Si definisce efficace un farmaco che viene assunto a un determinato dosaggio e che è in grado di agire nel nostro corpo per esprimere l’effetto benefico voluto e con il minor rischio possibile di effetti collaterali. L’efficacia di un farmaco, quindi, si può misurare
Per verificare se un farmaco ha effetto su una determinata malattia, o su un sintomo, per valutare, dunque, l’efficacia di un farmaco, bisogna svolgere studi scientifici specifici. Bisogna agire per step; il metodo scientifico è alla base: osservare un fattore, riprodurre l’evento nelle medesime condizioni (sperimentazione), misurare l’evento e produrre risultati per poter produrre una generalizzazione e avere conferma di tali risultati attraverso un certo numero di ripetizioni.
La sperimentazione si articola in diverse fasi e viene effettuata prima in laboratorio e in modelli animali (sperimentazione preclinica) e poi sull’uomo (sperimentazione clinica). Solo dopo che sono stati ottenuti risultati promettenti nella fase preclinica, si può eseguire la sperimentazione sull’uomo. Vediamo qui di descrivere le fasi di sperimentazione sull’uomo.
L’efficacia di un farmaco si misura scientificamente con fasi diverse di sperimentazione
Prima di poter essere commercializzati, tutti i nuovi farmaci devono superare una lunga fase di sperimentazione, un iter molto costoso, le cui diverse fasi sono delineate da leggi utili a garantire l’eticità dello studio e in grado di ridurre i rischi per i pazienti. Le sperimentazioni cliniche vengono effettuate nelle strutture ospedaliere e/o universitarie pubbliche o private autorizzate.
La prima valutazione viene condotta su un piccolo gruppo di volontari sani, il cui obiettivo è di verificare se il farmaco è sicuro e tollerabile nell’uomo, ossia se non induce effetti collaterali gravi. Questo permette di avere una prima indicazione di possibili eventi avversi lievi. Sono detti studi di ”fase 1”.
Se il farmaco risulta sicuro e tollerabile, si passa agli studi chiamati “fase 2”, che si svolgono su soggetti che hanno la patologia di interesse. Con questi studi si continua a tenere monitorata la sicurezza del farmaco, si verifica il dosaggio migliore da somministrare (si eseguono degli studi appositi per vedere quale, tra i diversi dosaggi potenzialmente efficaci, dia un effetto iniziale sulla progressione o sui sintomi della malattia), si testa se il farmaco ha un effetto biologico e/o clinico sulla malattia.
Sono in genere svolti su un centinaio di soggetti, i quali devono avere delle caratteristiche specifiche (che in gergo si chiamano “criteri di inclusione e di esclusione”), perché dobbiamo testare il nostro farmaco su un gruppo di pazienti potenzialmente simili tra loro, per essere abbastanza sicuri che non ci siano fattori che possano mascherare (in modo positivo o negativo) l’effetto del trattamento testato.
Tra i criteri di selezione di solito ci sono alcune caratteristiche specifiche della malattia, età, presenza di altre patologie (che potrebbero influire sui risultati dello studio o per le quali il farmaco testato potrebbe dare effetti negativi al soggetto) o di altre terapie concomitanti assunte.
Se gli studi di fase 2 forniscono una indicazione di effetto positivo del trattamento, si passa agli studi di “fase 3”, il cui obiettivo è quello di verificare l’efficacia del trattamento. Sono condotti su diverse centinaia di pazienti, sempre con caratteristiche simili tra loro, con i quali si indaga se il farmaco abbia un effetto benefico sulla malattia, a fronte di possibili eventi avversi che vengono sempre monitorati anche in questa fase. Negli studi di fase 2 e di fase 3 di solito si dividono i pazienti in due gruppi:
- uno riceverà la terapia standard disponibile e/o il placebo (ossia una sostanza che è uguale per colore, sapore, forma al farmaco da testare, ma che non contiene alcun principio attivo) e
- all’altro si somministra il trattamento test in aggiunta alla terapia standard.
Questa suddivisione serve per esser certi che eventuali differenze tra i soggetti inclusi possano essere casualmente distribuite nei due gruppi, al fine di avere un grado di certezza maggiore: qualsiasi osservazione faremo a fine studio, dipenderà prevalentemente dal prodotto assunto (farmaco test o placebo) e non da altri fattori.
Tutto ciò viene gestito da tecniche statistiche specifiche. Una volta che è stata dimostrata l’efficacia di un trattamento, questo può essere commercializzato, ma verrà comunque tenuto sotto controllo tramite gli studi di “fase 4”. In questa fase, che può durare qualche anno, si acquisiscono ulteriori e nuove informazioni e vengono valutate le reazioni avverse più rare, quelle che negli studi clinici non potevano emergere, ma che con l’uso di massa del nuovo farmaco possono diventare rilevabili.
Efficacia di un farmaco: quale rischio in chi partecipa alla sperimentazione?
Purtroppo non esiste un modo per evitare tutti i rischi. Per poter assicurare la condizione migliore possibile ai pazienti partecipanti sono state inserite delle regole internazionali che permettano la protezione della salute e dei diritti di coloro che partecipano alle sperimentazioni.
Ne elenchiamo sinteticamente alcune:
- Consenso informato: è l’ espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi negli artt. 13 e 32 della Costituzione Italiana, i quali stabiliscono, rispettivamente, che «la libertà personale è inviolabile», e che «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Ciascun soggetto che potenzialmente potrebbe entrare nella sperimentazione deve essere adeguatamente informato su scopi, metodi, provenienza dei fondi, e qualsiasi possibile conflitto di interessi, affiliazioni istituzionali dei ricercatori coinvolti, benefici attesi e potenziali rischi dello studio, disagi che potrebbe comportare, disposizioni post-studio e qualsiasi altro aspetto rilevante dello studio stesso.
- Comitati etici: tutti gli studi clinici devono essere valutati da un gruppo di persone esperte che verificano che la sperimentazione proposta rispetti i diritti dei pazienti coinvolti, sia condotta secondo tutte le normative vigenti, abbia un buon razionale che ne giustifichi la richiesta di sperimentazione stessa, che i potenziali benefici siano largamente superiori ai rischi dei soggetti partecipanti, che, in caso di interessi commerciali, questi non possano influenzare la conduzione e i risultati dello studio. Questo gruppo di esperti è formato da persone che non sono coinvolte in alcun aspetto della sperimentazione da valutare, e per questo si definiscono “indipendenti”.
- Buona pratica clinica: Sono regole internazionali standard necessarie per disegnare, condurre, eseguire, monitorare, effettuare audit, raccogliere dati, analizzare le informazioni e generare report di clinical trial che coinvolgono soggetti umani, così che ci si assicuri che i dati dei clinical trial siano credibili e accurati, che siano stati arruolati pazienti adeguati e che siano protette l’integrità e la confidenzialità dei dati.
La dottoressa ELISABETTA PUPILLO, laureata in farmacia e specializzata in ricerca biomedica e in epidemiologia, lavora all’Istituto Mario Negri dal 2007 e da 4 anni conduce l’unità di epidemiologia delle malattie neurodegenerative, dove si svolgono studi clinici sperimentali e osservazionali per meglio conoscere le cause e le possibili terapie di alcune malattie.
Per maggiori informazioni:
https://www.marionegri.it/personale/elisabetta-pupillo
https://www.researchgate.net/profile/Elisabetta-Pupillo
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/myncbi/1bgavXpd734Q1/bibliography/public/
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