Trash
regia Stephen Daldry sceneggiatura Richard Curtis, Felipe Braga cast Martin Sheen (padre Julliard) Rooney Mara (Olivia) Wagner Moura (José Angelo) Selton Mello (Frederico Gonz) Rickson Tévis (Raphael) Eduardo Luis (Gardo) Gabriel Weinstein (Rato) André Ramiro (Marco) genere drammatico durata 109′
In inglese la parola trash significa spazzatura e dà il titolo al film perché la storia narrata tratta di ragazzini che campano rovistando nella spazzatura di un’enorme discarica di Rio de Janeiro dove vivono con le loro famiglie (chi ne ha una) in baracche di legno e lamiera. Ma trash è anche la spazzatura sociale e umana, fatta di corruzione e rapina, di cui si mostra un bel campionario tra affaristi senza scrupoli, poliziotti corrotti e politici disposti a ogni bassezza pur di cementare il proprio potere.
Dal regista di Billy Elliot, un film duro, che non indulge a smancerie né a inutili e gratuite esibizioni di violenza. Dove il plot della trama poliziesca si fonde magnificamente con lo sguardo impietoso e severo sulla realtà degradata delle metropoli del Terzo Mondo. Una storia avvincente, incalzante nel crescendo della tensione drammatica, che tuttavia dietro il pretesto del thriller racconta senza infingimenti i retroscena del boom delle nuove economie. Con momenti di sano umorismo, unico antidoto alla durezza della vita.
Martin Sheen è perfetto nel ruolo di un prete di frontiera che condivide, con autentico spirito evangelico, la condizione degli ultimi e Rooney Mara gli fa degnamente da spalla nel ruolo di un’insegnante. La vera sorpresa dal punto di vista della recitazione sono però i tre ragazzini protagonisti della storia e tutta la gente delle favelas, segno che una regia coi fiocchi sa trarre poesia anche dalla spazzatura.
Piccola chiosa: girato in portoghese e in inglese (gli idiomi dei diversi personaggi), andrebbe visto in lingua originale con i sottotitoli perché la follia tutta nostrana del doppiaggio a oltranza rende involontariamente comiche alcune situazioni drammatiche come il dialogo in carcere tra Olivia, Gardo e Clemente, il vecchio detenuto, o quelli tra Olivia e la banda dei ragazzini. Nell’originale lei parla inglese e Gardo traduce in portoghese per gli altri. Nel doppiaggio traduce dall’italiano… all’italiano. Roba da mentecatti!
E allora perché vederlo? Per non pensare che il Brasile sia solo il Carnevale di Rio
Bel film: si muove costantemente sul tema emarginazione/esclusione sociale e trama poliziesco.
Il punto di vista è quello dell’escluso, in contrapposizione con chi detiene il potere e chi lo esercita in sua vece.
Mancano però alcuni approfondimenti: l’evolversi del rapporto inizialmente conflittuale in un rapporto di amicizia dove la convenienza lascia il posto alla identità di appartenenza: solo abbozzato. Il rapporto con i beni materiali – i soldi, in particolare – che vengono visti come beni appartenenti alla comunità, al punto tale che i ragazzi li donano – ma in forma anonima – al prete-guida o li distribuiscono ai reietti di cui fanno essi stessi parte: nei rifiuti. Dal rifiuto al futuro. Ma lasciato all’intuizione.
Poteva anche essere un’occasione per spiegare il fenomeno dei bambini uccisi dalla polizia a Rio e di quello che ne è conseguito.
Il regista ha lasciato più spazio alle azioni dei ragazzi che alle riflessioni che ne sono alla base.