Una giornata piovosa, una serata con gli amici, un dopocena in montagna o al mare durante una vacanza, persino durante un viaggio di lavoro o una trasferta familiare. Ovunque noi siamo, un DVD scelto con cura è un’ottima compagnia! Ecco, quindi, una serie di proposte e di recensioni, a cura di Auro Bernardi con il coinvolgimento anche di Riccardo Zanzi, entrambi docenti nei corsi di cinema alla Fondazione Humaniter
One thought on “Film in DVD: una nuova serie”
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In un ambiente non proprio alla portata di tutti – padre ottantenne Archistar domestica (Giulio Brogi), figlia (Emmanuelle Devos) fuggiasca a Parigi sposata con un finanziere, delfino di studio (Fabrizio Gifuni), coppietta di clienti con villa da sogno sul lago, ambienti e stanze che trasudano denaro – la figlia arriva – in ritardo, ovviamente – alla festa di compleanno del padre. Il quale non manca di sottolinearlo davanti a tutti: il rapporto tra i due è compromesso da vent’anni.
Rapporto padre e figlia che evolve? Niente da fare, non si sa né perché si è rotto né cosa vogliono fare i due. Non è questo il tema del film, al più il sottofondo. Bene, avanti.
Il padre Archistar – vecchio sì, ma anche marpione – si rompe una gamba e chiede, meglio sarebbe dire costringe la figlia a occuparsi della ristrutturazione di una villa da sogno sul lago a fianco del delfino-Gifuni.
Potenziale conflitto tra il bravo delfino-Gifuni, in attesa della dipartita dell’ottantenne Archistar per prendersi lo studio, e la figlia anche lei architetto tornata con tanto di diritto per potersi prendere lo studio? Niente da fare. Carriera e carrierismo non interessano. Al primo incontro lei dice di volersene andare, il conflitto muore sul nascere. Anzi la situazione si capovolge, il delfino-Gifuni insiste a che lei non parta e non si sa bene il perché. Bene, avanti.
Il delfino-Gifuni, uomo misterioso, bello pieno di donne e – ça va sans dire – infelice, è il prototipo dell’uomo da redimere, irresistibile, da tracollo della pressione arteriosa, venuto talmente bene che non lo si può mettere in catena di montaggio. La ex lo vuole ancora, la moglie del fratello pure, la prima che incontra lo si vede da subito. Chiunque, ma non la figlia dell’Archistar. I dialoghi del povero Gifuni sono talmente striminziti da essere improbabili, tace quando chiunque salterebbe sulla sedia e resta immobile quando chiunque si sparerebbe dal dolore.
Lato positivo: quando al cinema tra conoscenza e primo rapporto sessuale passano in media cinque – vogliamo esagerare, sei? – minuti al punto di essere ormai uno “standard cognitivo” dello spettatore, Paolo Franchi gioca sull’ambiguità della figlia e sulla ermeticità del delfino-Gifuni. E lo fa con ottimi risultati. In ogni senso e con tutti i sensi.
Altro lato positivo: l’ambientazione torinese. Coerente con l’intimità della trama. Trama male ospitabile da una Milano success-driven.
Ovvio che l’Archistar muore, ovvio che da quel momento il melodramma prende la piega più scontata. Anche per il finale.
Sentimenti semplici portati all’estremo fino a divenire una caricatura di loro stessi, personaggi e vicenda metafore del titolo.
Brava, decisamente brava Emmanuelle Devos, donna ottocentesca – scontata e irrinunciabile l’inflessione francese – trapiantata nel ventunesimo secolo quando ciò che conta non sono i sentimenti, donna la cui vita e determinata più dal “dove non stare” che dal “voler essere”.
Perché vederlo?
Domanda di riserva?