La Commissione Europea lancia una raccolta internazionale di fondi per sostenere la ricerca di un vaccino contro il Covid-19. Tra ‘big donors’ e grandi assenti, l’iniziativa mette in luce gli aspetti geopolitici della lotta alla pandemia.
7,4 miliardi di euro. Tanto ha raccolto la ‘Risposta globale al coronavirus’, la campagna di fundraising lanciata dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, per la ricerca sul vaccino, i medicinali e i trattamenti al nuovo Coronavirus. La raccolta, che proseguirà fino a giugno, si è aperta ieri con una videoconferenza di donatori, interamente virtuale, che ha visto la partecipazione di oltre 40 paesi, dalla Gran Bretagna, all’Arabia Saudita, e dal Giappone alla Norvegia, ma non Stati Uniti e Russia. Assenze significative, soprattutto la prima, e che non sono passate inosservate. Finora la pandemia ha ucciso 250mila persone nel mondo e ne ha infettate oltre tre milioni e mezzo. “Credo che il 4 maggio segnerà una svolta nei nostri calendari – ha detto Von der Leyen – il mondo ha deciso di unirsi per il bene comune: governi e organizzazioni sanitarie globali hanno unito le forze contro il coronavirus. Con tale impegno, siamo sulla buona strada per lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di un vaccino per tutti”. Un vaccino che, come ha sottolineato il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, dovrà essere considerato “un bene pubblico e globale”. Un patrimonio dell’umanità, insomma, come fu quello per la polio, scoperto negli anni Cinquanta dal biologo americano Jonas Salk che si rifiutò di brevettarlo, facendo in modo che restasse gratuito e accessibile a tutti. Una sfida solidale in nome della quale i governi siano disposti ad accantonare divisioni e competizione per contribuire ad un unico sforzo comune per il bene di tutti. Nella convinzione che la salvezza dell’umanità non abbia, e non possa avere, prezzo.
Chi c’era e chi no?
La video-maratona si è svolta senza la partecipazione degli Stati Uniti. Gli Usa, ha fatto sapere Washington, lavorano da soli per trovare un vaccino entro la fine dell’anno. Non proprio una notizia rassicurante, considerato che il governo tedesco a gennaio ha rivelato che l’amministrazione Usa aveva provato ad acquisire un’azienda tedesca, la CureVac, per cercare di ottenere il vaccino per primi e in esclusiva. Ma non si tratta solo di questo. Più volte in passato l’attuale Casa Bianca ha dimostrato di non voler ‘fare squadra’ e, in generale, di non apprezzare il multilateralismo. Nelle scorse settimane, Washington ha persino sospeso i suoi contributi all’Organizzazione mondiale della Sanità. Nei giorni scorso poi, il Segretario di stato Mike Pompeo è tornato a ribadire la convinzione che il virus in realtà sia uscito da un laboratorio cinese. Ma gli Stati Uniti non erano l’unica assenza di peso: se la Russia ha disertato l’incontro sollevando ulteriori dubbi sulla sua gestione opaca dell’emergenza sanitaria in corso (più di 145.000 contagi), la Cina si è limitata ad aderire all’evento con il suo ambasciatore in Europa.
E il contributo italiano?
L’Italia ha scelto di contribuire al Coronavirus Global Response con 140 milioni di euro. Loha annunciato il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo intervento alla video-maratona, sottolineando che “davanti a una sfida senza precedenti, la comunità internazionale ha una sola opzione efficace: la cooperazione”. Il paese, sostiene Conte, vuole continuare ad avere un ruolo centrale nella lotta al Covid-19, soprattutto perché assumerà la presidenza del G20 nel 2021. Dei 140 milioni di euro stanziati dall’Italia: 10 andranno a Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations) la ricerca sul vaccino; 10 saranno destinati all’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per aiutare i paesi più vulnerabili; mezzo milione al meccanismo del Fondo mondiale e 120 nei prossimi 5 anni all’alleanza per il vaccino (Gavi Alliance), che il prossimo 4 giugno ospiterà nel Regno Unito un vertice globale sui vaccini.
L’Europa batte un colpo?
Ieri, per oltre tre ore, i leader del mondo hanno partecipato alla video-conferenza pronunciando un breve discorso e annunciando il contributo di ciascun paese alla raccolta. Forse non si è trattato di una svolta epocale ma almeno è stato un cambio di passo rispetto alle scorse settimane in cui i cittadini europei hanno assistito un po’attoniti a scene in cui governi comunitari si sferravano colpi bassi e facevano sgambetti l’un con l’altro. Si è trattato di una rara dimostrazione di leadership globale da parte dell’Europa e di un tentativo, seppur in extremis, di rilanciare cooperazione e multilateralismo, in un contesto di crisi economica e di confinamento ormai generalizzato. Un tentativo tanto più evidente perché in contrasto con la volontà isolazionista e divisiva dell’attuale Casa Bianca. Sta in questo forse, il merito principale dell’iniziativa voluta da Von der Leyen: l’aver ribadito che nessuno può farcela da solo e che tra il sovranismo statunitense e il malcelato nazionalismo cinese, l’alternativa c’è e si chiama Europa.
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