La Banca Centrale Europea annuncia un programma straordinario da 750 miliardi di euro per l’acquisto di obbligazioni pubbliche e private dei paesi membri dell’eurozona. In una sola parola: liquidità. Il piano serve a contrastare gli effetti del coronavirus che in pochi giorni ha affondato i listini internazionali e ad evitare il peggio all’economia europea. “Tempi straordinari richiedono azioni straordinarie”, ha twittato la presidente della Bce Christine Lagarde, bersaglio di critiche nei giorni scorsi per affermazioni che avevano contribuito a far salire lo spread. Parafrasando l’ormai famoso “whatever it takes” di Mario Draghi, pronunciato nel 2012 in occasione di un’altra crisi, quella innescata nel 2008 dai mutui subprime, la presidente ha aggiunto che “non ci sono limiti al nostro impegno nei confronti dell’euro”. Sommando il cosiddetto Quantitative Easing (QE) da 20 miliardi al mese, i 120 miliardi di euro promessi dalla riunione del board della scorsa settimana, e i 750 annunciati ieri si ottiene un totale di oltre mille miliardi per il 2020.
Dopo i tentennamenti dei giorni scorsi, quando il pacchetto da 120 miliardi aveva deluso i mercati, l’Eurotower ha finalmente imbracciato il bazooka e sparato il primo, forte colpo per salvare il continente dagli effetti la pandemia.
Un cambio di rotta?
Una boccata d’ossigeno: così i mercati hanno accolto in apertura delle borse questa mattina il provvedimento, annunciato intorno alla mezzanotte di ieri. La promessa di 750 miliardi ha domato anche lo spread italiano (la differenza tra il tasso d’interesse dei titoli a 10 anni della Germania e i nostri) che dai massimi di ieri – oltre i 300 punti base – è precipitato a quota 190. Ma accanto al differenziale nostrano, in questi giorni, si sono allargati anche quelli di paesi come Francia e Olanda. Segno che il Coronavirus rischia di rimettere in discussione la tenuta dell’Eurozona. Di qui il cambio di rotta della Bce attraverso questo nuovo QE: grazie agli acquisti della Banca Centrale, gli stati membri e le aziende private possono contare su qualcuno disposto a farsi carico dei loro strumenti di debito in alternativa al mercato, che per lo stesso “rischio” avrebbe sicuramento richiesto interessi molto più alti.
Cosa prevede il nuovo programma?
Il nuovo programma si chiamerà “Pandemic Emergency Purchase Program” (Pepp), e proseguirà fino alla fine del 2020. Sarà accompagnato dal precedente programma da 120 miliardi e dal rinnovo dei 2.800 miliardi di euro di titoli già acquistati durante le precedenti iniziative portate avanti durante il mandato di Draghi. Col Pepp, la Bce comprerà titoli pubblici e privati, inclusi i titoli greci e i commercial paper, di fatto le cambiali che tengono in vita molte piccole e medie aziende e che l’effetto dirompente del coronavirus sta mandando in tilt. La Bce si reinserisce nel solco tracciato da Mario Draghi, con una cura che inietta molta liquidità e crea un paracadute per l’economia europea, sull’orlo della recessione.
Cosa cambia per l’Italia?
Nell’annunciare il programma, Lagarde ha specificato che la Bce è pronta a superare i limiti che si è autoimposta pur di proteggere l’economia dell’eurozona. La frase lascia intendere la possibilità di derogare al cosiddetto “acquisto per capital key”, una regola che obbliga la Banca Centrale ad acquistare titoli in proporzione al capitale detenuto dalla banca centrale di ogni paese (a sua volta grossomodo proporzionale al Pil). Un annuncio molto atteso da analisti e investitori, perché significa che, potenzialmente, la Bce potrà concentrare i suoi acquisti sui titoli di paesi in particolare difficoltà (leggi Italia, ma non solo).
Il Pepp basterà?
Alla Bce sono consapevoli che le misure messe in campo per inondare di liquidità il mercato, fornendo prestiti a tasso zero alle banche e alle imprese, non basteranno. Si tratta comunque di prestiti e il mondo sta precipitando in una doppia crisi, di domanda e di offerta. Per evitare che le aziende falliscano, i governi e le istituzioni comunitarie dovranno fare la loro parte con ambiziose politiche di bilancio. Quanto alla Bce sarà chiamata ad acquistare parte dei titoli emessi proprio per finanziare queste politiche. Un primo forte segnale è arrivato ieri dalla Bce, ma potrebbe non essere l’ultimo di cui avremo bisogno.
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