“Convinti che il teatro possa sanare qualche ferita e riempire qualche vuoto, quest’anno l’Arrotino del Teatro griderà per le strade del quartiere” spiegano i ragazzi del Nest che puntano su una stagione non convenzionale dal titolo “È arrivato il Teatro”. Da Goldoni a Totò, passando per la nuova drammaturgia e finendo con la lezione di un grande Maestro come Eugenio Barba, la formula è come sempre quella dei due spettacoli al mese che permette di lavorare in maniera approfondita su ogni singolo evento. “In questi primi tre anni ci siamo fatti un po’ d’esperienza e abbiamo capito molto bene una cosa: il pubblico bisogna andare a prenderlo fino a casa. Allora ci siamo immaginati arrotini del teatro che girano per i vicoli del quartiere al grido: È arrivato il Teatro! Un servizio alla comunità necessario, almeno è quello che crediamo da quando è nato il Nest, e alcuni risultati sul territorio lo dimostrano”, spiega Francesco Di Leva, tra i fondatori dello spazio.
6 e 7 gennaio 2018
Con
Roberto Del Gaudio (voce, drammaturgia),
Federico Odling (violoncello, rielaborazioni musicali),
Vittorio Ricciardi (flauto),
Carmine Ianniciello (violino),
Carmine Terracciano (chitarra).
Disegno luci di Lucio Sabatino,
assistente alla regia Victoria De Campora,
direzione tecnica Lello Becchimanzi,
foto Laura Micciarelli.
Ideato e interpretato dai Virtuosi di San Martino, in collaborazione con Teatri Uniti. Uno spettacolo che, nello stile originale di questo ensemble, si propone di rivisitare materiali di repertorio tra avanspettacolo e opera. I Virtuosi di San Martino (Premio Ciampi 2014) sono un quintetto che lavora sulla rivisitazione di materiale di repertorio, attingendo alla tradizione della canzone popolare degli anni trenta in una formula che occhieggia alla musica colta e al teatro, tra avanspettacolo e opera. In questa occasione affrontano il repertorio di Totò, scoprendo del grande attore napoletano anche il mondo più privato e una storia sentimentale poco nota: il tormentato amore con la ballerina Liliana Castagnola, il cui tragico epilogo fa da contraltare alla potenza spettacolare di uno dei più grandi comici del Novecento.
Il punto di partenza è la militanza artistica di Totò nell’avanspettacolo e nella rivista; le sue frequentazioni con il leggendario impresario Peppino Jovinelli, con Ettore Petrolini e poi con Anna Magnani, Aldo Fabrizi e Alberto Sordi e naturalmente Eduardo e Peppino De Filippo, nella costruzione della sua personale macchina comica: il burattino, il cantante, l’attore, l’autore, facoltà virtuosistiche rivolte all’arte della risata. Ma dietro questa c’è l’uomo e la sua storia con Liliana, la sua “militanza sentimentale”. Totò che tragedia! è il racconto di un doppio binario di dolore e di gioia, di parole e musica, sul quale si fonda il mito del Principe De Curtis.
3 e 4 febbraio 2018
di Eve Ensler, regia di Marcello Cotugno
Scenografia e costumi di Giulio Villaggio e il disegno luci di Stefano De Vito
Una galleria di ritratti di donne moderne, un caleidoscopio di situazioni grottesche. Il testo della Ensler, messo magistralmente in scena dal regista Marcello Cotugno, è un vero e proprio viaggio attraverso l’esperienza di accettazione che donne di varie parti del mondo fanno del proprio corpo: la modella russa che arriva a sposare il proprio chirurgo plastico, novello Frankestein dal bisturi facile; le invettive di una donna del Sud contro le magre, le diete, le boutique, le spa. Quadri ilari, giocosi, ma mai superficiali, interpretati da Federica Carruba Toscano e Rachele Minelli, autoironiche e versatili anche quando a dover essere in scena sono le disfunzioni sociali e la patologia dietro i corpi imperfetti.
