La storia di Giuseppina dimostra quanta solitudine e paura possa fare il mondo a un anziano, reso fragile dall’età, dalle condizioni fisiche e socio-economiche che gli sono proprie. Per questo aderire al Progetto della Fondazione Specchio d’Italia può rendere migliore il loro e il nostro Natale
Storytelling raccolta da Giancarlo Zattoni
“Come è dura la vecchiaia. Sto a malapena in piedi. Mia figlia mi deve sostenere quando andiamo dal fisioterapista, ma il bastone non lo lascio, finché posso non voglio usare la carrozzina. Ho 92 anni: mi sento fragile in casa e insicura quando mi fanno uscire. Il Giambellino è ormai un quartiere pericoloso per i continui furti e le aggressioni. Mi spaventa”.
Giuseppina possiede una notevole lucidità mentale: racconta e ricorda con trasporto una Milano che non c’è più. La vita di ringhiera. Le piccole case di periferia abitate da gente povera, ma laboriosa, unita attorno al nucleo familiare: il piccolo mondo dove ci si prepara ad affrontare le sfide della vita. Sono gli anni confusi e inquieti che precedono il secondo conflitto mondiale, appena celati da una nebbia che si taglia col coltello.
“Ho sempre vissuto con mamma e papà, e con i miei fratelli che ora non ci sono più. Nata a Lodi, avevo otto anni quando ci siamo trasferiti a Milano, al Ponte Lambro, quartiere operaio, famoso allora per i suoi lavandai. Il periodo della guerra è stato veramente duro. Non si mangiava dal mattino alla sera. Avevamo paura di non esserci da un giorno all’altro, a causa dei bombardamenti”.
Nel dopoguerra la svolta. Si torna a vivere e la famiglia al completo si trasferisce nel quartiere del Giambellino. Giuseppina viene assunta da una ditta di telefoni. Vi lavorerà per dieci anni fino alla nascita della figlia avuta dall’amato Giuseppe, sposato dopo lungo fidanzamento.
“Mio marito era operaio e guadagnava il minimo necessario per vivere. Nonostante ciò, decidemmo alla nascita della bimba che il mestiere di mamma veniva prima di tutto. Per accudirla lasciai il posto e persi così la possibilità di maturare la pensione. Non me ne sono mai pentita. Nonostante le ristrettezze, abbiamo vissuto una vita allietata dall’armonia familiare”.
Nel 1990 scopre il dolore, sempre attuale, di avere perso un figlio spentosi troppo presto. Ora che anche il marito l’ha lasciata, Giuseppina si ritrova a vivere da sola. “La solidarietà di Specchio d’Italia, che mi segue con il progetto Buon Natale Nonni, mi aiuta non solo a pagare le bollette, ma a sentire vicino il cuore gentile e sensibile dei tanti benefattori”.
Operazione “Buon Natale, Nonni!“, un impulso da assecondare
Riteniamo che il momento di agire sia oggi stesso. Donare per i poveri anziani in Italia è un gesto di amore, di altruismo e di sensibilità. Riempie il cuore e la mente. Ma soprattutto, è un sistema semplice, tangibile e tracciabile per sapere esattamente quali iniziative si stanno sostenendo. Più fondi si raccolgono, più nonni si abbracciano.
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