Profit e non profit: un incontro possibile?

Pubblicato il 11 Novembre 2015 in

Questo il titolo del convegno conclusivo del progetto “Outplacement per il sociale” finanziato dal Dipartimento per le Politiche della Famiglia, Presidenza del Consiglio dei Ministri, avvenuto a Milano lo scorso ottobre, organizzato da Associazione Nestore e ALDAI, al quale hanno partecipato:

  • Romano Ambrogi – Presidente ALDAI Federmanager
  • Marcello Garzia – Consigliere ALDAI Federmanager
  • Fiorella Nahum – Vice Presidente Associazione Nestore
  • Mauro Vaiani – Responsabile Progetto Outplacement, Associazione Nestore
  • intervista alcuni partecipanti al Progetto
  • e poi, ancora: Antonio Calabrò – Consigliere Delegato Assolombarda- Marco Granelli – Assessore Comune di Milano- Antonio Dragotto – Direttore Risorse Umane STMicroelectronics- Roberta Garbagnati – Presidente Associazione Seneca- Ivan Nissoli – Presidente Ciessevi
  • Luciana Saccone – Direttore Generale Ufficio II – Dipartimento per le Politiche della Famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri

Nel 2013, grazie a un finanziamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito delle iniziative promosse per l’Anno Europeo dell’invecchiamento attivo e della solidarietà fra generazioni, è partito il progetto “Outplacement per il sociale”, che ha coinvolto 40 dirigenti in pensione. Un’occasione che ha meritato un incontro  fra mondo profit e non profit, che ha coinvolto istituzioni, associazioni e partecipanti con esito positivo e soddisfazione di tutti.

Un risultato prevedibile? Che cosa ci insegna questo progetto? Siamo di fronte a due mondi che hanno voglia di parlarsi? E’ un’esperienza di cui sentiamo davvero il bisogno e che andrebbe a tutti i costi replicata? Questo tipo di scelta può realmente aiutare il mondo del volontariato a fare quel salto di qualità di cui tanto si avverte il bisogno?

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Tutto è cominciato con una domanda: persone con tanta tanta esperienza aziendale, dirigenti, manager che per anni hanno governato e fatto funzionare aziende, perché non possono mettere a disposizione delle associazioni di volontariato le loro competenze per aiutarle a funzionare meglio?

images-4L’Associazione Nestore insieme ad Aldai (associazione dei dirigenti industria) e Ciessevi (Centro servizi per il volontariato), con l’aiuto di un finanziamento ricevuto dalla Presidenza del Consiglio messo a disposizione nel 2012 in occasione dell’anno dell”active ageing” hanno, su questa domanda, costruito un progetto. Chiamandolo “outplacement per il sociale”, e rivolgendolo a dirigenti Aldai disponibili a sperimentarsi in questa avventura.

Il progetto è durato 2 anni, 37 dirigenti in pensione su due gruppi distinti hanno lavorato lungo un percorso che prevedeva momenti collettivi per riflettere sulla propria motivazione al volontariato, colloqui individuali, 32 ore di servizio/esplorazione presso una associazione, incontri con responsabili di altre associazioni. Tirando le somme la soddisfazione è stata grande. Per chi lo ha organizzato, quanto per chi ha partecipato. E la risposta è: si può, anzi è opportuna, per tutti.

LA MIGLIORE SINTESI DEL PROGETTO VIENE DALLA VIVA VOCE DEI MANAGER COINVOLTI , guidati da MAURO VALIANi (nella foto):IMG_43pippino

ALFREDO, BARBARA, ENRICO i loro nomi: sono persone con alle spalle carriere di tutto rispetto ed innegabilmente di successo, che hanno accettato di mettersi in gioco, e di inoltrarsi in mondo per loro del tutto nuovo o quasi.

A loro la parola: tre domande per conoscere, per capire, per condividere.


Che cosa vi ha “sollecitato” a partecipare?

Alfredo: L’invito al corso mi ha colto con casuale tempestività proprio nel momento in cui stavo cercando di capire se e in che modo impegnarmi nel volontariato. Avevo l’esigenza, per la verità un po’ confusa, di fare qualcosa, quasi a restituire in qualche misura una serie di privilegi ricevuti dalla vita e dal mio percorso professionale, ma mi mancavano le conoscenze per inquadrare il fenomeno del mondo no-profit nella sua essenza e nella sua dimensione.

Barbara: Quando ho ricevuto l’invito di ALDAI a partecipare al percorso “Outplacement per il sociale” mi trovavo in una fase di incertezza riguarda al mio futuro. Mi stavo preparando per il pensionamento, ma non avevo alcun progetto. Avevo pensato anche al volontariato, ma non vedevo il mondo del volontariato in grado di valorizzare le mie competenze, tuttavia volevo continuare a fare quello che so fare. Nello stesso momento avevo anche timore di perdere un certo riconoscimento sociale. Dunque l’invito di Aldai capitava al momento giusto.

Enrico: I contenuti del corso e le modalità di svolgimento. In particolare l’importanza evidenziata durante la presentazione sulla necessità di fare il punto sulla propria esperienza con regolarità. Benché già attivo da anni nel Volontariato, mi parve un’opportunità da cogliere.

