12 – I farmaci equivalenti sono uguali ai corrispettivi altri medicinali? di Luca Pasina

Pubblicato il 16 Maggio 2024 in Wellness Salute
farmaci equivalenti

I medicinali equivalenti garantiscono pari prestazioni rispetto ai farmaci di riferimento, poiché offrono le stesse garanzie di qualità, efficacia e sicurezza. I procedimenti e i controlli adottati per la produzione dei farmaci equivalenti devono rispettare, infatti, rigorose procedure e linee-guida che sono utilizzate anche per la produzione di tutti gli altri medicinali

In Italia il consumo di farmaci equivalenti è ancora parecchio limitato, nonostante il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano adotti soluzioni che tendano a favorire l’impiego degli equivalenti (come la sostituibilità in farmacia e il prezzo di riferimento, per cui il paziente deve pagare l’eventuale differenza con il prezzo del farmaco scelto). Ogni anno la quota compartecipazione a carico del cittadino per l’acquisto di farmaci originatori a brevetto scaduto (ovvero per l’acquisto dei farmaci con nome di fantasia di cui sono disponibili gli equivalenti) si aggira intorno ad 1 miliardo di euro.

Gli operatori sanitari e spesso i pazienti nutrono a volte forti dubbi in merito alla possibilità di passare da un farmaco originatore al suo equivalente. Tuttavia la letteratura scientifica non evidenzia alcuna differenza in relazione alla loro efficacia, sicurezza e sostituibilità. Inoltre dai sistemi di farmacovigilanza, nazionali e internazionali, volti a monitorare la sicurezza dei medicinali dopo la loro immissione in commercio, non sono emersi segnali di allarme su possibili effetti indesiderati diversi da quelli già noti per i farmaci originatori.

Le perplessità verso l’utilizzo degli equivalenti sono con buona probabilità imputabili a un tipo di comunicazione che per molto tempo è stata indirizzata troppo sul risparmio generato dal loro utilizzo, piuttosto che sui criteri e i requisiti impiegati per la loro approvazione.

Farmaci equivalenti: cosa sono?

Il medicinale equivalente, chiamato inizialmente generico, è un farmaco che può essere messo in commercio solo dopo che è scaduto il brevetto del farmaco innovatore. Il termine generico, con cui sono stati inizialmente chiamati i farmaci equivalenti, derivava dalla traduzione letterale del termine inglese “generic” con cui viene indicato il nome chimico del principio attivo di un farmaco (per esempio per il diazepam il nome generico è: 7-cloro-1-metil-5-fenil-1,3-diidro-2H-1,4-benzodiazepin-2-one, che oltre a essere impossibile da ricordare è di per sé impronunciabile).

Tuttavia la traduzione letterale da “generic” a “generico” è stata spesso interpretata come sinonimo di farmaco dotato di scarsa specificità ed efficacia, e qualitativamente inferiore al farmaco di riferimento.

Da un punto di vista terapeutico, un medicinale equivalente può essere definito, invece, come un “prodotto essenzialmente simile” al farmaco innovatore, in quanto ha la stessa composizione quali-quantitativa di principio attivo e la stessa forma farmaceutica, anche se può differire nella composizione in eccipienti.

L’uso di eccipienti differenti non influisce tuttavia sulla sua efficacia o sicurezza, e l’equivalenza terapeutica con il farmaco originatore è garantita dalla dimostrazione della bioequivalenza.

Cosa si intende per bioequivalenza di due farmaci?

Due medicinali si definiscono tra loro bioequivalenti quando, dopo somministrazione della stessa, la biodispinibilità dei loro principi attivi (ovvero la quantità di principio attivo che viene assorbita nell’organismo) è la stessa.

La biodisponibilità è determinata dalla quantità e dalla velocità con cui un principio attivo viene rilasciato dalla formulazione farmaceutica (capsula, compressa, per esempio), rendendosi disponibile per essere assorbita ed entrare nel circolo sanguigno sistemico.

È facilmente intuibile che se due prodotti forniscono all’organismo la stessa dose plasmatica dello stesso principio attivo, producono anche gli stessi effetti e stessi rischi. Gli eccipienti non hanno infatti alcun effetto terapeutico e servono unicamente a veicolare il farmaco nell’organismo.

Per dimostrare la bioequivalenza tra il farmaco equivalente e il suo originatore vengono condotti studi specifici su un campione di volontari sani. Durante questi studi viene misurata a intervalli di tempo regolari la concentrazione plasmatica del principio attivo raggiunta inizialmente dal farmaco equivalente e poi da quello di riferimento: se queste misurazioni sono simili, o rientrano comunque in una variabilità ritenuta ininfluente sull’effetto terapeutico, i due farmaci si considerano bioequivalenti, ovvero equivalenti terapeutici.

Gli studi di bioequivalenza sono impiegati solo per i farmaci equivalenti?

