LE RIFLESSIONI DI GINO, UNO DI NOI: “Gli ultimi giorni prima di Natale” (21)

Pubblicato il 10 Agosto 2021 in Letture Ideas
tavola

Confesso non ho mai avuto particolare attenzione per le feste: non ho più parenti, i miei genitori sono mancati tanti anni fa. Il Natale è occasione per incontrare due mie vecchie zie (sopra gli 80), che mi spiace lasciare proprio quel giorno in compagnia della solitudine. Ed io di restare da solo.

Due zie molto diverse fra loro. Ma un comune chiodo fisso in testa. Non sono vecchie. Faticano a stare in piedi, ma del bastone non se le parla. Si sentono sole, ma di andare in quei centri organizzati per loro dal Comune non vogliono neppure sentire parlare. “Lì ci vanno i vecchi, non io”. Mi è incomprensibile. L’orgoglio personale che soffoca la voglia di star bene. E poi l’affabulazione spinta di cui dispongono. Ascoltano soltanto le loro parole, i loro ricordi, i loro acciacchi. Sembra che il mondo sia contenuto nel loro ego, che fuori non esista nulla. Vederle insieme è spettacolare: sono due monologhi accostati, se scappa una domanda non c’è tempo per la risposta. Dialogare con loro è impossibile: io sono ancora giovane, certe cose non posso capirle. Hanno fame di relazione eppure la fuggono in ogni modo.

L’unico modo per farle sentire bene, ho capito, è mettersi accanto, e raccogliere il loro fiume di parole. In silenzio. Lottando con l’abbiocco.

Quest’anno sarà diverso. Lina mi ha capito subito. Andremo tutti e tre da lei. Anche lei ha la sua arzilla vecchietta da invitare. Meglio così. Il numero a tavola impatta sul sentimento natalizio. O quasi: posso già immaginare i dialoghi. Le mie ziette hanno alcuni temi sui quali sono autentiche esperte del ramo: è brutto invecchiare, sotto Mussolini si stava molto meglio, dove andremo a finire, i genitori di oggi sono troppo libertari. Nelle occasioni migliori: insopportabili quando prende il sopravvento il tema degli acciacchi personali e giocano a chi ne ha di più. Spero nella parente di Lina: ma lei la descrive “logorroica”, un flagello costante e sferzante su tutto quello che non va: il mondo di oggi fa schifo. Ma essere vecchi è questo? Non c’è scampo? Lina mi chiede di trovare qualche soluzione per evitare i “piacevoli” monologhi proprio il giorno di Natale: mi rifiuto di portare la tombola, gioco fra i più noiosi che abbia mai conosciuto. Il gioco dell’oca, quello si, più animato. Niente carte, perdo sempre. E poi … porterò qualche film vecchio di quelli in bianco e nero, gradiscono solo quelli. Che nella vecchiaia il mondo sia rigorosamente tutto in bianco e nero?

Sorrido a questi pensieri. Sì: la presenza di Lina, la sua vivacità, mi fa risentire e respirare aria di Natale. Sarà un Natale speciale.  Ha accettato a casa sua: però … mi ha chiesto (e ottenuto) di passare i tre giorni prima di Natale da lei, così da “sperimentare” un po’ di convivenza. Oltre a darle una mano per i preparativi, naturalmente. Ha quel chiodo fisso lì, non cede. Mi ha anche chiesto se, con l’arrivo della primavera, le do una mano ad imbiancare: è quasi scientifica nei suoi propositi, e io un po’ ridicolo nelle mie ritrosie. Ma va bene così. Per propormi di restare qualche giorno, vuol dire che mi vuol proprio bene. E che ha voglia di un bel Natale. E anch’io lo voglio.

