T20: disuguaglianze, la sfida per la ripresa

Pubblicato il 7 Ottobre 2021 in Green

Nell’ultimo anno, i vaccini hanno contribuito a salvare milioni di vite. E gli stimoli economici senza precedenti stanziati dai governi stanno proiettando il mondo da una fase di crisi a una di ripresa e rilancio. Ma questa è solo una parte della storia. La ripresa globale rimane inchiodata alla pandemia e alle disuguaglianze preesistenti, generando un recupero a corrente alternata. Si osserva così un enorme divario sulla vaccinazione, con paesi ricchi che programmano la terza fase di somministrazione e paesi poveri con scarso o nessun accesso ai vaccini, e disparità profonde nella loro capacità di rispondere e sostenere la ripresa e di investire per il futuro. Perché quella da Covid-19 “non è solo una pandemia sanitaria, ma anche delle disparità, che la crisi ha allargato a dismisura”, ha avvertito Jeffrey Sachs, economista e direttore del Centro per lo sviluppo sostenibile della Columbia University intervenendo oggi ai lavori del T20 Summit in corso a Milano fino al 6 ottobre. Un incontro preparatorio delle sfide globali al centro del G20 in programma a Roma alla fine di ottobre e della COP26, la prossima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre. Alla tre giorni di incontri, promossa dall’ISPI, National Coordinator e Chair del T20, partecipano tra gli altri il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus; l’Alto commissario dell’Onu per i diritti umani Michelle Bachelet; la direttrice generale del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva; il premio Nobel per l’economia 2019 Esther Duflo e l’astronauta Samantha Cristoforetti.

Le disuguaglianze rallentano la ripresa?

A luglio il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) aveva previsto una crescita globale del 6% per il 2021. “Ma nell’outlook economico aggiornato, che sarà pubblicato la prossima settimana, prevediamo che la crescita si moderi leggermente”, ha spiegato la Managing Director del Fmi Kristalina Georgieva, secondo cui “Se non siamo capaci di camminare correttamente in avanti, è perché è come se camminassimo con dei sassi nelle scarpe”. Il primo è la divergenza nella crescita economica. Se Stati Uniti e Cina rimangono motori vitali della crescita in molti altri paesi, lo slancio per la ripresa continua a rallentare, ostacolato dal basso accesso a vaccini e da risposte politiche limitate, specialmente negli stati a basso reddito. “Si prevede che la produzione economica nelle economie avanzate tornerà alle tendenze pre-pandemia entro il 2022. Ma la maggior parte dei paesi emergenti e in via di sviluppo impiegherà ancora molti anni per riprendersi”, ha spiegato Georgieva. Questa ripresa ritardata renderà ancora più difficile evitare danni economici a lungo termine anche dalla perdita di posti di lavoro, che ha colpito soprattutto i giovani, le donne e i lavoratori informali.

 

Inflazione e debito: sassi nelle scarpe?

Il secondo ‘sasso’ nella scarpa è l’inflazione, aumentata rapidamente in molti paesi ma che, ancora una volta colpisce in modo più massiccio e durevole i paesi emergenti e le economie in via di sviluppo. In particolare preoccupa l’aumento dei prezzi alimentari globali, cresciuti di oltre il 30% nell’ultimo anno. Insieme agli aumenti dei prezzi dell’energia, che mettono ulteriormente pressione sulle famiglie più povere. Un discorso che porta direttamente alla terza “pietra”: il debito. Secondo il Fmi nel corso della pandemia il debito pubblico globale è aumentato fino a quasi il 100% del Pil. Quindi, “come possiamo rimuovere queste pietre dalle nostre scarpe e superare questi divari e ostacoli alla crescita?” ha chiesto Georgieva, aggiungendo che “la risposta è: vaccinare, calibrare e accelerare”. Vaccinare almeno il 40% della popolazione mondiale in tutti i paesi entro la fine di quest’anno e almeno il 70% entro la prima metà del 2022; calibrare le politiche fiscali e l’accesso ai finanziamenti; accelerare le riforme necessarie per trasformare le economie e renderle più produttive e più inclusive.

Riformare Fmi e Banca Mondiale?

“Spero che il mio amico e primo ministro italiano Mario Draghi voglia pronunciare al G20 un nuovo ‘Whatever it takes’ con il quale solleciti le istituzioni a trovare i finanziamenti necessari per battere il Covid, le future pandemie e le altre minacce globali”. Così nella giornata di ieri Larry Summers, ex capo economista della Banca Mondiale e segretario al Tesoro di Bill Clinton nonché consulente di Barack Obama, aveva concluso il suo intervento al T20 Summit. Per Summers dal prossimo G20 a guida italiana dovrà uscire un “messaggio politico forte e di vasta portata”, come quello di una riforma delle principali istituzioni sovrannazionali, Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale in primis, che fino a questo momento hanno giocato un ruolo minore nella lotta alle minacce globali. Nei prossimi anni “il mondo avrà bisogno di forti flussi di nuovo credito, per gestire la fase dei cambiamenti climatici, per esempio”, servirà allargare il campo d’azione degli organismi sovrannazionali, ha osservato, per arrivare dove le banche centrali e i governi si fermeranno. “I leader globali devono lavorare per trovare nuove forme di governance e multilateralismo, ripensando il modo in cui si agisce insieme”, gli ha fatto eco il presidente ISPI, Giampiero Massolo. “Le minacce sono globali, le risposte devono essere locali ma non troppo, per evitare il rischio di focalizzarsi sugli interessi nazionali”.

Il commento

Di Jeffrey Sachs, Director, Center for Sustainable Development, Columbia University, USA

“Per la prima volta dall’adozione degli Obiettivi di Sviluppo sostenibile (Sdg) nel 2015, nel 2020 il mondo ha fatto marcia indietro sugli obiettivi di sviluppo sostenibile. La sfida per il futuro è investire simultaneamente nelle infrastrutture, e quindi nell’economia, nel pianeta e nelle persone. Al momento, dal mio punto di vista, la grande incognita è quella finanziaria. I paesi ricchi possono accedere a linee di credito e prestiti quando vogliono e a tassi di interesse competitivi. I paesi poveri invece non hanno abbastanza liquidità per garantirsi gli investimenti e sono esclusi da prestiti a basso costo, essenziali per finanziare infrastrutture green e digitali su cui costruire il futuro di tutti”.

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