USA-Cina: scontro aperto

Pubblicato il 13 Maggio 2020 in Wellness Lavoro Denaro Salute Business

La pandemia irrigidisce i rapporti già tesi tra Stati Uniti e Cina. Dopo lo scambio di accuse, a botte di propaganda sull’origine del virus, nuovi venti di guerra commerciale soffiano tra Washington e Pechino.

L’asticella della tensione tra Stati Uniti e Cina torna a salire. Mentre la conta dei morti negli Stati Uniti supera quota 71mila, Donald Trump torna a scagliarsi contro Pechino. Rinnovate le critiche alla Cina, che a suo parere avrebbe potuto e dovuto fermare la propagazione del virus attivandosi con maggior decisione e trasparenza durante le prime fasi dell’emergenza, il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che la crisi causata dalla pandemia di coronavirus “è stata peggiore per il paese di Pearl Harbor e degli attentati dell’11 settembre 2001”. Trump ha definito l’epidemia “il peggiore attacco che l’America abbia mai subito”. E al giornalista che gli chiedeva: “se questa è una guerra, il nemico è la Cina?”, il presidente ha risposto: “Il nostro è un nemico invisibile”. Poche ore prima il governo cinese aveva risposto al Segretario di Stato Mike Pompeo, definendo infondate le sue accuse secondo cui la pandemia sarebbe stata causata dalla fuga accidentale di un nuovo ceppo virale dal laboratorio di bioingegneria di Wuhan. In un editoriale dai toni insolitamente duri, il Global Times accusa Pompeo di “distorcere i fatti” e affonda: “Spargendo falsità e calunnie il Segretario di Stato spera di cogliere due piccioni con una fava. Da un lato favorire la rielezione di Trump alle elezioni di novembre e dall’altro colpire la Cina, simbolo del socialismo che odia, e di cui non può accettare la crescita e il successo”.

 

Fine della tregua?

La Casa Bianca non si accontenta di attaccare Pechino a colpi di retorica. Secondo dichiarazioni pubbliche di funzionari dell’amministrazione, assistenti del Congresso e lobbisti, diverse opzioni sarebbero già all’esame nello studio ovale. Secondo il Financial Times, tra i falchi al Senato il desiderio di affrontare la Cina si accompagna all’ansia crescente che il paese possa emergere dopo la pandemia come un rivale strategico ed economico ancora più forte. Alcuni legislatori sperano che le misure in esame possano essere prese in considerazione insieme a un nuovo pacchetto di stimoli fiscali che dovrebbe essere approvato questo mese. A soli tre mesi dalla firma della tregua tra Washington e Pechino, che aveva messo fine a due anni di guerra commerciale, tra le due potenze potrebbero innescare una nuova crisi dalle conseguenze imprevedibili.

Scontro Ue-Cina?

Prima dell’avvento della pandemia, il 2020 avrebbe dovuto essere un anno cruciale nelle relazioni tra Europa e Cina. Oggi, la rotta potrebbe essere definitivamente cambiata. Sempre il FT riferisce che l’Unione Europa accusa Pechino di aver censurato un articolo co-firmato dal suo ambasciatore nel paese e pubblicato sul China Daily, organo del partito comunista al potere, rimuovendo un riferimento allo scoppio dell’epidemia in Cina. “È deplorevole vedere che la frase sulla diffusione del virus è stata modificata”, ha commentato in proposito Nicolas Chapuis, ambasciatore europeo a Pechino. La parte dell’articolo rimossa indicava che “il coronavirus si è originato in Cina e poi si è diffuso nel resto del mondo”. Inevitabile ripensare all’affaire della settimana: l’articolo del New York Times, stizzosamente smentito dall’alto rappresentante Ue Josep Borrell, secondo cui il servizio diplomatico dell’Ue (Seae) avrebbe ceduto alle pressioni di Pechino per ‘annacquare’ il proprio rapporto sulle responsabilità degli Stati nella disinformazione sul Covid-19.

Una crescita inattesa?

E mentre in America ed Europa crolla la produzione industriale e si attende la peggior recessione degli ultimi 50 anni, a sorpresa la Cina registra ad aprile un surplus commerciale di oltre 45 miliardi di dollari. Più del doppio sui 19 miliardi di marzo e ben oltre i 6-10 miliardi attesi dagli analisti. Secondo i dati diffusi dalle Dogane cinesi, che fotografano gli effetti sull’economia della pandemia del Covid-19, l’export è cresciuto a sorpresa del 3,5% annuo a fronte del -6,6% di marzo e del -12,1% stimato, mentre l’import ha accusato un crollo del 14,2% annuo contro il -0,9% di marzo e il -12,4% stimato. Una crescita inattesa e trainata dalla richiesta di mascherine e altri presidi sanitari e dalla ripresa della produzione nelle aziende cinesi mentre il resto del mondo chiudeva progressivamente i battenti. Difficile credere – concordano gli analisti – che si tratti di un trend sostenibile, ma con le economie del mondo in picchiata, di certo questi numeri non passano inosservati.

Effetto boomerang?

Le accuse contro Pechino da parte dell’Amministrazione Trump hanno tra gli altri obiettivi quello di distrarre l’opinione pubblica americana dai ritardi e l’inadeguatezza della Casa Bianca nel reagire alla crisi. A novembre ci saranno le elezioni e il presidente ha già cominciato a presentarsi agli occhi degli elettori come il difensore dell’America, da contrapporre al candidato democratico Joe Biden, che lui dipinge come ‘troppo vicino’ a Pechino. Il fatto che la Cina non brilli per trasparenza e abbia probabilmente delle responsabilità gravi nella gestione della pandemia, aiuta indubbiamente nella strategia. Ma la reazione americana rischia trasformarsi in un boomerang. Se la guerra dei dazi aveva penalizzato entrambe le parti, scaricando il peso delle imposte in larga parte sulle spalle dei consumatori americani, oggi l’effetto contagio sarebbe dirompente. Per di più nel mezzo di una recessione senza precedenti.

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