Approfondimenti

Pubblicato il 14 Marzo 2015 in

Ho cominciato a recitare per sposare il pranzo con la cena. Sospesa sul mio capo c’era una temuta borsa di studio per Harvard. Per non andare a scuola salii sulla scena. Solo più tardi me ne innamorai. Anche del cinema mi sono innamorato dopo aver cominciato a farne e magari non avessi preso una cotta così grossa. Perché per fare dei film ci vogliono troppo tempo e troppi soldi. Perché ci vuole troppo tempo per trovare i soldi. Ho passato la maggior parte della mia vita, ormai, a tentare di fare film.

Guardare Quarto potere è come guardare un artista consumato per la prima volta alle prese con la scoperta inebriante della sua vocazione. Tutte le sue passioni – teatro, magia, circo, radio, pittura, letteratura – all’improvviso si fondono in una sola. Questo spiega perché tanti lo considerano il miglior film in assoluto. Eppure non è il film migliore di Welles, né per lo stile, né per la profondità della visione, ma è quello circondato dall’aura più romantica. Non solo perché aveva 25 anni quando l’ha girato, e vi appariva di una bellezza impressionante, o per il contenuto o la forza del racconto, ma perché è la luna di miele di un artista con la sua arte. Nessun altro regista alla scoperta del mezzo cinematografico era altrettanto pronto e maturo. I segni erano giusti, e così anche le circostanze. E non lo furono mai più: libera scelta del materiale, completo controllo prima e durante le riprese, l’ultima parola sul montaggio, tutte le risorse tecniche e finanziarie della miglior fabbrica di cinema del mondo. Orson non ha mai più avuto a disposizione tutti questi elementi insieme per un suo film. (Peter Bogdanovic)

Gli Amberson è l’unico mio film che ho visto dopo l’uscita nelle sale: una sera, a Parigi, a una proiezione speciale. Fu estremamente sgradevole. Avrei preferito non sapere mai cosa gli avevano fatto. Meglio sentirlo dire e basta. Per i primi cinque o sei rulli non andava poi così male. Pensai: “Bé, non è poi tanto male. Non gli hanno fatto gran che, solo qualche piccolo stupido taglio”. E poi si scatenò l’inferno… era un film molto migliore di Quarto potere, se solo l’avessero lasciato com’era.

La signora di Shanghai costò una fortuna, perse una fortuna e pose fine alla carriera di Welles in tutte le maggiori case di produzione hollywoodiane. (Peter Noble)

Il Macbeth di Orson Welles ha una sua forza grezza e irriverente. Coperti di pelli di animali come motociclisti al principio del secolo, corna e corone di cartone in capo, i suoi attori vagano per i corridoi di una specie di metropolitana onirica, per una miniera di carbone abbandonata, per cantine in rovina. Non una sola inquadratura è lasciata al caso. La macchina da presa è sempre nel punto da dove il destino osserverebbe le sue vittime. (Jean Cocteau)

Amo troppo gli ambienti naturali e la luce del sole per non amare anche le luci artificiali e la cartapesta del Macbeth di Welles. (Robert Bresson)

In Othello il personaggio del Moro viene distrutto con facilità perché è un semplice, non perché sia debole. È l’archetipo dell’uomo semplice, e non ha mai capito la complessità del mondo degli uomini. È un soldato, non ha mai conosciuto le donne. Tutto il suo modo di trattarla, quando la uccide, è quello di un uomo che non ha il minimo contatto con la realtà. Tutto quello che sa fare è combattere. Questa è la sua tragedia. Non è capace di immaginare una persona come Iago.

In Rapporto confidenziale il susseguirsi degli eventi veniva raccontato attraverso un’intricata serie di flashback. Nella versione che circola nelle sale non c’è neanche un flashback. Qualche deficiente deve aver pensato che confondevano il pubblico.

A proposito del Processo posso dire che Kafka odia la legge in sé. Quello che io odio sono gli abusi.

Sulla cattedrale di Chartres, in F for fakes: L’arte è una menzogna che ci fa capire la verità. Un inno alla gloria di Dio e alla dignità dell’uomo. Forse sarà proprio questa foresta di marmi, questa armonia di forme, questo maestoso, corale canto di pietra che ci salverà quando noi saremo polvere. Pregheremo perché resti come segno del nostro passaggio, ma a testimoniare quanto vi è ancora da compiere. Eppure ogni cosa viene annullata e si cancella nell’ineluttabile cenere del mondo. Trionfi e inganni. Tesori e false ricchezze. È la realtà della vita: tutti dobbiamo morire. Ma siate contenti: dal passato ci vengono le grida degli artefici. Tutte le nostre canzoni verranno messe a tacere, ma cosa importa. Continuiamo a levare i nostri canti.

Dobbiamo scoprire tutto il possibile su questo posto in cui ci tocca vivere – su questo posto nel tempo – ma dobbiamo stare attentissimi a non diventargli troppo omogenei. C’è una corrente principale della nostra cultura, uno spirito del tempo cui apparteniamo; alla fine però non saremo giudicati in base al grado della nostra partecipazione, ma in base alla qualità della nostra risposta individuale. Orson Welles

Materiali tratti dal libro Io, Orson Welles, Baldini e CastoldiApprofondimenti

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