Fame da coronavirus: una nuova sciagura biblica?

Pubblicato il 27 Aprile 2020 in Wellness Lavoro Denaro Salute Business

USA.Mentre il numero dei contagi nel paese ha ormai superato gli 800.000, con oltre 45.000 morti registrati, il presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo la sospensione dell’immigrazione legale negli USA per 60 giorni, con riguardo al rilascio delle green card, i permessi di residenza permanenti. Questo per “mettere in prima fila per i posti di lavoro gli americani” a fronte dell’emergenza di coronavirus. Alcuni stati hanno già annunciato l’allentamento delle misure di lockdown. Il governatore della Georgia, il repubblicano Brian Kemp, ha confermato l’intenzione di consentire la riapertura di attività come spa, saloni di bellezza, parrucchieri, centri massaggi: troppo anche per il presidente federale, a quanto sembra, che ha paventato possibili rischi per la sicurezza di fronte a una decisione considerata prematura. Anche il consulente di Trump, il dottor Anthony Fauci, ha sconsigliato l’apertura di certe attività a maggiore rischio di contagio, sottolineando la possibilità di un nuovo picco di casi. Il procuratore generale del Missouri, Eric Schmitt, ha presentato causa contro il governo cinese per le conseguenze della diffusione del virus, accusando Pechino di aver occultato informazioni, negato la natura del virus e ritardato la risposta contro l’epidemia.

EUROPA. Mentre i leader degli Stati membri si preparano al Consiglio europeo in cui proseguirà il confronto sugli strumenti da adottare per rilanciare l’economia, il Parlamento spagnolo ha esteso i termini del lockdown fino al 9 maggio a causa dei numeri ancora alti di contagi e morti: la Spagna è il secondo paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di casi, che ora superano i 208,000. In Germania inizia invece la sperimentazione di un vaccino, la quarta nel mondo dall’inizio della pandemia. Per il momento, i test clinici saranno svolti su 200 volontari di età compresa tra i 18 e i 55 anni. Il progetto è capitanato dalla società BioNTech di Magonza e dall’americana Pifnzer. In una intervista riportata dal Financial Times, intanto, il Commissario europeo al commercio Phil Hogan mette in guardia che quando sarà passata l’emergenza sanitaria, l’Europa non dovrà cedere alla tentazione di essere “autosufficiente”, malgrado l’impennata della produzione “autarchica” di equipaggiamento medico nel corso della crisi sanitaria.

 

PETROLIO E IRAN. Il prezzo del petrolio continua cautamente la propria ripresa dopo essere precipitato a cifre inferiori allo zero all’inizio di questa settimana, a causa soprattutto della drastica contrazione della domanda dovuta al “fermo macchina” mondiale nel periodo di lockdown e alle paure per i limiti dello spazio di stoccaggio della produzione in eccesso. Benché i prezzi avessero già cominciato a rialzarsi dopo il “lunedì nero” a prezzi negativi, secondo molti analisti il rebound sarebbe continuato – almeno per il momento, in una fase che rimane comunque di grande volatilità – dopo l’ordine di Donald Trump alla marina militare USA di “colpire e distruggere qualsiasi nave iraniana dovesse creare problemi alle nostre navi in mare.” Al rialzo dei prezzi potrebbe aver contribuito, seppur solo temporaneamente, il ritorno delle tensioni geopolitiche nell’area del Golfo.

MESSICO. Il presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador ha annunciato l’incremento della spesa pubblica per programmi sociali e infrastrutture (energetiche, sanitarie, di sicurezza in particolare) di 25.6 miliardi di dollari, per contenere l’impatto economico della pandemia di coronavirus. Si tratta, secondo gli analisti, di una misura necessaria, di rottura rispetto ai propositi di austerità delle prime fasi di crisi: non è però chiaro se il pacchetto rappresenti effettivamente un incremento rispetto alla spesa di budget prevista. AMLO ha sottolineato che il paese non ricorrerà a nuovo indebitamento per finanziare tali misure, né all’aumento di tasse, ma allo spostamento di risorse da altre voci di spesa in aree non essenziali e a una riduzione del 25% ai salari dei funzionari di alto rango.

MYANMAR. L’insicurezza nel paese registra la prima vittima legata alla pandemia. È stato infatti ucciso un dipendente dell’Organizzazione mondiale della sanità nello stato di Rakhine dove risiede la ben nota minoranza Rohingya. L’uomo trasportava campioni per i test su un veicolo delle Nazioni Unite. La stampa del paese ha accusato i gruppi separatisti attivi nell’area, mentre quest’ultimi hanno puntato il dito contro le forze dell’esercito. L’episodio pone l’accento sulla difficoltà di implementare un’azione efficace in paesi, come il Myanmar, che già soffrono di gravi conflitti interni.

 

Una persona su nove nel mondo è denutrita. Sono ormai cinque anni che i progressi fatti nel combattere la fame globale si sono invertiti, e il trend è sistematicamente in crescita da ben prima della crisi coronavirus. Secondo l’edizione 2020 del Global Report on Food Crises, delle oltre 800 milioni di persone denutrite quasi un terzo, ovvero 250 milioni, rischia di soffrire la fame in maniera ancora più profonda. Un numero quasi doppio rispetto ai 135 milioni stimati nel 2019, tra le altre cose causato dalla peggiore infestazione di locuste da decenni. E, di questi, 30 milioni rischiano di morire in pochi mesi se le Nazioni Unite non riescono a garantirsi più fondi e derrate alimentari. Con la pandemia, questo rischio è ulteriormente aumentato. E arriva da due fronti. Da un lato stiamo già assistendo al ritiro (o al mancato arrivo) degli aiuti internazionali da parte dei paesi ricchi, preoccupati di dover gestire la crisi sanitaria interna e già a corto di spazio fiscale a causa della crisi economica più profonda dell’ultimo secolo. Dall’altro, per molti paesi e popoli africani la scelta è già qui, tra la necessità di sfamare le proprie famiglie e quella di cercare di proteggersi (e proteggerle) dal virus. Sono scelte tragiche, su cui i riflettori del mondo rischiano costantemente di spegnersi in momento di alto attivismo internazionale, figurarsi oggi in cui siamo tutti rintanati in una dimensione nazionale, o addirittura locale. L’unica speranza è che proprio la crisi che stiamo vivendo tutti avvicini la parte ricca del mondo a comprendere quella condizione di totale incertezza in cui vivono, giorno per giorno centinaia di milioni di persone non troppo lontane da qui. (Elaborazione dati: Matteo Villa, ISPI)

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.