Cosa fare per tornare a una tempestiva ed efficace presa in carico delle grandi cronicità e per prepararsi a resistere adeguatamente a un’eventuale seconda ondata di Covid? Una serie di proposte vengono dall’Advisory Board costituito da Senior Italia FederAnziani con il coinvolgimento delle principali società scientifiche e organizzazioni sindacali dei medici che le hanno presentate in un incontro istituzionale con il Vice Presidente del Parlamento Europeo Fabio Massimo Castaldo.
“In questo periodo a livello ambulatoriale abbiamo sospeso 11 milioni di prestazioni specialistiche che ora vanno recuperate. Se dovessimo fare un conteggio tenendo conto del distanziamento necessario arriveremmo a 16 milioni. A queste vanno aggiunte quelle che erano già in lista d’attesa. Per far fronte a tutto ciò occorre aumentare il numero degli specialisti ma anche inserire giovani e specializzandi che possano ridare vigore al Servizio Sanitario Nazionale, risolvendo i danni creati da questo blocco delle visite. Non solo bisogna rafforzare la specialistica, ma anche fare in modo che specialistica territoriale e ospedaliera e medicina generale si parlino» dichiara Antonio Magi, Segretario Generale Sumai Assoprof.
Insomma, occorre fra ripartire una macchina complessa, con tempi che si allungano sempre di più.
“E’ necessario ottimizzare le procedure, ad esempio quelle per ottenere nelle farmacie di prossimità i farmaci oncologici o per delocalizzare alcune terapie a domicilio, in modo da evitare che il paziente debba spostarsi, con maggiore sicurezza di tutti e notevole risparmio di tempo e anche per i familiari – dichiara Roberto Messina, Presidente di Senior Italia FederAnziani sintetizzando i risultati dei lavori – E ancora, occorre adeguare l’organico di medici e infermieri, avendo personale dedicato alla routine per gestire il paziente cronico, con formazione adeguata, e rendendo la carriera più attraente qui in Italia per evitare di perdere le migliori risorse. Il ritardo accumulato in questi mesi è grave in ogni ambito: pensiamo solo che ogni anno 50mila persone su 500mila visitate hanno una diagnosi di diabete. Il 3-4% di queste nuove diagnosi non ha avuto accesso alle cure. Pensiamo agli interventi chirurgici saltati, ad esempio per la sostituzione delle valvole cardiache. E poi c’è il problema della carenza dei DPI non ancora risolto: riguarda sia i medici che i pazienti, sia nelle visite specialistiche che dal medico di famiglia”.
“Possiamo costruire insieme, con voi pazienti e medici, un’efficace proposta da avanzare in sede europea, mettendo insieme una lista di priorità strategiche che vanno dall’ampliamento degli organici alla qualità delle strumentazioni nelle strutture diffuse capillarmente sul territorio, passando per un doveroso aumento degli emolumenti che ci ponga in linea con la media europea occidentale – ha dichiarato il Vice Presidente del Parlamento Europeo Fabio Massimo Castaldo – Le proposte del vostro gruppo di lavoro, che rappresenta in modo ampio la medicina del territorio e i pazienti, possono essere acquisite formalmente e diventare dei modelli fortemente consigliati per gli Stati membri, rendendo il raggiungimento di certi standard necessario per l’accesso ai fondi di nuova istituzione, anche eventualmente collegando all’acquisizione delle indicazioni europee che terranno conto dei vostri suggerimenti una maggiore velocità di erogazione dei fondi stessi. Si è detto falsamente che l’Italia non vuole il MES perché non vuole investire nel comparto sanitario: al contrario, le nostre critiche riguardano il framework di questo strumento e in particolare la confermata applicazione di due articoli che aprono la strada al rischio di manovre correttive verso i Paesi nella fase di rientro, interventi che potrebbero impattare sui settori più critici della spesa corrente proprio come il sistema sanitario stesso. Insomma, una mela avvelenata alla quale preferiamo altri strumenti ben più ambiziosi e flessibili come il Next Generation Eu. L’obiettivo è investire nella resilienza dei sistemi sanitari, favorendo lo sviluppo di linee guida e protocolli sanitari comuni, centri di coordinamento per l’approvvigionamento e lo stoccaggio dei materiali, una produzione di presidi sanitari e medicinali strategici che sia riportata nel territorio europeo e italiano per affrontare al meglio le crisi, come si è visto nei casi dei DPI. Ma servirà anche una riserva di personale sanitario e di esperti che possa essere mobilitata rapidamente in caso di crisi. Perché senza il fattore umano, senza mettere al centro del sistema la professionalità da voi garantita e il rapporto medico paziente noi falliremo sicuramente gli obiettivi che ci stiamo dando”.
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