Ai primi del secolo, quando il macchinista fermava il treno per fare rifornimento, approfittava della pausa per concedersi un po’ di riposo. Spesso sceglieva qualche bordello nei pressi della stazione e così, per segnalare la sua presenza ai compagni di lavoro in quel “luogo di svago”, appendeva alla porta della camera la sua lanterna rossa.
Sembra che proprio da questa singolare abitudine derivi il termine “luce rossa” che indica il cinema pornografico. Un genere che per alcuni studiosi risale alla fine dell’Ottocento con scenette casalinghe del tipo Fatima’s Dance, una danza del ventre un po’ nostrana proiettata con il Kinetoscopio di Edison nel 1893, due anni prima della nascita ufficiale del cinema dei fratelli Lumière. Nel 1896 arriva il primo nudo integrale dell’attrice Luise Willy che si spoglia nel cortometraggio Le bain.
Le tasse del sesso
A Milano il circuito delle luci rosse nasce il 15 novembre 1977 e precisamente al cinema Majestic. In quell’occasione è apposta all’entrata del locale una luce rossa intermittente per avvisare il pubblico del tipo di programmazione scelto: un festival di 16 film più significativi del genere sexy, ovviamente vietati ai minori di diciotto anni. Inizia così un braccio di ferro con la magistratura che porta poi alla costituzione ufficiale del circuito delle luci rosse (i primi sono l’Embassy, l’Alcione, il Golden, il Roxy, il Meravigli).
In breve tempo i cinema di questo tipo divengono 26 in città e 200 in tutta la Lombardia per un totale di 1500 sul territorio nazionale con 800 dipendenti e 55 miliardi annui versati allo Stato come diritti erariali.
In quel periodo di grave crisi l’industria cinematografica riesce a sopravvivere producendo 20 milioni di metri di pellicole sexy stampate solo nel 1981 con laboratori di sviluppo e stampa, con 150 ditte di distribuzione e produzione e ancora tanti addetti al doppiaggio, sincronizzazione, edizione e tipografia. Un fenomeno, quello del porno, comune a tanti altri paesi europei e americani.
Storia dell’eros al cinema
Ovviamente la novità appassiona soprattutto il pubblico maschile che si precipita nel buio delle sale a tutte le ore. Un pubblico costituito da anziani alla ricerca (come afferma Gerard Damiano, il massimo pornoregista americano) di un appagamento visivo alle frustrazioni eroiche in grado di sostituire una reale esperienza sessuale.
Ancora più severi sono gli psicologi: lo spettatore del cinema sexy è un immaturo che tende a identificare la donna come oggetto da sottomettere al potere sessuale maschile.
Il fenomeno è così dilagante che costringe anche i cineclub più prestigiosi quali l’Angelo Azzurro di Bologna, l’Obraz Cinestudio e il Cineclub Brera di Milano, a proporre rassegne sulla storia dell’erotismo cinematografico con classici quali La bonne auberge (le prime libidine da salotto), Saffo e Priapo del 1919 con didascalie attribuite a Gabriele D’Annunzio, fino alle rozze ammucchiate degli anni Cinquanta girate nei bordelli dell’Avana.
Sabato 9 aprile 1988 il cinema Anteo sempre a Milano, alle ore 0.30 per la rassegna A mezzanotte circa…, presenta classici del genere erotico che rappresentano nell’arco di quarant’anni l’evoluzione di questi film clandestini dal decadentismo dannunziano all’estetismo liberty, dall’esotismo crepuscolare fino all’espressionismo delirante.
Uscire dal ghetto
Vengono proiettati il celebre A l’écu d’or, del 1908, storia di un soldato affamato giunto stremato a una locanda e rifocillato con un abbondante pasto amoroso da una “caritatevole” cameriera. E ancora il già citato Saffo e Priapo, protagoniste Siby, una giovane benestante, la sua amichetta Adriana e una cameriera guardona a sua volta punita a frustate da un frate molto dotato sessualmente, cui segue La bonne auberge (1912), capostipite in Francia del cinema osé che mostra con un arditissimo primo piano una fellatio tra un moschettiere e una servetta compiacente. La carrellata erotico-cinematografica propone ancora Le train du plasir (1928), ambientato su di un treno, dove due sconosciuti si lanciano in una passionale e fugace avventura sessuale e Pierrot (1920), un porno art elegantemente plastico, una sorta di balletto erotico. Un modo dei titolari cineclub di elevare culturalmente il porno cinema e farlo uscire dal ghetto dei circuiti a luci rosse.
Negli anni Novanta con l’introduzione sul mercato delle videocassette, lo spettatore preferisce il più comodo consumo tra le mura domestiche di questi prodotti.
Una dopo l’altra le sale chiudono per diventare banche, condomini, supermercati. Il ferroviere dalla lanterna rossa non si ferma più lì.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.