Che ricordi avete del percorso? Quali contributi vi ha offerto

Alfredo: Innanzitutto è stato molto piacevole perché mi ha permesso la conoscenza di colleghi con cui ho stabilito rapporti di simpatia ed amicizia. Poi, soprattutto, ha risposto in pieno alle mie aspettative perché grazie ad esso sono passato da una percezione piuttosto nebulosa sulla natura e la consistenza delle strutture di volontariato sul territorio milanese e su cosa potesse significare impegnarsi in questo contesto, all’acquisizione di un quadro complessivo molto chiaro. Ho apprezzato del corso anche le sessioni dedicate ad aiutare i partecipanti a leggere le proprie personali esigenze attraverso processi di autoascolto. Tutto questo è stato fondamentale per focalizzarmi sugli obiettivi da seguire di lì in avanti.

images-2Barbara: Il corso mi ha permesso di condividere le mie incertezze con persone che attraversavano o avevano già attraversato quella fase della vita. Già dopo pochi incontri si era creato un clima di intesa, di un vero gruppo, in cui potevo parlare apertamente. Un altro elemento fondamentale per me è stato lo stage, cioè poter applicare le mie competenze concretamente in una associazione di volontariato

Enrico: Molto buoni. I contenuti del programma sono stati svolti con grande professionalità; ciò ha consentito di essere sempre coinvolti e focalizzati sul tema trattato. Al termine avevo un quadro del mondo del Volontariato abbastanza preciso e coincidente con la mia esperienza sul campo. In particolare ho trovato importante per un aspirante volontario la descrizione, nelle linee generali, di come affrontare pragmaticamente questo mondo che ha caratteristiche organizzative molto diverse rispetto a quelle conosciute in azienda da un dirigente. I Colleghi del corso; con essi è nato un profondo feeling che ha permesso una comunicazione sempre serena e costruttiva anche in presenza di visioni contrastanti. Lo stage effettuato presso un Istituto professionale, nel quale ho trovato una elevata professionalità degna del miglior profit e la presenza di Volontari molto qualificati.

 Quali le scelte subito dopo?

Alfredo: Ho scelto di impegnarmi in una Associazione Onlus che si occupa di assistere bambini africani affetti da gravi cardiopatie congenite ospitandoli presso proprie strutture a Milano-San Donato Milanese per il tempo necessario all’intervento chirurgico e successiva riabilitazione. Inoltre, in risposta ad una mia esigenza di impegno in ambito culturale o didattico, faccio attività di doposcuola presso una Associazione che collabora con il Comune di Milano a sostegno di ragazzi immigrati o figli di immigrati.

Barbara: Già durante il corso alcuni di noi cominciavano a parlare di una continuazione di questa nostra esperienza. Capivamo di aver bisogno di continuare con i nostri incontri per scambiarci le esperienze, per motivarci, perchè non tutti i momenti nel mondo del sociale sono positivi. Capivamo anche di disporre di un serbatoio enorme e prezioso di competenze professionali e umane, di diversità e di complementarietà che sarebbe stato un vero peccato perdere. Così è nata l’idea di creare un gruppo di lavoro, che poi strada facendo è diventata una associazione, che oggi si chiama ManagerNoProfit . La missione dell’Associazione ManagerNoProfit è promuovere l’incontro tra chi, per anni, ha indirizzato le proprie energie al raggiungimento di un risultato e chi come risultato si pone un gesto di solidarietà nella consapevolezza che questo incontro può dare frutti inaspettati, utili a far crescere un settore vitale per lo sviluppo del nostro Paese.

Enrico: La conferma a continuare con tre motivazioni principali. La prima è quella di poter continuare a far “funzionare” il cervello in ottica di verifica dei risultati rispetto agli obiettivi attesi: ciò significa aiutare le Organizzazioni a sposare il concetto di sostenibilità affiancandolo a quello delle erogazioni con le quali hanno finora finanziato la propria attività. La seconda è la gratificazione, solo morale, di riuscire nella propria opera maieutica di far crescere l’Organizzazione condividendone lo sviluppo. La terza è la conoscenza di persone “speciali” che continuano a “promuovere” questo mondo con la loro indefessa attività focalizzata solo sulle loro creature senza curarsi dei propri bisogni siano essi di salute, familiari, economici…. Il tutto nel rispetto dei vincoli che mi ero posto. Il primo mi derivava dall’esperienza popolare: “Non fare del bene se non sei in grado di sopportarne l’ingratitudine” Ed il secondo (imparato sul campo): sono convinto che per dare il meglio di sé un dirigente deve lavorare nelle organizzazioni su due livelli: quello “alto” offrendo la propria professionalità nelle ristrutturazioni, riorganizzazioni e nello sviluppo; ed al contempo – in una differente contesto – quello “basso”, dove importante è la presenza. Infatti, solo il lavoro sul campo consente di arricchirsi nell’intimo e di far comprendere la ricchezza del “servizio”. Solo il contatto diretto con i beneficiari ultimi offre una tale ricchezza, quando essi condividono con il volontario le loro difficoltà e gli offrono, come ringraziamento, il loro sorriso pieno; quello che ritrovano solo per chi li riconosce e fa un pezzo del cammino con loro. Insomma: tirare fuori dal cassetto l’esperienza, la competenza personale. Ha un valore sociale che neanche vi sognate. Oltretutto, oltre a far star meglio chi vi sta intorno, fa star bene anche voi. Pensateci…

 

 

 

 

 

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