L’economia, la diffusione dei contagi, i ritardi nel dare l’allerta e le relazioni tra stati. L’epidemia di coronavirus, o Covid-19 come è stato ribattezzato, sta mettendo a dura prova l’immagine di Pechino e le relazioni della Cina con il resto del mondo.
Per la prima volta nella storia del Partito popolare cinese, il presidente Xi Jinping ha diffuso il testo integrale del discorso tenuto al Politburo lo scorso 7 gennaio. Lo ha fatto per dimostrare di aver preso provvedimenti tempestivi contro l’epidemia da coronavirus e smontare le accuse di chi lo tacciava di inefficienza. Non era mai accaduto prima d’ora che un leader del partito che governa la Cina avesse dovuto giustificarsi agli occhi dell’opinione pubblica in questo modo. Mentre ancora pesano le incognite sul virus, Pechino si trova a fare i conti con una sfida inedita, le cui ricadute si protrarranno nei mesi a venire.
A che punto è l’epidemia?
Il numero dei casi sta salendo ma al momento sembra si sia superato il picco dei contagi. Ad oggi il focolaio peggiore è in Cina, dove i malati hanno raggiunto oltre le 70.000 persone e i morti sono più di 1.700 soltanto nella provincia dell’Hubei. Ma la buona notizia è che sale anche il numero delle guarigioni, anche se una terapia vera e propria ancora non esiste. In Cina è stato lanciato un appello per raccogliere il sangue dei pazienti guariti che si sarebbe rivelato efficace nel contrasto del virus, mentre la banca Centrale ha disposto una quarantena per le banconote provenienti dalle provincie più a rischio. Nel resto del mondo si guarda con attenzione all’Africa, dopo il primo caso diagnosticato in Egitto e la creazione di una Task Force continentale per far fronte alla diffusione. Il timore è per un continente i cui sistemi sanitari sono considerati deboli e ad alto rischio.
Quarantena totale?
Da ieri nella provincia dello Hubei, epicentro dell’epidemia, oltre 60 milioni di persone non possono uscire di casa se non per le emergenze. Una persona per famiglia potrà uscire ogni tre giorni per fare la spesa. Tutti gli esercizi commerciali restano chiusi, ad eccezione di farmacie, hotel, alimentari e servizi medici. Una quarantena totale e unica al mondo, mentre il partito comunista cinese è sotto il fuoco di fila degli accusatori che puntano il dito contro amministratori locali e dirigenti, per il diffondersi dei casi di contagio.
Stress test per il PCC?
Le accuse, per la prima volta nella storia del partito, arrivano al presidente Xi Jinping in persona, che nei giorni scorsi, armato di mascherina e guanti, si era fatto riprendere durante una visita in un centro di prevenzione e controllo sanitario a Pechino. Xi ha assicurato che l’obiettivo di creare una società “moderatamente prospera” per il 2021 resta raggiungibile, ma per il partito e il patto sociale con i cittadini, l’epidemia si sta rapidamente trasformando in uno stress test senza precedenti. Sul web, video e messaggi di utenti che criticano la gestione della crisi si moltiplicano, mentre le immagini delle forze dell’ordine che trascinano via dalle loro case persone sospettate di contagio hanno fatto il giro del mondo.
Giochi di Tokyo a rischio?
Se su turismo, commerci, trasporti, e sull’economia in generale, le ricadute della quarantena sono già concrete, si fa sempre più “caldo” il dossier olimpico, con i Giochi di Tokyo 2020 che si avvicinano. Diversi eventi e gare di qualificazione sono già stati rinviati o riprogrammati, mentre per l’evento in sé che si terrà nei mesi di luglio e agosto, il comitato olimpico ha stimato tra i 36 e i 40 milioni di visitatori. Le prossime settimane saranno cruciali per chiarire se le previsioni e le prenotazioni saranno confermate. Intanto in Cina cresce il numero degli economisti che chiedono al governo centrale di rinviare la fase uno degli Accordi commerciali con gli Stati Uniti, alla luce degli effetti negativi che l’epidemia sta avendo sulla domanda interna. Difficilmente Pechino potrà mantenere le promesse di acquistare enormi quantità di materie prima dagli USA (promesse che, tra l’altro, molti consideravano irrealistiche già prima).
Una Chernobyl cinese?
“Il confronto è allettante – scrive Sylvie Kauffmann su Le Monde – due disastri spettacolari entrambi con conseguenze mortali, due regimi autoritari reticenti alla trasparenza e, in entrambi i casi, i cittadini si sono ribellati al fatto che il potere ha nascosto loro la verità, invece di salvaguardare la loro salute”. Il riferimento è all’ ‘Effetto Chernobyl’ di cui in questi giorni si è parlato per la Cina, ipotizzando che l’epidemia di coronavirus possa avere lo stesso esito dirompente dell’incidente alla centrale nucleare sovietica che nel 1986 divenne la prima breccia nella cortina di ferro. Difficile prevedere un esito così travolgente, ma val la pena notare che il controllo della Cina sui dissidenti, già capillare, è ai massimi livelli. Nel weekend, un attivista cinese e la sua fidanzata, che avevano pubblicamente accusato Xi di aver insabbiato l’allarme dei medici e i primi casi sospetti di coronavirus, sono scomparsi. Secondo il New York Times potrebbero essere stati arrestati dal governo.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.