La bioequivalenza non è una scorciatoia per approvare più velocemente i farmaci; infatti non viene utilizzata solamente come criterio per validare l’equivalenza terapeutica di un farmaco equivalente con il suo originatore.

Gli studi di bioequivalenza vengono utilizzati anche in altri contesti che riguardano in maniera specifica i farmaci di marca e i farmaci prodotti in co-marketing.

La produzione di un medicinale in co-marketing deriva, ad esempio, da una strategia di mercato che consiste nell’immettere in commercio una medesima specialità farmaceutica coperta da brevetto sotto due o tre marchi differenti e con altrettanti nomi di fantasia registrati. Questa strategia comporta l’esistenza in commercio di farmaci contenenti lo stesso principio attivo (ma eccipienti spesso diversi), ognuno commercializzato da un differente titolare dell’Autorizzazione all’Immissione in Commercio.

I farmaci in co-marketing vengono definiti farmaci copia e sono commercializzati in regime di copertura brevettuale. Per questi farmaci vengono applicati gli stessi concetti di bioequivalenza validi per i farmaci equivalenti.

Gli studi di bioequivalenza vengono inoltre applicati anche ai farmaci di marca quando vengono approvate nuove formulazioni farmaceutiche (es. soluzioni orali, compresse oro-dispersibili, soluzioni orali): in questi casi la bioequivalenza viene dimostrata rispetto alla formulazione (es. compresse) che per prima è stata studiata e messa in commercio.

farmaci equivalenti
Sono prodotti farmaceutici che contengono lo stesso principio attivo di comprovata efficacia terapeutica e sicurezza clinica, nella stessa quantità e con la stessa qualità del farmaco di riferimento originale detto anche “di marca” o “branded”, dal quale differiscono per il nome, gli eccipienti (molecole non attive presenti nel medicinale necessarie per garantire: a) stabilità molecolare e/o b) assimilazione, e/o c) solubilità al principio attivo.

Perché i farmaci equivalenti costano meno?

L’immissione in commercio di una nuova specialità medicinale è vincolata a tempi di ricerca molto lunghi, che oscillano tra i 10 e i 15 anni per la maggior parte dei farmaci, ma che in alcuni casi possono essere anche più lunghi. Ciò comporta un ingente dispendio di risorse economiche, completamente a carico dell’industria farmaceutica, che per prima ha scoperto la molecola.

I farmaci equivalenti devono essere venduti a prezzi inferiori in quanto le aziende produttrici sono esentate dalla conduzione sia degli studi pre-clinici sia degli studi clinici (a patto che venga dimostrata la bioequivalenza) dovendo, quindi, sostenere costi inferiori per la produzione. In Italia il prezzo al pubblico, stabilito per legge, dei medicinali equivalenti deve essere di almeno il 20% inferiore rispetto al prezzo del farmaco di riferimento, ma spesso si tratta di percentuali ben più alte.

Conclusioni

I farmaci equivalenti sono utili al SSN perché stimolano una competizione costruttiva del mercato dei farmaci, inducendo una riduzione del costo dei farmaci originatori a cui è scaduto il brevetto per effetto di una concorrenza diretta esercitata sul mercato.

È importante che operatori sanitari e cittadini siano consapevoli dell’equivalenza di questi prodotti rispetto all’originatore in termini di qualità, efficacia e sicurezza, al fine di evitare un inutile ritorno alla specialità medicinale di riferimento.

Uno studio condotto negli Stati Uniti tra il 2000 e il 2013 su una coorte di quasi 95.000 soggetti ha valutato la frequenza di ritorno all’impiego di farmaci originatori dopo un iniziale passaggio a medicinali equivalenti. Scopo dello studio era quello di stimare in quale misura l’aspetto e la composizione in eccipienti erano in grado di influenzare la percezione di efficacia e sicurezza degli equivalenti. Il ritorno agli originatori è risultato più frequente tra coloro che assumevano equivalenti che differivano dalla specialità medicinale di riferimento per tipo di eccipienti e/o aspetto fisico rispetto a coloro che assumevano equivalenti che presentavano identica composizione e aspetto.

È importante evitare che tali differenze riducano l’uso degli equivalenti per effetto nocebo, ovvero per la percezione di inefficacia o dell’insorgenza di effetti indesiderati a seguito della somministrazione di un trattamento attivo o inattivo. L’effetto nocebo può compromettere l’esito di una terapia e può dipendere dal modo in cui l’inizio di una terapia viene comunicato (es. eccessiva enfasi di possibili effetti indesiderati o scarsa discussione sulla qualità del nuovo farmaco).

Anche la comunicazione non verbale (es. atteggiamento o preoccupazione del personale sanitario durante la prescrizione o somministrazione di un trattamento) può indurre questo effetto. Appare quindi importante aver chiaro che differenze negli eccipienti, nel confezionamento o nell’aspetto non comportano differenze nell’effetto terapeutico.

