«Facebook è il posto dove menti a chi conosci, Twitter è il posto dove sei sincero con gli sconosciuti». Questa sentenza, postata da un giovane ventunenne su Twitter, offre in effetti una sintesi suggestiva che sembra subito evocativa di verità, e rilancia il dibattito sui due principali Social Network in quanto ne mette a fuoco le diverse anime: perché se Facebook non è proprio il regno della menzogna, di sicuro è il luogo della rappresentazione un po’ narcisista di sé, dove tutto è permesso, anche qualche esagerazione, il mettersi qualche piuma, aggiungere qualche piccola bugia o mezza verità. Chi di noi su Facebook non ha scelto con cura la foto più bella anche se non la più veritiera? Tutt’altro discorso per Twitter, regno della sintesi e dell’essenziale, perché già quell’obbligo di non superare le 140 battute porta a mettersi un po’ sull’attenti, a essere coincisi (fatto che aiuta a non raccontar bugie) e ad andare subito al nocciolo della questione anche quando non si tratta di pensieri, ma di emozioni e di privato. Cosa che hanno subito sfruttato i belli e famosi, che hanno infatti individuato in Twitter il medium per una comunicazione diretta su se stessi, che salta tutte le mediazioni del sistema giornalistico. Su Twitter, proprio perché si parla a gente che non si conosce, spesso a stranieri, si è più liberi, più originali e ci si può confrontare di più. Più chiusa e provinciale, dunque, seguendo il ragionamento, la platea di Facebook, più internazionale e professionale l’altra: un continuo flusso di notizie e informazioni, un arricchimento con continui feedback.