invece l’Europa avrebbe voluto allargare il raggio d’azione di Acta ad altre forme di proprietà intellettuale. Da parte sua la UE rispondeva che “Acta vuole difendere la proprietà intellettuale senza ledere i cyber-rights“, senza portare “in alcun modo ad una limitazione delle libertà civili o ad una ‘persecuzione’ dei consumatori“. Nel 2010 l’Europarlamento volle lo stop alle “trattative al buio”, e chiese alla Commissione europea di aprire le negoziazioni in corso su Anti-Counterfeiting Trade Agreement (Acta) al pubblico dibattito. Anche Peter Hustinx, allora responsabile Ue per la Protezione dei Dati, si espresse negativamente in merito ai colloqui sulla “superlegge cross-border” Acta.
Allora vediamo che cosa ha firmato oggi la UE, e perché Anonymous e la scena cyber attivista (o dei cyber-hacktivist) sono scatenati contro ACTA.
La firma della UE sul trattato globale è solo l’ultima sigla, e segue quella di Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Giappone, Corea del Sud e Marocco.
ACTA vuole inasprire la lotta all’illegalità, introducendo misure e sanzioni contro provider internet e piattaforme che sono accusati di promuovere la pirateria commerciale. FIMI-Confindustria applaude alla firma della UE: la proprietà intellettuale verrà più efficamente protetta “da contraffazione e pirateria, migliorando gli sforzi di cooperazione per affrontare insieme i problemi globali“.
Il caso MegaUpload, che potrebbe essere giudicato da un giudice ex membro di BSA, condotto con un’azione orchestrate dell’FBI su scala internazionale, è solo l’inizio dell’escalation alla lotta a piurateria digitale e contraffazione.
Ad opporsi ad ACTA in Italia è Agorà Digitale: Luca Nicotra parla di “una decisione grave“, che non tiene conto della “serrata del Web” che ha obbligato gli Usa a mettere SOPA in stand by, ma anche delle vive proteste contro l’emendamento FAVA in Italia.
Ma le voci di protesta più sentite contro ACTA giungono dalla Polonia dove cyber hacktivisti, legati al gruppo Anonymous, hanno condotto attacchi DDoS contro siti istituzionali e governativi polacchi, mettendo offline i server del paese. Secondo F-Secure e Twitter gli account @AnonymousWiki hanno chiamato all’azione collettiva contro i siti polacchi per esprimere la “rivolta” contro ACTA. L’ Associated Press riporta che il primo ministro polacco Donald Tusk non ha intenzione di fare concessioni a chi protesta “con brutali blackmail”, e che la Polonia sottoscriverà ACTA. Dopo la battaglia per SOPA, la UE potrebbe essere percorsa dalle proteste anti ACTA.