“Il comandante”, lungometraggio di Edoardo De Angelis trasporta sul grande schermo la vera storia di Salvatore Todaro, comandante del sommergibile Cappellini durante la Seconda Guerra Mondiale. Un kolossal made in Italy che ci ricorda che la legge del mare è più forte di ogni guerra.
“Il Comandante ” è il film di apertura della Mostra del cinema di Venezia 2023. Dopo Perez (2014) e Indivisibili (2016) Edoardo De Angelis torna al Lido, questa volta in gara per il Leone d’oro con un lungometraggio incentrato su Salvatore Todaro, il sommergibilista nato a Messina nel 1908 ma cresciuto a Chioggia. Un comandante che affondava le navi nemiche, ma che salvava gli uomini, al grido di “qui non siamo in guerra, siamo in mare”.
“Il comandante. Perché noi siamo italiani”
15 milioni di euro di budget. Uno scafo in acciaio lungo73 metri copia pressoché autentica del Cappellini. 150 tavole da disegno che hanno restituito ogni dettaglio e particolare del sommergibile. Sono solo alcuni dei numeri del film Comandante. Edoardo De Angelis, insieme a Sandro Veronesi che ha scritto la sceneggiatura gira un’opera che senza retorica cerca di spiegare il senso della famosa frase pronunciata da Totaro.
Siamo nell’’ottobre del 1940, il sommergibile Cappellini naviga nelle acque dell’Oceano atlantico. Improvvisamente si palesa il Kabalo, un mercantile di nazionalità belga carico di materiale bellico destinato all’Inghilterra, che apre il fuoco contro l’equipaggio italiano. Todaro affonda il mercantile a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Quando il capitano del Kabalo, sbarcando nella baia di Santa Maria delle Azzorre, gli chiede perché si sia esposto a un tale rischio contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, Salvatore Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda: “Perché noi siamo italiani”.
Il comandate, non un eroe da operetta
Non è un eroe da operetta, il comandante interpretato da un Pierfrancesco Favino. Né tanto meno un pacifista ante litteram. È un militare che salva l’uomo. È un marinaio consapevole che il suo destino sarà quello di morire in mare. Tormentato da una lesione alla colonna vertebrale rimediata durante un’esercitazione su un idrovolante, Salvatore Totaro sa che il fascismo è dolore e che la vita è un lampo con tutto ciò che ne consegue, come recita il triviale proverbio. Eppure, il sommergibilista pare dotato di capacità taumaturgiche. Tant’è che lo hanno soprannominato Mago Baku. Sarà per questo pratica lo Yoga, cerca di limitare la morfina e crede nella mitologia greca.
Nel rappresentare, la cruda quotidianità dell’equipaggio del sommergibile Cappellini in tempi di guerra, il film affida al cibo, la speranza di una vita migliore, di una felicità lontanissima, eppure tangibile. Quelle pietanze recitate come un mantra durante i titoli di coda si trasportano in un mondo in cui non c’è spazio per la guerra. E alla fine, saranno le patatine fritte a farci superare ogni conflitto.
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