Nei giorni precedenti l’insurrezione del 25 aprile 1945, a Milano si respira un’aria carica di tensione tra le sempre più frequenti azioni di fuoco dei gappisti contro le forze occupanti nazifasciste, a loro volta impegnate in rastrellamenti, fucilazioni e incarcerazioni anche di cittadini inermi. Ormai si avverte chiaramente che la liberazione della città e del paese dopo vent’anni di oppressione è imminente. Le strade sono percorse da mezzi blindati carichi di brigatisti neri e di soldati tedeschi dai volti attoniti. La città è ferita, distrutta dai bombardamenti, dalla paura, dalla fame.
Il cinema, unico divertimento
Ai milanesi, per lenire i disagi fisici e morali, non rimangono che pochi svaghi, primo tra tutti il cinematografo. Dalla fine del 1944 diversi esercizi hanno chiuso; quelli ancora in attività, tra i quali le prime visioni dell’Astra, del Corso, dell’Odeon (l’Excelsior è stato distrutto dai bombardamenti dell’agosto ’43 e riaprirà soltanto nel 1948) sono costretti a funzionare a orari ridotti per via dei blocchi nell’erogazione dell’energia elettrica, per il coprifuoco e per la scarsità di nuove produzioni cinematografiche disponibili. Nella ventina di sale operanti che hanno programmato per mesi film di produzione italiana già usciti precedentemente, come La cena delle beffe (1941), La corona di ferro (1940), Quattro passi tra le nuvole (1942), tutti di Alessandro Blasetti, si proiettano poche altre pellicole realizzate a Cinecittà, quali al cinema Meravigli I bambini ci guardano (1943) di Vittorio De Sica con Isa Pola (inizio del felice connubio artistico tra Zavattini e De Sica), Nozze di sangue (1941) di Goffredo Alessandrini, con Fosco Giachetti, e Ultimo addio (1942) di Ferruccio Cerio, con Gino Cervi (in programmazione il primo fino al 18 e il secondo dopo il 19 aprile al cinema Susa), entrambi interpretati da Luisa Ferida, la diva del momento. Un’altra star di quel periodo, Isa Miranda, è la protagonista di Zazà (1942), di Renato Castellani, in cartellone il 19 e 20 aprile al cinema Novecento. Il cartellone del cineteatro Plinius propone La signora di Montecarlo (1942) di Mario Soldati mentre all’Imperiale viene proiettato il dramma storico in costume Giuliano de’ Medici, diretto da Ladislao Vajda con Osvaldo Valenti, attore famosissimo, compagno nella vita di Luisa Ferida con la quale fa coppia fissa sullo schermo dal 1939 in numerosi film quali Bella addormentata (1942) di Luigi Chiarini e Fedora (1942) di Camillo Mastrocinque. La coppia in breve tempo diventa popolarissima presso il pubblico italiano. Valenti, cocainomane, ambiguo, trafficone, ufficiale della X Mas del principe Junio Valerio Borghese, a Milano si lega alla banda di torturatori guidati dal famigerato Pietro Koch, il sadico persecutore di partigiani a Villa Triste. I due artisti accusati di collaborazione con il nemico (anche se Valenti dichiarerà di essersi impegnato negli ultimi tempi prima della liberazione come mediatore tra i fascisti e le forze d’opposizione) sono catturati il 25 aprile da un gruppo di insorti comandati da “Vero” Marozin e dopo alcuni giorni di detenzione in una cascina alla periferia di Milano, giustiziati nella notte del 30 all’angolo di via Poliziano e di via Fauchè. Saranno sepolti uno accanto all’altra nel cimitero di Musocco. La loro vicenda è stata ricostruita in Sanguepazzo (2008) da Marco Tullio Giordana.
Film, varietà e poi… Hollywood
Tra le pellicole straniere presenti sugli schermi milanesi in quei giorni, vi sono Il Barone di Munchausen (1943), superkolossal tedesco girato in Agfacolor dagli effetti speciali straordinari, per la regia di Josef von Baky, in programma all’Odeon da diverso tempo (per il grande affollamento viene adottata per la prima volta la prenotazione dei posti) e L’amore più forte (1939) dell’austriaco Gustav Ucicky, al Corso. Nei tre teatri cittadini ancora aperti, lo Smeraldo, il Cristallo e l’Impero, Walter Chiari, Carlo Dapporto, il musicista Gorni Kramer, il Quartetto Cetra e un giovanissimo Ugo Tognazzi, con i loro spettacoli tentano di arginare l’angoscia e la tristezza di quei momenti difficili. Il 23 e 24 aprile, alla vigilia della liberazione, il cinema Sempione presenta La cortigiana di Siviglia (1939), una produzione tedesca diretta da Herbert Maisch; il Lux Il diamante nero (1940) per la regia del francese Jean Delannoy; il Torino Il barbiere di Siviglia (1938) dello spagnolo Benito Perojo e al Padova si tenta di sorridere con la commedia svedese La maestra si diverte (1943) di Borje Larsson.
Dopo i duri e sanguinosi scontri tra il 25 aprile e il 1° maggio, i partigiani, anticipando l’arrivo delle forze alleate, liberano Milano e il Nord Italia ponendo fine alla dittatura fascista. La vita, per la popolazione provata da drammatici anni di guerra, torna a sorridere. A metà maggio, in un clima di grande euforia, arrivano nelle sale cinematografiche i primi film provenienti dall’America che la censura fascista aveva vietato e che costituiranno l’avanguardia di un mercato imponente di prodotti hollywoodiani, destinati a condizionare i gusti del pubblico italiano. Il 25 maggio Alfred Hitchcock, regista poco noto in Italia, con Rebecca, la prima moglie (1940) allo Smeraldo, fa conoscere ai nostri spettatori i brividi del genere thriller, anche grazie alla bravura dei due protagonisti, Joan Fontaine e Laurence Olivier. Il 27 la coppia di ballerini Fred Astaire e Ginger Rogers, nel musical Cappello a cilindro (1935) di Mark Sandrich, fa il pieno all’Ideal. Sempre dagli Usa arriva all’Odeon dal 22 maggio, La famiglia Sullivan (1944) di Lloyd Bacon, storia vera di cinque fratelli di origine irlandese, marinai volontari, caduti insieme nella guerra del Pacifico. Il film sarà preso come modello da Steven Spielberg per il suo Salvate il soldato Ryan (1998).
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