Mi ha detto che si aspetta il regalo. E lo vuole bello. Mi dico: niente ansia da regalo, niente restare preda di un’affannosa ricerca dell’oggetto “giusto per la persona giusta”. Di questi giorni i negozi sono movimentati, in overdose di offerta. Di girare per “cogliere l’ispirazione” proprio non ne ho voglia. Col pensiero ho passato in rassegna gioielli, vestiti, scarpe, accessori, libri…Lì troverò quel che potrebbe farla felice? Regalare qualcosa di legato ai gusti i personali è sempre delicato, credo. E’ un bel segno: essere compresi nei propri gusti significa accentuare un senso di comprensione e insieme attenzione reciproca. E’ segno di un sforzo ulteriore di “conoscere l’altro”. Di averlo fatto e di aver saputo ascoltare. Ma se questo non accade…

E, sinceramente Lina nei sui gusti è ondivaga. Alterna uno stile legato all’età a uno decisamente sbarazzino, che vedo, per quanto capisco, su donne ben più giovani. Non voglio rischiare. Quel che è accaduto alla fine è che la scelta ha cercato me: ieri mi è capitata per caso in mano una sua foto, in primissimo piano. Il verde dei suoi occhi sembra animare il lucido foglietto. Una foto in cima a Montisola, un momento di grande serenità per noi due. Proprio una bella foto. Eccolo il regalo: un ricordo che rappresenta un momento di forte condivisione, emotivamente ricco. La metterò in una cornice di legno, che è un materiale vivo, caldo. Domani vado dal corniciaio. Non bado a spese, dovrà essere all’altezza della foto.

Lei mi ha chiesto che cosa desidero: le ho detto che non voglio il regalo. La sua presenza, il suo sorriso sono per me come un quotidiano Natale. Un regalo perpetuo. Non ho bisogno di oggetti, di feticci. Per me l’affetto che mi trasmette nel suo sguardo e nelle sue carezze sono tutto. Il resto stonerebbe. Si è commossa quando gliel’ho detto. Mi ha abbracciato.

Non so chi devo ringraziare, ma sarà il più bel Natale della mia vita. Anche con le tre vecchiette.

E’ prima mattina, una fredda mattina di sabato, la prima di convivenza natalizia da Lina. Mi alzo dal divano con la schiena intatta (il tempo me la resa molto delicata). Meno male. Nel silenzio mi raggiunge il suo russare. Un sottile filo di respiro increspato da strani rumori. Non so se preoccuparmi. La raggiungo, mi siedo accanto a lei e la guardo, in attesa. Le faccio una sorpresa: scendo velocemente a prendere due brioche, sotto la pasticceria non manca. Torno su ed è ancora nel mondo dei sogni.  Il respiro non è cambiato. Dovrò abituarmi? Ritorno sul divano, e osservo a lungo la stanza, la luce è pallida. Non regna certamente l’ordine che è nella mia casetta. Mi chiedo come potrò e se riuscirò ad entrare in uno spazio che non è mio, che è suo. Che non è nuovo per entrambi. Uno spazio che è proiezione delle proprie abitudini, delle proprie distrazioni, manie. Quanto lei potrà accettare di “metterci le mani”? E’ più forte di me. Comincio a mettere a posto. Con discrezione. Non mi accorgo che lei si è alzata e in silenzio mi osserva. Ma Gino, cosa fai? Ma lascia stare! Mi fermo: abbandono il pensiero, sorrido e le indico il pacchettino sul tavolo. Solleva il dito e sentenzia: cappuccino! E la giornata comincia. Il pensiero è proprio scivolato via.

parcoPer la mattina decidiamo di andare verso il centro, per goderci un po’ di atmosfera. Attraversiamo il parchetto sotto casa sua, anonimo. E’ Parco Solari. Deserto. Un fumo di nebbia rende i contorni incerti, i colori spenti. Incrociamo per caso una coppia, intenta nel loro jogging. Vestono talmente colori accesi che sembrano stonare con il circostante da foto bianco e nero. Li sento passare a lato, la ventata gelida lambisce le mie guance. Di sfuggita capisco che son coetanei. Mah! Alle mie spalle sento una voce, decisa: ma quella è Lina! Vieni, vieni.

