L’Âge d’or e l’Istituto Luce
Nel 1929 Luis Buñuel fa il suo ingresso nel movimento surrealista grazie a Un chien andalou, un film di venti minuti girato con i soldi di famiglia e sceneggiato con l’allora inseparabile amico Salvador Dalí. L’anno dopo il regista gira L’âge d’or, opera autenticamente rivoluzionaria che pochi giorni dopo la prima proiezione pubblica scatena le ire dei fascisti i quali, al grido di: «Vediamo se ci sono ancora dei cristiani in Francia», devastano il locale di proiezione, imbrattano lo schermo e distruggono le tele dei pittori surrealisti esposte nell’atrio. Il film viene proibito dal questore di Parigi, Jean Chiappe, e per cinquant’anni, ossia fino al 1980, non può essere proiettato in pubblico in tutta la Francia. Cosa c’è di tanto eversivo nell’Âge d’or? La ferocia antiborghese, innanzitutto, e poi l’esaltazione dell’amour fou, sentimento cui la stessa vita umana passa in subordine; l’attacco al cattolicesimo, come fonte di oppressione sociale, e poi l’esaltazione di Sade, il divin marchese equiparato iconograficamente allo stesso Gesù Cristo. Sul piano stilistico il film è altrettanto innovativo con l’abolizione della struttura narrativa, la libera associazione di elementi eterogenei, il simbolismo, lo straniamento dell’oggetto.
Per realizzare la sua opera Buñuel ricorre a tutti gli strumenti compositivi disponibili, compreso l’utilizzo di materiale di repertorio, ossia spezzoni o inquadrature di altri film, analogamente alla tecnica pittorica del collage. Di repertorio sono la sequenza iniziale degli scorpioni, le vedute di Roma imperiale e della folla per le strade di una metropoli. Di repertorio è anche il crollo di alcune case, introdotto dalla didascalia Parfois, le dimanche… (A volte, la domenica…), e le inquadrature di un fiume di lava a contrappunto di una situazione di estrema tensione erotica. Tale materiale, la cui provenienza era sconosciuta, ha una identità: si tratta di inquadrature del cinegiornale Luce che documenta l’eruzione dell’Etna del 1928 e la distruzione del paesino di Mascali.
L’eruzione del 1928 del vulcano siciliano è considerata una delle più devastanti dell’epoca moderna e dunque quelle immagini erano state sicuramente diffuse in tutt’Europa. L’uso straniante operato dal regista le carica di significato. Quel Parfois, le dimanche…, per esempio, rende ironicamente quotidiano il più eccezionale degli eventi tellurici, così come la pulsione erotica che genera la “visione” del magma assimila con immediatezza il potere eversivo dell’amour fou surrealista alla più devastante eruzione vulcanica avvenuta in Europa nel XX secolo. Il senso di quelle immagini di repertorio era naturalmente già evidente di per sé. L’averne identificato la fonte rende la loro simbologia ancora più pregnante. Dire infatti, genericamente, l’amore è più forte di un’eruzione vulcanica è di minore impatto emotivo che dire: l’amore è più forte di quella particolare eruzione vulcanica le cui immagini, voi spettatori, avete già visto e per le quali avete già provato orrore e sgomento. La scelta delle immagini del filmato Luce rafforza quindi il principale aspetto poetico del film: il dichiarato intento dell’autore di affondare, quanto più possibile, l’incandescente pietra dello scandalo surrealista in quelle acque gelide del calcolo egoista (frase di Marx scelta in un primo momento come titolo del film) in cui è immersa la società borghese.
Ecco il link per vedere il Cinegiornale Luce del novembre 1928
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