Mommy
regia e sceneggiatura Xavier Dolan cast Anne Dorval (Diane “Die” Després) Antoine Olivier Pilon (Steve) Suzanne Clément (Klya) Alexandre Goyette (Patrick) Patrick Huard (Paul Béliveau) genere drammatico durata 134′
Un complesso di Edipo grosso come una casa. Come spesso accade in soggetti gay. Steve, un ragazzo di 16 anni (interpretato superlativamente dal diciottenne Antoine Olivier Pilon), vive un rapporto eccessivamente conflittuale e passionale con sua madre (Mammina è la traduzione del titolo).
Siamo nel profondo nord del pianeta ossia nel Quebec canadese, provincia marginale fatta di rioni senz’anima. Alla morte del padre Steve dà segni di eccessiva irrequietezza e carenza affettiva per cui la madre lo rinchiude in una struttura protetta, salvo poi riprenderselo per tentare con lui una normalità di vita sempre sul punto di naufragare. Nonostante l’aiuto di una vicina, insegnante che si è presa un anno sabbatico.
Tre solitudini, tre emarginazioni, tre anime in pena non possono però risorgere. Solo la dimensione del sogno o della fantasia riesce a surrogare una realtà fatta di incertezze e dolori spesso procurati dagli stessi soggetti che li patiscono.
E allora, in questi brevi momenti di fuga, lo schermo si apre al formato pieno (16:9) mentre nel resto del film è claustrofobicamente compresso in inquadrature 1:1 che concentrano l’attenzione soprattutto sui primi piani dei personaggi o sui dettagli delle cose e dei loro corpi. Una scelta stilistica coraggiosa, anche se non originalissima, talora però eccessivamente compiaciuta.
Film d’attori, per forza di cose, con Dorval e Pilon onnipresenti e un ristrettissimo giro di comprimari tutti in stato di grazia. Merito del pur giovanissimo regista (gay dichiarato) che torna ancora una volta sul tema (autobiografico) del rapporto madre-figlio per trarne accenti non proprio edificanti.
Nel finale siamo dalle parti del Nido del cuculo mentre le struggenti note della canzone Born to Die (nati per morire) di Lana Del Rey suggella i titoli di coda. Come dire che qui la speranza, anziché ultima a morire, proprio non è mai nata.
E allora perché vederlo?
Solo se si è spettatore che non ha mai avuto problemi con i figli (o con i genitori).
Condivido pienamente la lettura puntuale di Auro Bernardi del film Mommy e vorrei sottolineare che, nonostante la violenza che caratterizza il rapporto tra Steve e la madre, lentamente emerge, secondo me, anche una delle forme di amore più genuine espressa, in questo caso, attraverso la dimensione del sogno o della fantasia ma che potrebbe anche chiamarsi “speranza”