E alla fine, Lago di Iseo. Solo noi due, mano nella mano, una mattina, a Sulzano, siamo già lì, quando il paese è ai suoi primi vagiti di vita quotidiana, in attesa del traghetto per Montisola. Non c’è coda, solo qualche famiglia con i piccoli tranquilli perché ancora assonnati, qualche coppia di “matusa” come noi. Lina sembra in gran forma. Con puntiglio si è liberata di qualche chilo, cambiato trucco agli occhi, qualche colpo di sole ai capelli, un vestitino che dice di una donna che ha voglia di essere ancora desiderata.
Il traghetto arriva silenziosamente, pigramente attacca, accoglie il drappello di viaggiatori e con calma attraversa quel breve tratto di lago verso Montisola. Non faccio in tempo a godermi i sorrisi di Lina e la vista sul lago che si attracca.
Stranamente Lina ha qualche colpo di tosse. “Sarà la polvere del traghetto…ma hai visto quanto era sporco?” dice quasi per scusarsi.
La giornata promette bene. La sera prima intensa pioggia ha restituito aria limpida e temperatura piacevole. Nuvole scure in cielo sembravano in viaggio per altre mete.
Iniziamo il cammino: Lina mi stringe la mano, non me la lascia un solo attimo. Mi ha affidato lo zaino delle sorprese, con il pranzo al sacco che ha preparato. Fino allo scoccare delle 13 non potrò sapere nulla del suo contenuto. Però pesa. C’è dentro di tutto, dalle posate col manico metallo cicciotto, al fornellino, ai barattoli delle conserve, agli stuzzicadenti. Praticamente una cucina da campo concentrata in uno zaino. E tutto sulle mie spalle. Lei dice di avere invece lo zaino più grande, e ha ragione: maglioni, ombrelli, fazzoletti, la tovaglia, la macchina fotografica…certo, ben altro peso..
Il borgo dei pescatori di Montisola è sempre caratteristico, qualche pescatore di antica data armeggia con le reti, con gesti lenti e solenni. Lina vuole accendere una candela nella chiesetta di S. Michele, piccola e accogliente. Iniziamo il nostro giro dirigendoci verso Carzano, lungo quella che pomposamente qui chiamano “la litoranea”. A pochi passi dietro di noi due coppie di “quasi coetanei” (senz’altro con qualche compleanno festeggiato in più) sembrano seguirci, attrezzati con le bacchette da passeggio. Mentre camminiamo, racconto a Lina della storia dell’isola, le cose belle da non perdere. Le propongo il 14 settembre di passare di qui per la festa di Santa Croce, della usanza dei fiori di carta. Mi segue con interesse. Le due coppie sono vicine, sembra abbiano sincronizzato il passo con il nostro. Intuisco, vogliono ascoltare le mie descrizioni. E mentre parlo della chiesa di San Giovanni Battista e della vista dal parchetto lì vicino, sento una voce alle mie spalle: “Lo sa che è interessante quel che dice? Possiamo unirci per ascoltarla? E’ la prima volta che veniamo qui”
Lina ed io ci guardiamo: la nostra intimità infranta. Sarà per un’altra volta. “Ma certo, volentieri. Guardate però che io ne so quanto una vecchia guida del Touring!”
“Va benissimo anche così” mi risponde quello dell’altra coppia.
Ci fermiamo. Scarico un momento il macigno culinario dalle mie spalle e ci presentiamo. Senza accorgerci ci mettiamo in cerchio, ci guardiamo tutti in faccia. Sembrano dei buoni compagni di viaggio.
“Voi vi fermate anche domani, vero? I vostri zaini vi tradiscono. Proprio una bella idea!”
Sorrido e annuisco. Lina tossisce ancora. Di una tosse secca, insistente. Strano.
“Noi facciamo la strada più lunga, che fa il giro dell’isola e poi a Menzino andiamo al santuario della Madonna della Ceriola sul cucuzzolo a 400 metri. Con questo passo, possiamo arrivarci per le 12”. Li vedo scambiarsi qualche sguardo per la mia proposta.
“Se non è troppo faticosa, la seguiamo fin dove riusciamo”
“Va bene, dopo vi porto comunque davanti a un buon ristorante. Poi decidete voi”.
E si parte. La chiacchierata è un po’ a senso unico. Tante domande sul luogo, sulle sue particolarità. Qualche risposta da parte mia è un po’ romanzata per non annoiare con i “non so”. Lina si diverte. In realtà la vedo camminare più lentamente del solito. Tossisce. Uno dei nostri accompagnatori se ne accorge: “Signora, ma è sicura di sentirsi bene?”. Ma lei minimizza. Arriviamo a Senzano, dove comincia la strada che passa per Cure e arriva in cima al santuario. Sono le 11.30. Le due coppie chiedono di fermarsi, preferiscono procedere nel pomeriggio. Gli indico dove mangiare “tipico”. Ci congediamo e proseguiamo. Ammetto che lo zaino comincia a pesarmi. Ma Lina non mi convince molto. Infatti mi chiede di fermarmi. Il respiro è affannoso. Le chiedo come sta.
“Bene, bene, è tanto che non faccio una camminata così. Camminare fa bene. Che ne dici se mangiamo adesso?”. Ben felice acconsento, per alleggerire la cucina da campo e per darle possibilità di riposarsi. La tosse diminuisce, ma non sparisce.
A pancia piena e riposati, con uno zaino più leggero, mi aspetto di riprendere la strada verso Cure. Ma Lina mi chiede di tornare indietro. “E’ una giornata troppo calda Gino, torniamo indietro”. E così prendiamo il pulmino interno, arriviamo al borgo, aspettiamo il traghetto e via. Stranamente Lina è quasi taciturna. E qualche colpo di tosse ancora. Per oggi niente Santuario.
In auto per tutto il viaggio di ritorno dorme. Si sveglia sotto casa sua. Sta meglio. La tosse sembra sparita.
“Lina, domani vai dal medico”
“Perché?”
“Quella tosse è strana, la spossatezza poi….”
“Ma dai, capita, oggi non era giornata da gita. Troppo caldo. Riproviamo la settimana prossima”
“Insisto Lina, domani vai, c’è qualcosa che non va”
“So ben io come sto. Grazie che ti preoccupi, ma non c’è bisogno. Che figura ci faccio dal medico per qualche colpo di tosse?”
Mi sono congedato da lei sulla porta, dopo aver lasciato la cucina da campo accanto all’ingresso. Avrei dovuto restare per aiutarla, ma queste sue reazioni mi danno molto fastidio. E non volevo farne oggetto di un bisticcio. Speriamo abbia ragione lei.
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