13 settembre 2019
Passato il Km 2102 della Transiberiana, sono entrato geograficamente in Siberia. Nei due giorni di stop a Novosibirsk, oltre a visitare la città ho anche incontrato un gruppo di studenti d’inglese che mi hanno invitato a un incontro sul tema del viaggio. La visita della città è stata facile in quanto i luoghi principali si trovano nei pressi della piazza Lenina, principale punto d’incontro e luogo ben servito dalla metropolitana. Invece il gruppo di studenti abitava ad Akademgorodok, a una trentina di chilometri dal centro. Questa località fu creata a fine anni cinquanta come esperimento di eccellenza scientifica e all’epoca ospitava più di sessantamila abitanti tra scienziati, famiglie e addetti tecnici. All’epoca era una località chiusa agli stranieri e viverci era privilegio in quanto gli abitanti potevano disporre di beni introvabili altrove. Con la caduta del muro, la ricerca si è riciclata nel campo dell’informatica tanto che oggi, un po’ presuntuosamente, è chiamata la Silicon valley della taiga.
Mi hanno sorpreso gli ingorghi stradali incontrati per raggiungerla; pur considerando che Novosibirsk è la terza città russa in ordine di grandezza, mai avrei immaginato d’impiegare quasi due ore per percorrere la trentina di chilometri di distanza da Akademgorodok. Da non crederci, considerando che si è circondati dalla steppa dove gli spazi sono immensi.
Domenica mattina ho lasciato Novosibirsk per raggiungere dopo un viaggio di trentaquattro ore, Irkutst e il Baikal. Per carenza di disponibilità questa volta sapevo che avrei viaggiato in terza classe. Nei treni russi la terza classe corrisponde a un vagone con cinquantaquattro posti letto organizzati in nove gruppi; praticamente un lungo corridoio senza divisori, con settori da sei posti: quattro da una parte e due dall’altra. A fondo carrozza vi è una toilette e nel vagone vige una perenne illuminazione, attenuata solamente dopo le ventidue. Poco male, pure questa sarebbe stata una esperienza, però avendo il sonno leggero mi domandavo se e quanto sarei riuscito a dormire. Cosi arrivato al binario dove attendeva il treno con destinazione Vladivostock, ho chiesto se era possibile fare l’upgrade in seconda classe. Avendo ricevuto solo risposte negative, ho desistito facendo buon viso a cattiva sorte. Le ore del pomeriggio sono passate leggiucchiando, curiosando gli altri passeggeri, finché infine mi sono sistemato per la notte. Ma il bello doveva ancora arrivare! Saranno state le tre di notte e alla stazione di Krasnoyarsk mi sono svegliato per un casino assurdo. Alzato lo sguardo, ho visto una fila ininterrotta di figure ingobbite da bagagli che urlava chiamandosi in una lingua impossibile da inquadrare. Un vero assalto al vagone condotto da un esercito invasore. Spostare i bagagli degli altri per sistemare i propri, chiamarsi a squarciagola, tirare fuori del cibo e offrirselo come a una festa di paese: tutto era accettabile, la sola regola era fregarsene degli altri. Insomma a quel punto di dormire neanche a pensarci!
La mattina dopo investigando con gli altri passeggeri, ho poi scoperto che si trattava di circa una trentina di operai nord coreani che probabilmente avevano finito il contratto di lavoro e stavano tornando in Corea passando da Vladivostock. Da quel momento il vagone è diventato un bazar: si mangiava di tutto e a tutte le ore, ci si accomodava dove meglio pareva, e salutarsi urlando non so cosa da un capo all’altro del vagone era di rigore. Siamo cosi avanzati nella steppa, mentre intanto ho fatto amicizia con un ragazzo kirghiso di Bishek, pure lui diretto a Irkutst per frequentare l’Università. Aveva attraversato tutto il Kazakistan per arrivare a Yekaterinburg e prendere la Transiberiana. Come Dio vuole, arrivata la sera sono sceso a Irkutst. Lasciati i miei occasionali compagni, mi sono diretto verso l’uscita contando come programmato che l’ostello fosse vicino alla stazione e quindi potessi raggiungerlo agevolmente a piedi. In realtà anche se il tragitto non era molto, google maps mi ha fatto passare con zaino e borsone su per una ripida scalinata e poi per viottoli infangati dove petulanti alcolizzati chiedevano dove andavo e si proponevano come guide per soldi. Mandatili a quel paese, ho raggiunto l’albergo che per fortuna era nuovo e pulito. Peccato che ormai nei dintorni non vi erano più ristoranti aperti e allora cena con patatine e noccioline come degna conclusione della giornata. Poi però mi sono ricordato della riserva di parmigiano, e allora l’umore è risalito. Intanto il giorno dopo sarei andato al Baikal e già mi pregustavo i paesaggi.
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