regia Fernando León De Aranoa sceneggiatura Diego Farias cast Benicio Del Toro (Mambrú) Tim Robbins (B) Olga Kurylenko (Katya) Mélanie Thierry (Sophie) Fedja Stukan (Damir) Eldar Residovic (Nikola) Sergi López (Goyo) Nenad Vukelic (nonno) genere drammatico durata 106′
Nella nidiata di giovani (40-50enni) talenti del cinema spagnolo – da Amenábar a De La Iglesia, da Alberto Rodríguez a Bajo Ulloa – si colloca anche Fernando León De Aranoa che con questo suo sesto film riprende il tema della guerra nella ex Jugoslavia. Lo sguardo è minimale nel senso che i protagonisti sono quattro operatori di una Onlus che si occupa di rendere meno disagiate le condizioni della popolazione locale stretta nella morsa delle pulizie etniche, delle mine e della mancanza di approvvigionamenti. In uno scenario bellico, persino trovare una semplice corda, una fune qualsiasi per armare un argano, può diventare un problema insormontabile. Su questo semplice pretesto ruota tutta la vicenda che si snoda in un paio di giorni mentre al Palazzo di Vetro si firmano accordi che non trovano riscontro sul terreno. Sembra cronaca di oggi di una qualsiasi giornata ad Aleppo.
Microstoria, dunque, che si intreccia con gli eventi di cui parlano i giornali e microstorie di quattro personaggi che diventano cinque quando le auto dei volontari imbarcano un bambino senza genitori e poi sei, con una funzionaria Onu che deve stilare un rapporto sull’attività della Ong. Intrecci di vita e grovigli ideologici, pregiudizi e ricordi che affiorano sul ritmo sferzante della musica a palla che esce dalle casse dell’autoradio di B.
iI film ha un suo ritmo che regge bene la tensione fatta di cose banali e atroci al tempo stesso, come decidere che strada prendere per evitare una probabile mina o come muoversi in una casa distrutta che, forse, nasconde altre trappole o, più semplicemente, dei morti ammazzati.
Detto dei pregi, non si possono però nascondere i difetti, concentrati soprattutto nel cast. Del Toro, che è un ottimo attore, viene lasciato troppo libero e indulge spesso a uno stucchevole birignao da bello della compagnia, oggetto del desiderio di tutte le donne che gli capitano a tiro. Tim Robbins, mostro sacro della Hollywood liberal, a sua volta non tenuto a freno gigioneggia come mai nella sua illustre carriera mentre gli altri comprimari (le due donne e l’interprete) sbiadiscono non poco in ruoli privi in partenza di spessore. Ottimo invece il trattamento che De Aranoa riserva al piccolo Residovic il cui sguardo innocente e perduto coincide spesso con quello dello spettatore. E non è cosa da poco.
Allora perché vederlo?
Perché in ogni guerra la prima vittima è sempre la verità
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