Errate convinzioni sui farmaci equivalenti

  1. Il farmaco equivalente può contenere il 20% in meno della quantità di principio attivo: ± 20% è l’intervallo ritenuto accettabile per stabilire la bioequivalenza: due farmaci sono bioequivalenti quando il rapporto dei parametri della loro biodisponibilità (incluso l’intervallo di confidenza delle misurazioni) non supera il limite prefissato di ± 20%
  2. Gli equivalenti sono meno efficaci, richiedono maggior tempo per agire, hanno maggiori effetti indesiderati: contenendo lo stesso principio attivo e nelle stesse quantità, anche l’efficacia e gli effetti indesiderati sono gli stessi del farmaco di riferimento.
  3. La biodisponibilità può essere ridotta per effetto degli eccipienti: gli studi di bioequivalenza sono condotti sui profili plasmatici, dopo che il principio attivo è entrato nel circolo sistemico. Pertanto se un farmaco supera il test di bioequivalenza è perché i parametri della biodisponibilità soddisfano i requisiti richiesti.
  4. Possono causare una minor aderenza alle terapie: non ci sono motivi validi per cui l’aderenza non debba essere rispettata anche con gli equivalenti. Esistono solo segnalazioni aneddotiche. Gli studi condotti sull’osservazione di coorti molto numerose concludono il contrario: se i pazienti sono correttamente informati rispettano l’aderenza e gli esiti a lungo termine su efficacia e sicurezza non sono diversi tra equivalenti e originatori.

Letture consigliate

  • Meredith PA. Potential concerns about generic substitution: bioequivalence versus therapeutic equivalence of different amlodipine salt forms. Curr Med Res Opin 2009;25(9):2179–2189
  • Kjonniksen I, Lindbaek M, Granas AG. Patients’ experiences with and attitudes to generic substitution. Tidsskr Nor Laegeforen 2005;125(12):1682–1684
  • Kesselheim AS, Misono AS, Lee JL, et al. Clinical equivalence of generic and brand-name drugs used in cardiovascular disease: a systematic review and meta-analysis. JAMA 2008;300(21):2514-26.
  • Dentali F, Donadini MP, Clark N, et al. Brand name versus generic warfarin: a systematic review of the literature. Pharmacotherapy 2011;31(4):386-93
  • Gagne JJ, Choudhry NK, Kesselheim AS, et al. Comparative effectiveness of generic and brand-name statins on patient outcomes: a cohort study. Ann Intern Med 2014;16;161(6):400-7.
  • Gagne JJ, Kesselheim AS, Choudhry NK, et al. Comparative effectiveness of generic versus brand-name antiepileptic medications. Epilepsy Behav. 2015;52(Pt A):14-8.
  • Davit BM, Nwakama PE, Buehler GJ, et al. Comparing generic and innovator drugs: a review of 12 years of bioequivalence data from the United States Food and Drug Administration. Ann Pharmacotherapy 2009;43(10):1583-97.
  • Himmel W, Simmenroth-Nayda A, Niebling W, et al.What do primary care patients think about generic drugs? Int J Clin Pharmacol Ther 2005;43(10):472–479
  • Shrank WH, Cadarette SM, Cox E, et al. Is there a relationship between patient beliefs or communication about generic drugs and medication utilization? Med Care 2009;47(3):319–325
  • Desai RJ, et al. Differences in rates of switchbacks after switching from branded to authorized generic and branded to generic drug products: cohort study. BMJ. 2018

PasinaIl professor LUCA PASINA, laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche presso l’Università di Pavia, svolge dal 2003 l’attività di ricercatore nell’stituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano dove è Responsabile del Laboratorio di Farmacologia Clinica e Appropriatezza Prescrittiva.

Segue progetti di farmaco-epidemiologia volti alla valutazione e al miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva ed è responsabile dello sviluppo e aggiornamento di INTERCheck , uno strumento di supporto alla prescrizione realizzato con l’obiettivo di bilanciare rischi e benefici di una terapia farmacologica attraverso una valutazione che considera diversi aspetti della farmacologia, risultando così particolarmente adatto a valutare le terapie complesse dei soggetti anziani politrattati. Le principali aree di ricerca riguardano: la valutazione del rischio di eventi avversi correlati a interazioni tra farmaci e la valutazione del rischio di deficit cognitivo e funzionale associato all’utilizzo di farmaci con effetti anticolinergici.

Segue inoltre progetti volti a razionalizzare la prescrizione dei farmaci in ambito ospedaliero, territoriale e nelle residenze sanitarie assistite attraverso la formazione del personale sanitario; e progetti mirati ad incentivare l’uso dei farmaci equivalenti e dei biosimilari attraverso interventi di formazione e informazione indipendente.

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