Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia, in mostra a Rovigo

Pubblicato il 11 Marzo 2025 in Outdoor Mostre
Hammershøi

A Rovigo la prima mostra italiana dedicata a Vilhelm Hammershøi, uno dei più grandi pittori danesi di sempre. Fino al 29 giugno 2025, Palazzo Roverella apre le porte a un mondo di silenzi e atmosfere sospese, per scoprire un artista che ha affascinato con i suoi interni silenziosi e i suoi ritratti enigmatici

Fino al 29 giugno 2025 a Palazzo Roverella di Rovigo si tiene la prima mostra italiana dedicata a Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864-1916), il più grande pittore danese della propria epoca, uno dei geni dell’arte europea tra fine Ottocento e inizio Novecento. Del grande artista danese è in mostra a Rovigo un nucleo fondamentale di opere, selezionate da Paolo Bolpagni nella rarefatta produzione dell’artista. Allievo prima di Niels Christian Kierkegaard e Holger Grønvold, poi di Frederik Vermehren alla Kongelige Danske Kunstakademi, e infine di Peder Severin Krøyer, debuttò nel 1885. Da anni è ormai in atto la sua riscoperta a livello internazionale: grandi e importanti mostre a lui dedicate sono state realizzate a Parigi al Musée Jacquemart-André, a Tokyo al National Museum of Western Art, a New York alla Scandinavia House, a Londra alla Royal Academy, a Monaco di Baviera alla Kunsthalle der Hypo-Kulturstifung, a Toronto alla Art Gallery of Ontario, a Barcellona al Centre de Cultura Contemporània, a Cracovia al Muzeum Narodowe. A oggi, mancava ancora una retrospettiva italiana, che ponesse nel giusto risalto la figura di Hammershøi, protagonista appartato ma fondamentale dell’arte di fine Ottocento e del primo quindicennio del XX secolo.

In apertura: Vilhelm Hammershøi, Riposo, 1905, Parigi, Musée d’Orsay © RMN-Grand Palais / Martine Beck-Coppola/ Dist. Foto Scala, Firenze

La mostra di Palazzo Roverella, tuttavia, non si propone semplicemente di offrire al pubblico un’occasione per conoscere più da vicino le opere di un pittore straordinario, riconoscibile per l’intimismo minimalista dei suoi interni e per l’atmosfera inquieta che si sprigiona da un apparente rigorismo, ma di scandagliare filoni di ricerca rimasti finora pressoché inesplorati: da una parte il rapporto tra Hammershøi e l’Italia, dall’altra il confronto con artisti europei soprattutto coevi che, con sfumature diverse, praticarono una poetica basata sui temi del silenzio, della solitudine, delle ‘città morte’, dei ‘paesaggi dell’anima’. I francesi Émile-René Ménard, Henri Duhem, Lucien Lévy-Dhurmer, Charles-Marie Dulac, Henri-Eugène Le Sidaner, Charles Lacoste e Alphonse Osbert, i belgi Fernand Khnopff, Georges Le Brun, Xavier Mellery, Charles Mertens e William Degouve de Nuncques, gli olandesi Jozef Israëls, Johan Hendrik Weissenbruch, Jan Jacob Schenkel e Bernard Blommers, lo svizzero Eugène Grasset, la svedese Tyra Kleen, i danesi Peter Vilhelm Ilsted, Carl Holsøe e Svend Hammershøi. E, beninteso, gli italiani: Umberto Prencipe, Giuseppe Ar, Oscar Ghiglia, Vittore Grubicy de Dragon, Mario de Maria, Giulio Aristide Sartorio, Vittorio Grassi, Orazio Amato, Umberto Moggioli, Domenico Baccarini, Giuseppe Ugonia, Francesco Vitalini, Mario Reviglione, Pio Bottoni, Enrico Coleman, Napoleone Parisani, Raoul Dal Molin Ferenzona e Onorato Carlandi.

Hammershøi
Vilhelm Hammershøi, Sunshine in the Drawing Room III. Strandgade 30, 1903. Stoccolma, Nationalmuseum

Hammershøi alla scoperta dell’Italia

Hammershøi, come sottolinea il curatore Paolo Bolpagni, viaggiò varie volte nella Penisola, visitò Roma, collezionò cartoline con vedute di città, e soprattutto rifletté sull’antichità classica e guardò ai cosiddetti Primitivi e agli artisti del nostro Quattrocento: Giotto, Beato Angelico, Masolino, Masaccio, Luca Signorelli, Desiderio da Settignano. Benché abbia dipinto una sola opera di soggetto italiano (che sarà in mostra), durante le proprie permanenze esercitò un’attenzione estrema e recepì spunti e insegnamenti, che contribuirono a delineare il suo personalissimo linguaggio. Non bisogna del resto ignorare il ruolo che il canonico soggiorno a Roma rivestiva tradizionalmente nella formazione dei giovani artisti danesi”.

“Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia”, dopo un breve affondo sui precedenti storici del tema degli interni silenti, approfondisce i tre ambiti portanti della ricerca dell’artista: gli interni, spesso privi di presenze umane, i ritratti e le vedute architettoniche.
A essere per la prima volta approfondito sarà poi il rapporto di Hammershøi con l’Italia: “dalle ricadute iconografiche (per esempio con la sua raffigurazione della basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio, visitata nella capitale) alla presenza di lavori dell’artista in mostre dell’epoca, per concentrarsi in special modo sugli accostamenti e confronti con la poetica e i soggetti di pittori italiani, anche con l’indagine dell’impatto che la visione diretta o la conoscenza in riproduzione di opere di Hammershøi esercitò fino agli anni quaranta del Novecento.

Hammershøi
Vilhelm Hammershøi, Interno della chiesa di Santo Stefano Rotondo a Roma, 1902, Odense, Kunstmuseum Brandts © Kunstmuseum Brandts

A completare il percorso è un’originale comparazione di carattere tematico e stilistico tra la produzione di Hammershøi e i dipinti di artisti scandinavi, francesi, belgi, svizzeri e olandesi, per evidenziare affinità e differenze, nell’enucleazione di alcuni Leitmotive: gli interni silenziosi, la solitudine, le “città morte”, i “paesaggi dell’anima”. E infine, a mo’ di preziosa appendice, un omaggio a Hammershøi da parte di uno dei più interessanti fotografi contemporanei, lo spagnolo Andrés Gallego.

Dettagli della mostra dedicata a Hammershøi

“Hammershøi e i pittori del silenzio tra il Nord Europa e l’Italia” – fino al 29 giugno 2025

Palazzo Roverella, Rovigo

Orari: Dal lunedì al venerdì: 09.00 – 19.00 Sabato, domenica e festivi: 9.00 – 20.00

Prezzi: intero 14 € – ridotto over65 12 €

Informazioni: 0425 460093 – info@palazzoroverella.com

 

Hammershøi
Vilhelm Hammershøi, Luce del sole nel salotto III, 1900 circa, Stoccolma, Nationalmuseum © Nationalmuseum / foto Cecilia Heisser

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