Spensierato, intriso di gioia, ho intrapreso il mio nuovo viaggio. Innamorato del mio progetto, con l’intensità e l’incoscienza della “prima volta”.
E’ calato il sipario sul corso, ora tocca a me: bisogna dosare le risorse, usarle bene. Il viaggio è irto di difficoltà, Mi sento già ricco della meta da raggiungere.Affrontare una transizione vuol dire partire. Mettere in valigia poche cose, quelle indispensabili, ma tanta curiosità. La curiosità è un “moto verso”, consapevolezza di poter raccogliere.
C’è una novità, per pudore finora taciuta. Ho un coinquilina nel mio progetto. Il suo nome è Lina. Mi ha detto: se le difficoltà bruciano le tue risorse, posso offrirti le mie. Voglio anch’io quello che vuoi tu. Continuo a esserne convinto: non esiste progetto affrontabile in solitaria, la condivisione è essenziale. Ho scelto, le ho detto sì.
E così eccomi qui, ricco di una esperienza di cui sapete ormai tutto e di una compagna di viaggio che mai e poi mai avrei pensato di incontrare. E ricco di uno sguardo nuovo sulla vita.
Pensate per un attimo al restauro dei dipinti di Giotto che si trovano ad Assisi. Cercateli almeno su Internet, e osservate con attenzione il “prima” e il “dopo”. Il disegno è lo stesso, ma i colori….la loro vivacità, direi la luce che emanano portano (almeno a me è capitato così) a guardare quei dipinti come se fosse la prima volta. E cogliere una infinità di particolari prima trascurati. Ecco, questo intendo per sguardo nuovo sulla vita: credevo di conoscere, e invece…
Penso alla incredulità, al fastidio, al risolino che questo apparente mio disincanto può provocare. E’ ovvio, la parola stessa “pensionamento” dà fastidio, non è di moda. Eppure sembrerebbe il contrario: sperimentiamo la gioia di soggetti che “non aspettano altro”, accanto a chi guardano la pensione con “terrore”.
C’è chi sostiene che la parola pensionamento sia “vecchia”, metta disagio. Certamente sa di esclusione, di “fuori dal castello”, di abbandono. Non è uno status sociale visibile, accolto (nella pubblicità i pensionati si ritrovano alle prese con dentiere, protesi acustiche, mal di schiena, problemi di deambulazione, debiti…avete mai notato?). Ci si sente un po’ impoveriti, derubati, spogliati. E’ una rinuncia forzata, un “lasciare qualcosa”, un sancire l’esistenza di un passato non più rinnovabile. E’ una porta che si chiude dietro le spalle, una perdita di identità. Un allontanamento. Una riformulazione della esistenza “forzata”.
Eppure si è invidiati (“beato te che..”), o no? Penso al fiorire di parole alternative, rubate per esorcizzare dei falsi fantasmi. E’ come se quella parola imponesse una condizione diversa, cacciasse il malcapitato dentro un ghetto, un girone dell’inferno, tarpasse desideri. Dico: non giochiamo con le parole. E non cerchiamo prolungamenti dentro l’ideologia dell’efficientismo, dell’essere sempre a tono e tonico, dell’essere giovani per forza. Pensionamento sembra non essere una parola eccitante, ma mortificante.
Riporto un frammento di vita recentemente ascoltato: ora in pensione, intervenuto a un convegno dove partecipava un ex collega, alla richiesta della hostess “di che azienda è” il mio interlocutore mi ha confessato di essersi bloccato sulla domanda: e adesso che cosa gli dico?
Ecco la domanda chiave: e adesso che cosa dico di me? Dove mi “colloco”? Certamente il pensionamento richiede una “ristrutturazione identitaria” forte. Che può spaventare. Che è difficile da comprendere, aleggia il sospetto intorno ad esso che possa avvelenare ogni desiderio. Ma è davvero così?
Credo sia questa la questione centrale: affrontarlo.
Non temerlo, quindi evitarlo. O eluderlo. O impegnando il tempo in una girandola estenuante di “cose da fare”. Affrontarlo è fare i conti con le proprie risorse, che non sono come certi oggetti che ci affanniamo a tenere per smisurato affetto, che sono obsoleti, consunti, forse incerottati, fragili, incerti nella fruizione. Le nostre risorse sono lì, tutte belle in fila, tenute in ordine dalla nostra storia personale. E non ditemi che siete senza storia….E poi si immagina. Immaginare è entrare in contatto con i propri desideri, creare un ponte verso la loro attuazione. Sembrerà banale, ma la risposta alla domanda “dove mi colloco?” è assolutamente scontata: ma dentro la tua vita, naturalmente….
Spensierato, intriso di gioia, ho intrapreso il mio nuovo viaggio. Innamorato del mio progetto, con l’intensità e l’incoscienza della “prima volta”. E’ calato il sipario sul corso, ora tocca a me: bisogna dosare le risorse, usarle bene. Il viaggio è irto di difficoltà, Mi sento già ricco della meta da raggiungere.
Affrontare una transizione vuol dire partire. Mettere in valigia poche cose, quelle indispensabili, ma tanta curiosità. La curiosità è un “moto verso”, consapevolezza di poter raccogliere.
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