Capisco che convergono su di noi. Mi preparo. Ci fermiamo.

“Ciao Lina, ma non mi riconosci? Lei si volta, e il freddo le concede un abbozzo di stupore. Sono Osvaldo, non ti ricordi? Quanto tempo! Come stai?”.

Lei per una volta non è pronta. Forse la temperatura non è a suo favore. Lo guarda meglio e lo stupore disgela sul volto. Si, Osvaldo, sì, sei tu! E si abbracciano. Posso immaginare si tratta del suo ex, quello della famigerata mail che “sbadatamente” mi ha mandato. Ma quanti anni sono passati? Piacere, io sono Osvaldo. E lei è mia moglie Luisa. Lina sorride, probabilmente non è imbarazzata dall’incontro, ma mi chiedo se mai lei nella sua vita abbia mai provato questo sentimento. E mi presenta: lui è Gino, un mio carissimo amico. Li guardo: lei, più colorata di lui, abbozza il sorriso e allunga la mano. Certo, fanno una bella coppia: lui alto e secco, secco, lei bassa, dotata di tutte le possibili immaginabili maniglie dell’amore. Rigorosamente entrambi cablati di cuffia e telefonino Apple sul braccio. Ah Lina, Lina, riprende, quanti anni sono passati! Lo sai Gino, tanti anni fa è accaduto, è stata una bella storia, intensa. E tu eri innamorata vero? E si rivolge ancora a me: pensa che per farmi decidere ha finto di essere improvvisamente invaghita di un altro. Diabolica!

Quella battuta mi ricorda qualcosa di recente … Comunque questo Osvaldo in quanto a delicatezza farebbe concorrenza a una formica cerebrolesa. Pollice verso.

Dopo un dialogo di una ventina di minuti, zeppo di “ti ricordi …” e “non immagini più …”, un supplizio per le mie estremità infreddolite (e non solo), il commiato.

Quando li abbiamo lasciati abbiamo camminato uno accanto all’altro senza una parola, fino a Piazza del Duomo. Non è da lei essere così silenziosa. Turbata dall’incontro? O che altro? Forse è riaffiorato in lei qualcosa. O imbarazzo per me? Ho atteso a lungo la sua voce. Arrivati in piazza del Duomo mi prende sotto braccio e mi dice: Gino, grazie per non aver forzato il mio silenzio. Ti ha dato fastidio?

“No, ma mi preoccupi, non è da te. Non comprendo che cosa sia accaduto”.

Non importa, Gino, non importa. Te ne parlerò, ma non ora.

Ho imparato che nella coppia esistono anche dei segreti. Di cui non essere gelosi.

Natale è ormai alle spalle. Lina e io abbiamo ormai una vertenza permanentemente aperta sulla convivenza, e per ora l’abbiamo risolta dotandoci ognuno a casa propria di un divano letto (identico) Ikea. Quando ne abbiamo voglia o io da lei o lei da me per qualche giorno. Due/tre, non di più. Un tempo giusto per non tormentare le reciproche abitudini, perché la piacevolezza dello stare insieme non si contamini pericolosamente con i piccoli conflitti del condividere uno stesso spazio (non tuo…). Lina ha accettato di buon grado: la convivenza dei giorni prima di Natale le hanno fatto capire che non è così scontato e facile, pur con tutta la buona volontà ed entusiasmo (di cui lei è soprattutto ben dotata), superare e risolvere le inevitabili incompatibilità che si presentano. E così il nostro rapporto procede. E’ lei ad organizzare il nostro tempo insieme: mi ha trascinato a un corso di ballo latino, per fortuna di quelli tranquilli, conferenze… Milano è un ricchissimo caleidoscopio di offerte. Abbiamo passato tre mesi così, insieme a qualche puntata al mio lago di Iseo (Montisola riesce ad essere fascinosa anche d’inverno …). Belli questi mesi, eppure…

E arriva la primavera. Una discussione partita per caso, davanti ad una pizza bio in una pizzeria un po’ rumorosa e distraente all’inizio di via Torino (ma comunque buona, buona …): Gino, adesso che viene la bella stagione, inizia lei, avrei voglia di girare un po’. Posti da vedere in giornata. Magari ci andiamo con qualcuno dei miei amici.

