Cineteca
Pubblicato il 29 Aprile 2015 in
La produzione più recente del regista inglese sembra orientarsi verso figure di riferimento del mondo dell’arte. È il caso dell’ultimo film finora realizzato da Greenaway, Ejzenstejn a Guanajuato, che prende spunto dall’esperienza messicana negli anni ’30 del regista russo.
La grande ammirazione di Greenaway per l’arte dei pittori fiamminghi del ‘600 ha trovato sbocco nel film La ronda di notte, messa in scena (ovviamente con delitto) del celebre quadro di Rembrandt conservato al Rijksmuseum di Amsterdam.
Nei Racconti del cuscino, omaggio all’arte e alla letteratura giapponese, il regista utilizza per la prima volte le nuove tecnologie digitali per destrutturare l’immagine cinematografica. Un passo ulteriore lungo il cammino delle teorie del montaggio elaborate da Ejzenstejn, di cui Greenaway è un grande ammiratore.
La scenografia teatrale è comune a molti film di Greenaway, tra cui Il bambino di Mâcon. Questa scelta stilistica serve sia a prendere le distanze dal narrato, oggettivizzandolo su un palcoscenico, sia a enfatizzare proprio gli aspetti debordanti e “barocchi” della messa in scena.
Uno straordinario John Gielgud è il protagonista dell’Ultima tempesta. Il film si ispira al (quasi) omonimo dramma di Shakespeare, ma viene declinato da Greenaway con la sua consueta visionarietà. Caratteristica formale è l’uso ossessivo di lunghissime carrellate orizzontali in architetture rinascimentali ricostruite in studio.
I quattro protagonisti del titolo riuniti alla stessa tavola del Cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante. Il cibo non è solo nutrimento per il corpo, ma anche per l’anima, al pari dei libri. Così come entrambi, cibo e libri, possono causare la morte.
La campagna inglese torna protagonista in Giochi nell’acqua, sfondo non proprio indifferente alla macabra contabilità di un triplice omicidio.
Per Greenaway il sesso e la morte sono gli unici argomenti su cui sia possibile costruire un’opera d’arte. Lo zoo di Venere porta alle estreme conseguenze questo assioma con i suoi corpi mutilati, corpi in decomposizione, ma anche corpi ricomposti e persino due fratelli siamesi, separati alla nascita, che chiedono di essere ricongiunti. Le provocazioni cinematografiche di Greenaway riflettono le “provocazioni” della realtà contemporanea, specialmente su temi etici.
Lo spunto del Mistero dei giardini di Compton House è il contratto stipulato tra un pittore paesaggista e una nobildonna per la realizzazione di 12 disegni della residenza di campagna della famiglia. Dai disegni emergono però gli indizi di un probabile delitto di cui è rimasto vittima il marito della committente. Nel film Greenaway inquadra spesso i suoi personaggi attraverso il telaio usato dal pittore per il suo lavoro, chiara metafora dell’obiettivo della macchina da presa.
La scenografia teatrale è comune a molti film di Greenaway, tra cui Il bambino di Mâcon. Questa scelta stilistica serve sia a prendere le distanze dal narrato, oggettivizzandolo su un palcoscenico, sia a enfatizzare proprio gli aspetti debordanti e “barocchi” della messa in scena.
Correlati
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.