Carl Theodor Dreyer
(Copenaghen, 1889 – id., 1968)
«Nato nel 1889 da una madre svedese che morì poco tempo dopo la mia nascita, sono stato adottato da una famiglia danese, i Dreyer, che ad ogni occasione mi ricordavano che dovevo essere riconoscente del cibo che ricevevo». Così scrive lo stesso regista in una nota biografica del 1939. Madre naturale di Carl è Josephine Nilsson, governante in una fattoria nel sud della Svezia, sedotta dal suo datore di lavoro il quale, benché scapolo, rifiuta di sposarla. La nascita avviene a Copenaghen dove Josephine si reca dopo aver tenuta nascosta la gravidanza. Per il piccolo comincia la sequela degli affidi provvisori (sette in due anni, incluso un breve periodo in orfanotrofio), che si conclude con l’adozione da parte del tipografo Carl Theodor Dreyer che gli dà il suo stesso nome. I Dreyer non sono bigotti, ma di idee progressiste. Nonostante questo però il regista dice ancora di loro: «Ad ogni occasione mi ricordavano che dovevo essere riconoscente del cibo che ricevevo e che, strettamente parlando, non avevo diritto proprio a nulla perché mia madre li aveva privati della mia retta facendo in modo di morire». Cosa significa quest’ultima frase? Nell’estate del 1890 Josephine Nilsson è di nuovo incinta per un amore clandestino e la prospettiva del matrimonio la illude anche questa volta. Naufragata la speranza, nel tentativo di abortire, Josephine si intossica e muore il 20 gennaio 1891. Carl jr cresce dunque nella famiglia adottiva come un estraneo. Non di meno i Dreyer fanno non pochi sacrifici per dargli un’istruzione e da questo punto di vista il ragazzo non li delude. A 17 anni, subito dopo il diploma, lascia la famiglia. Vive in maniera precaria, cambia spesso alloggio e lavoro. In questi stessi anni frequenta circoli di tendenza progressista e radicaleggiante dove completa la sua preparazione. Nel 1908 si reca in Svezia dove apprende la verità sulla sua nascita da Anna, sorella minore di Josephine, che ha sposato proprio il secondo seduttore di sua madre.
Tornato a Copenaghen, si avvicina al giornalismo occupandosi, tra l’altro, di cronaca giudiziaria. Il 19 novembre 1911, a 22 anni, sposa Ebba Larsen. Nel 1913 viene assunto dalla Nordisk Films Kompagni e in cinque anni completa il tirocinio tecnico. Nel 1918 esordisce con Præsidenten (Il presidente). Costante nell’opera del regista è la radicale avversione al compromesso sul proprio lavoro. Dreyer è disposto a qualsiasi sacrificio, ma gli deve essere garantita la totale libertà. Un atteggiamento che gli costerà lunghi periodi di stasi, durati a volte anche molti anni. Tra il 1919 e il 1924 gira La vedova del pastore, Pagine dal libro di Satana, influenzato da Intolerance di Griffith, Gli stigmatizzati, C’era una volta (giunto a noi mutilo) e Michael, tutti estremamente importanti per la formazione della sua poetica, ma scarsamente apprezzati dal pubblico. Il successo al botteghino ottenuto nel 1925 con L’angelo del focolare gli favorisce un contratto con la francese Société Générale de Films che finanzia il successivo La passione di Giovanna d’Arco (1927). Il lavoro di Dreyer è meticoloso, sia sui documenti storici sia nella messa in scena, ma, a film ultimato, l’insuccesso del pubblico determina il primo dei lunghi periodi di inattività del regista che nel 1930 tenta la via dell’autofinanziamento e del piccolo budget con la novella gotica Vampyr. Il flop al botteghino anche di questa pellicola getta Dreyer in una profonda depressione che lo porta anche in clinica psichiatrica. Una volta ristabilito torna al giornalismo fino a quando, nel 1942, gli affidano le riprese di un documentario a scopo sociale. L’anno successivo, durante l’occupazione tedesca della Danimarca, mette in scena Dies irae, storia di un processo per stregoneria ambientata nel ‘600. Nel 1944 gira in Svezia il kammerspielfilm Due esseri e, dopo la liberazione, continua il lavoro di documentarista con una mezza dozzina di titoli. Nel 1955 e nel 1964 i due ultimi lungometraggi: Ordet, da un’opera teatrale di Kaj Munk, pastore protestante ucciso dai nazisti, e Gertrud (1964) mentre il progetto lungamente vagheggiato di un film sulla vita di Gesù (Jesusfilm) rimane incompiuto.
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