Ultimo giorno in Cina, partenza da Kunming alle sei del mattino, ressa di passeggeri e offerta straripante di fritti e noodles, uno stordimento! Stazione controllata non solo dalla polizia ma dall’esercito con delle torrette. Qui nel 2014 c’è stato un sanguinoso attacco terroristico: ventinove morti accoltellati. Treno che sale tra bellissime montagne e piantagioni di ananas. Arrivo alla stazione di Heiko, l’ultima in Cina e taxi per la frontiera; poi a piedi sul ponte che divide le due nazioni. Entrare in Vietnam è stato facile, poche domande e via col visto. Di corsa un ottimo bus per Hanoi con partenza dopo mezz’ora, addirittura con WIFI. Purtroppo sarà solo una piacevole eccezione in Vietnam, il resto sarà un incubo. Dopo quattro ore arrivo nella periferia della capitale in mezzo al traffico feroce e da lì un’altra oretta per l’ostello. Prima cena vietnamita e riconosco i posti dove ero stato diverse volte quando ero a Hanoi per lavoro. Due giorni dopo incontro Gabriella e mio genero Peter venuti dall’Australia per unirsi nella discesa verso Saigon. Un’anticipazione di quando ci vedremo in Australia.
Veloce visita della città, e poi bus per Hailong dove vivono dei familiari di Peter. All’inizio sembra tutto ok: bus grande, pieno ma regolare, ma dopo poco mi accorgo che continua a fermarsi a ogni angolo e fa salire gente mettendo sedie in mezzo alle file e combinando tre nei posti per due, insomma più ce ne stanno meglio è. Il bus presto diventa una bolgia e manca l’aria. Mi porto avanti pure io su seggiola di plastica vicino all’autista e stringo i denti. Sapendo come soffro di claustrofobia in queste condizioni non so come abbia fatto a resistere schiacciato come una sardina. Infine arriviamo a Hailong dove gli zii di Peter ci accolgono calorosamente. Meno male che oltre a Peter c’è il traduttore di internet e la buona volontà! La mattina andiamo a trovare sua nonna: un personaggio. Un’arzilla signora di oltre novant’anni che legge senza occhiali e ci sente benissimo. Ci racconta episodi della sua vita, come quando era stata catturata dai francesi perché, facendo la postina, passava messaggi per la resistenza. Saremmo rimasti di più, ma dovevamo prendere il ferry per l’isola di Cai Ba, vicino a Halong Bay. Qui abbiamo concordato un giro in barca direttamente con un pescatore, saltando le tante agenzie. I paesaggi di Halong Bay sono stupendi e le colline che scendono a strapiombo sul mare sembrano una versione marina della navigazione sul fiume Li in Cina. Angoli tranquilli e natura straripante che ci siamo goduti sia nuotando nelle baie, sia affittando dei kayak.
Dopodiché, a fine pomeriggio, abbiamo preso il bus direzione sud per Ninh Sinh; cinque ore di raccolta di passeggeri per strada da mettere in mezzo alle file. A Ninh Sinh ci siamo sistemati molto bene presso una famiglia serena e gentile dove abbiamo assaggiato un ottimo forte vino di riso preparato in casa. I giorni successivi abbiamo preso degli scooter per visitare Hoa Lu, l’antica capitale nel X secolo. Qui in un tempio abbiamo incontrato una vecchia con tre bimbe piccole che ci ha detto che le hanno raccolte anni prima quando le avevano abbandonate davanti al portone; una pesava meno di due chili, un miracolo che ce l’abbia fatta! Lasciamo un po’ di soldi, ma ci si sente in ogni caso impotenti davanti a queste situazioni. Peter a cena mi dice che una delle donne gli ha detto: “perché non ne adotti una, che il cielo le assista…“. Il giorno dopo nel pomeriggio siamo andati a Trang An per fare un giro in barca, ma era troppo tardi. Per fortuna perché abbiamo deciso di prendere lo scooter e andare in una valle laterale, scoprendo la stupenda pagoda di Bich Dong, isolata fra i campi di riso e colma di spiritualità, dove un monaco pregava con l’accompagnamento di uno strumento musicale tipo tamburo. Poi abbiamo continuato per la valle di Tam Coc dove vi sono colline tipo Halong bay, stagni pescosi e risaie. A fine valle c’è un ostello in uno scenario alla Apocalipse now.
Quindi era previsto il viaggio per Hue sul night bus con partenza alle nove, ma poco dopo essere saliti sul bus diviene evidente che nonostante le assicurazioni ricevute prima di comprare il biglietto, è il solito andazzo: più ce ne stanno meglio é, gente a mucchi che siede in mezzo e blocca le uscite con autista e bigliettaio che si dividono i soldi extra che raccolgono. Quindi dopo una discussione feroce scendiamo facendoci ridare i soldi. Il giorno dopo ritorno all’amato treno che in undici ore ci porta a Hue, dove la città vecchia non é male ma si vede che è rifatta perché distrutta dai bombardamenti della guerra. Quindi corto spostamento a Hoi Han in un bel percorso lungo l’oceano con scorci di spiagge e lagune dove allevano pesci. Sosta al Van Pass, il famoso passo che divide geograficamente il sud dal nord e che nel passato lo divideva pure politicamente. Qui iniziava la zona demilitarizzata che in effetti era la zona dove avvenivano gli scontri più frequenti e sanguinosi. Di passaggio a Danang, stop a China Beach dove nel marzo del 1965, tremilacinquecento marines sbarcarono inaugurando gli arrivi in massa dell’esercito USA. Questa località divenne poi località R&R (rest and recreation) per le licenze dalla guerra e da lì é iniziata la sua vocazione turistica. Oggi sul lungomare i giovani girano con magliette con simboli e bandiere USA : follie della guerra. Prossimi stop saranno ancora più a sud, sperando di poter visitare le Central Highland, dove ho adottato a distanza una bambina.
Nell’anima non ho neanche un capello bianco – Vladmir Majakovskij –
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