A fare da collante tra le varie storie interpretando la stessa autrice, è la bravissima Elisabetta De Vito, portatrice sana del messaggio, di fatto rivoluzionario, della Ensler: “smettetela di voler aggiustare il vostro corpo, che non è mai stato rotto”. “I corpi sono come alberi, sono tutti diversi, eppure non ce n’è uno più bello di un altro”, così afferma la donna africana intervistata dalla Ensler e interpretata dalla Toscano. E vista così, come si può darle torto; ecco dunque che la prospettiva muta e si può finalmente smettere di identificarsi con il difetto o la parte di sé che si vorrebbe diversa. Ad essere in scena sono donne bellissime che interagiscono con un pubblico altrettanto bello, che piange e ride, danza e canta con loro.
3-4 marzo 2018
in versi siciliani e italiani
di Giovanni Calcagno liberamente tratto da Il Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupèry
con Giovanni Calcagno, Luca Mauceri, Salvatore Ragusa
regia Giovanni
prodotto da La Casa dei Santi
Note di regia:
“Quando si legge il Piccolo Principe, ci si chiede spesso se sia una favola scritta per gli adulti o per i ragazzini. Questa ambiguità rende questo racconto misterioso e inafferrabile: in questo senso, i viaggi dell’aviatore e del piccolo principe non sono solo spostamenti geografici o interstellari, ma anche avventure ed esplorazioni nei mondi interiori dell’uomo. Proprio per questo il Piccolo Principe è un libro che porta con sé un Insegnamento speciale.
Tutto ciò ci è stato trasmesso da Antoine de Saint-Exupéry, attraverso una storia che è semplice come i racconti dei nostri nonni. Questa semplicità è uno degli aspetti del testo originale che ho voluto maggiormente salvaguardare. E così ho riscritto in siciliano e in italiano, in endecasillabi e settenari , ogni capitolo di questa grande opera.
Ne è venuto fuori un testo teatrale che interpreto insieme a Luca Mauceri, che è anche autore delle musiche, e a Salvatore Ragusa, che cura le scene. E’ una compagnia che fonda la sua forza nella artigianalità, e nella capacità di ognuno occuparsi di vari aspetti dello spettacolo.E’ un modo di fare teatro che mi è molto caro.
L’unico elemento scenografico di questa messa in scena è l’aereo incidentato dell’aviatore perduto nel deserto.
E’ un aereo composto da pezzi che mi ricordano le costruzioni di legno che trovavo dai miei nonni. E’ un aereo a pezzi, che diventa un mondo capace di rievocare i tanti mondi del viaggio del piccolo principe. E’ al contempo un oggetto-metafora di un percorso interiore, perché alla fine sarà ‘riparato’ dal lavoro che i due protagonisti avranno compiuto nel corso di questo incontro. Entrambi saranno così pronti a ripartire, seppure per destinazioni diverse”.
17-18 marzo 2018
con la Compagnia La Casa dei Racconti: Simone Bobini – Traiano , Barnaba Bonafaccia – Semmi, Duccio Camerini – Marika, Ciro Carlo Fico – Mongo, Marika De Chiara – Rosa, Igor Mattei – Bacio, Marco Damiano Minandri – Latodestro, Cristina Pedetta – Nadia, Dario Guidi – Sergetto
Regia di Duccio Camerini- Musiche dal vivo Matteo Colasanti- Scene e costumi Nika Campisi
Una singolare riscrittura contemporanea del “Re Lear”, contaminato con “The Connection”, mitico testo anni sessanta del Living Theatre. … vecchie e nuove generazioni, un degrado non solo urbano… un traffico di storpi e mendicanti sullo sfondo del giubileo… ogni personaggio è in attesa della sua resurrezione, davanti a un mondo ridicolo, ormai privo di una forma, che sa soltanto ignorare… un capo, uno pseudo-figlio erede, un pupillo, ruffiani, ma anche nemici. Un rapimento dà inizio ad una rivolta, e alla fine qualcuno morirà.
Storie senza morale alla fine di una città, in una terra di nessuno tra legalità e illegalità, pelli di diverso colore, benessere e miseria, solitudine e assenza di passato. Un clima scabroso e barocco, forse una preghiera, a cavallo tra la periferia e la campagna sventrata.
via Bernardino Martirano 17
ex scuola Giotto/Monti
San Giovanni a Teduccio, Napoli
TEL.+39 34006449278
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.