IL MALE DI VIVERE
Ferrarese di nascita (1912), di famiglia borghese, si laurea in Economia e Commercio a Bologna e comincia a collaborare come critico cinematografico al «Corriere Padano». Nel 1939 si trasferisce a Roma. Frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia e la rivista «Cinema». Collabora come aiuto sceneggiatore con Rossellini per Un pilota ritorna (1941). L’anno dopo è a Parigi, aiuto regista di Marcel Carné per Les visiteurs du soir (L’amore e il diavolo). Al rientro in Italia, nel 1943, gira il suo primo cortometraggio: Gente del Po, seguito da N.U., documentario sugli spazzini comunali, e L’amorosa menzogna (1948) sul mondo del fotoromanzo.
Esordisce nel 1950 con Cronaca di un amore: «Non è certo un film agevole. Le novità anche stilistiche sono molte, il successo scarso […] Da allora, e per tutti i film (o quasi), le difficoltà sono state notevoli.
Con i produttori, innanzitutto, che l’hanno sempre considerato un autore scomodo e di scarsa sicurezza commerciale» (Giorgio Tinazzi). Nel 1960, 1961 e 1962 realizza la cosiddetta trilogia dell’incomunicabilità: L’avventura, La notte, L’eclisse cui può essere accostato per la tematica il successivo Deserto rosso (1964). La macchina da presa di Antonioni si focalizza soprattutto sul mondo dell’alta borghesia di cui smaschera le ipocrisie, la doppiezza, il cinismo e la vacuità attraverso storie di legami familiari e sentimentali tormentati e spesso infelici. Il riferimento letterario più immediato di questa poetica è lo scrittore Cesare Pavese da un romanzo del quale aveva tratto argomento per il film Le amiche (1955).
Blow up (1966), Zabriskie point (1970) e Professione reporter (1975) sono gli unici film realizzati nel decennio successivo: produzioni internazionali girate all’estero dove si segnalano importanti innovazioni linguistiche come il lunghissimo pianosequenza che chiude l’ultimo film. Innovazioni che mostrano la capacità di Antonioni di relativizzare l’apparente oggettività dell’immagine cinematografica che non rappresenta mai ciò che mostra, ma rimanda sempre a un “altrove” sconosciuto e inquietante. In questi film il regista si confronta inoltre con i grandi problemi della società contemporanea (la contestazione giovanile, le nuove tendenze del costume sociale, il superamento delle ideologie…) anticipando spesso i tempi e rielaborando le tematiche in una lettura mai banale e di alto rigore etico.
Nonostante il discreto successo commerciale delle ultime opere, il regista trova sempre più difficoltà a realizzare suoi progetti fino a quando, nel 1985, viene colpito da un ictus che gli fa perdere l’uso della parola, ma non gli impedisce di continuare a lavorare. Oltre che regista cinematografico, teatrale e persino di videoclip musicali e spot pubblicitari è stato anche un eccellente pittore e romanziere (Quel bowling sul Tevere, 1983). Muore nel 2007 a 95 anni.
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