E “per caso” trae dalla borsa una piccola pubblicazione illustrata (la sua ispirazione). Mi concentro sugli ultimi bocconi della pizza mentre lei mi snocciola con piglio da venditore alcune mete lombarde.

Sono all’ultimo boccone e la guardo (lei ovviamente ha già finito da un pezzo), raccolgo le posate sul piatto, e mi fermo. Appoggio i gomiti sul tavolo e appoggio il mento nelle mie mani congiunte.

“Lina, questi tre mesi come sono stati per te? E’ solo una domanda, per capire”.

“Bah, si, sono stati piacevoli, abbiamo fatto cose molto interessanti. Perché non procedere così? Il lago di Iseo è bello, però possiamo anche visitare altro…o no? Gino, non ti va?”

“Sento che ti appassiona l’idea di queste visite. Questi tre mesi sono stati oltremodo piacevoli, sto bene con te, lo sai, sei stata una benedizione del cielo per me. Ma mentre ti ascoltavo la mia curiosità è rimasta sottotraccia. Come se mancasse qualcosa. E’ un po’ che ci penso. Tu pensi di spendere il nostro tempo insieme soprattutto in questo modo?”

Annuisce: “si, perché, qualche problema?”

“Il nostro incontro ha messo in moto in me, in te, energia positiva. Quante volte ci siamo sentiti dire “si vede che state bene insieme”. E’ il nostro tesoro. Mi chiedo se questa ricchezza non possa essere condivisa, essere di aiuto per qualcuno o per qualcosa. Se questa energia possa in qualche modo “rimettere in moto” motori spenti. Forse questo tempo gioioso che teniamo per noi lo sarebbe ancora di più se lo aprissimo ad altri. Mi segui? Donare questa nostra gioia per accendere nuova gioia”.

Lina mi guarda molto stupita. Aggrotta le ciglia, accenna di parlare, ma fa un lungo sospiro.

“Lina, volevo proporti di fare del volontariato insieme. Non so dove e come. Vorrei poter donare questa ricchezza che si è creata fra noi. Non sto dicendo di no alla tua idea delle visite turistiche. Ma sento che è venuto il momento per un passo ulteriore del nostro rapporto. Per me è come se la gita non mi bastasse più per stare con te. Non so, la vivrei come una chiusura egoistica. Credo che ci sia un tempo anche per la gita, certo. Anche”.

Lina è assorta. Ripone la pubblicazione nella borsa. Cerca la mia mano e me la stringe forte.

Lina, dimmi qualcosa. “Che cosa ne pensi? Te la sentiresti? Io ho voglia di questo passo, se non te la senti, io ti aspetto, ma voglio andare avanti”.

“Gino, non ho mai pensato ad una cosa del genere. Io ti vengo a proporre delle gitarelle e tu invece vieni a parlarmi di volontariato. Mi spiazzi”.

“Lina, guarda che uno non esclude assolutamente l’altro, voglio essere chiaro!”.

“Si, si, l’ho capito. Tu mi stai lasciando intendere un’altra idea di coppia, che non è quella implicita dietro le mie gite. Parliamone Gino, parliamone. Potrebbe essere una bella idea. Non ti lascio andare da solo. Vengo anch’io. Ma decidiamo insieme dove andare. Va bene?”.

Non mi aspettavo una adesione così rapida. I tempi erano maturi. E adesso si aprirà la discussione sul “dove andare”. E non sarà facile, credo…ma si apre qualcosa di nuovo.

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