Girata in occasione della mostra curata da Stefano Roffi, Miró. Il colore dei sogni (Fondazione Magnani-Rocca, Parma), l’intervista proposta a Joan Punyet Miró (1968), prezioso collaboratore dell’esposizione parmense, da voce al nipote e critico d’arte che porta il nome dell’artista. Figlio dell’unica figlia di Joan e Pilar Miró, Joan Punyet ha fatto in tempo a conoscere bene il nonno nel periodo trascorso, almeno fino all’età di quindici anni, nella casa studio di Palma di Maiorca, terra amatissima dall’artista, che aveva dato i natali alla madre.
“Joan Miró ha sofferto moltissimo nella vita, soprattutto da giovane. Ha conosciuto la fame, ha subito l’esilio durante la guerra civile spagnola, ha affrontato prove difficili. E dopo l’esilio, la guerra e i soprusi del franchismo, non ha mai più dimenticato chi aveva bisogno, i rifugiati, i profughi, i dissidenti e i deboli”
(Joan Punyet Miró)
Nonostante il nonno non avesse mai molto tempo da dedicare ai nipoti, Joan Punyet lo ha frequentato abbastanza per ricordare l’uomo affettuoso e gentile che è stato Miró, un artista che negli Settanta del secolo scorso, era ancora molto vitale e nel pieno di una seconda maturità artistica, ma questa volta non ispirata da Parigi, bensì dalle poetiche dell’Action painting americana, dalla calligrafia giapponese e delle espressioni artistiche popolari e urbane.
Nel dopoguerra infatti, la pittura da cavalletto di Miró diventa attività secondaria; l’artista pensa in grande e realizza progetti di ampia diffusione e portata collettiva. L’arte pubblica, i murali e le enormi sculture, gli permettono di uscire allo scoperto e allargare le sue collaborazioni con architetti e artigiani, come l’artista stesso racconta in uno straordinario documento degli archivi Rai degli anni Settanta del Novecento (Joan Miró. Un’ora con).
Da dove traeva origine la carica eversiva e rivoluzionaria, a tratti persino iconoclasta, che caratterizza buona parte della produzione pittorica di Miró ?
Con una dizione molto spagnoleggiante, Joan Punyet spiega come l’arte del nonno abbia sempre rappresentato una metafora della sua vita più profonda, dunque uno specchio della condizione esistenziale dell’artista.
Nato nella Barcellona di Gaudì, nel 1907, per volere del padre, Joan Miró (1893-1983), frequentava una Scuola Commerciale ed esercitava poi una professione impiegatizia che gli recò presto depressione e malattia. Rifugiato in una casa di famiglia nella campagna di Montroig, Miró decide di seguire la sua inclinazione e a diciannove anni frequenta la Scuola di Belle Arti (1912-1915) a Barcellona. Nella città dal fervente clima culturale,conosce poeti e artisti, vede mostre importanti e nei caffè, partecipa alle discussione sull’avanguardia parigina. Miró è subito attratto dalla poesia, ammira van Gogh, Gauguin, Matisse, il Futurismo e il Cubismo, con i quali si confronta in nature morte, nudi e paesaggi.
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