Al numero 21 di via Torino c’era un cinema, il Ritz, chiuso già nell’autunno del 1983, che negli anni Sessanta è stato protagonista di una stagione gloriosa della cultura cinematografica cittadina: quella dei cinema d’essai.
Il Ritz, per un certo periodo insieme con l’Arti in via Mascagni, fu il primo esempio in Italia di cinema gestito nella programmazione dalla critica cinematografica sulla base delle esperienze francesi (i critici parigini sperimentarono per primi la gestione culturale di alcuni locali).
Ugo Casiraghi, critico cinematografico del quotidiano l’Unità, racconterà in un’intervista un periodo importante per la diffusione del cinema d’autore: «La concezione era di coniugare la commerciabilità con i meriti culturali scegliendo pellicole, spesso provenienti dai vari festival, che non trovavano distribuzione perché ritenute troppo difficili per il grande pubblico. Però bisogna ricordare che già nel dopoguerra e negli anni Cinquanta, il Gruppo Critici milanesi aveva organizzato le cosiddette mattinate popolari presso l’Odeon, l’Astra, l’Arlecchino: dopo alcuni giorni di programmazione, i film scelti venivano proiettati la domenica mattina a prezzi ridotti. Mi ricordo di opere come La terra trema di Visconti e Ladri di biciclette di De Sica così apprezzate dal pubblico milanese che gli stessi registi da noi invitati a quelle proiezioni si commossero per il forte clima di partecipazione».
Il primo Godard in Italia
Memore di quei risultati, Casiraghi insieme con Morando Morandini cercò per anni un locale adatto a tale scopo, ma senza risultato. Finalmente per merito del marchese Edmondo Incisa, proprietario di vari cinema, “capitalista” di vecchio stampo, ma di buon fiuto, fu possibile utilizzare prima l’Arti, poi anche il Ritz e in seguito solo quest’ultimo.
Una commissione formata da cinque critici, tra cui membri fissi, il segretario Ugo Casiraghi e Morando Morandini (gli altri tre si alternavano ogni anno), sceglieva i film da programmare. Faceva da tramite tra l’esercente e i critici, Ezio Semprini, agente pubblicitario (purtroppo scomparso molto giovane), che curava particolarmente l’aspetto divulgativo dell’iniziativa.
Per ogni pellicola venivano redatti comunicati per la stampa e una scheda elegante contenente dati e spunti critici. Inoltre veniva stampato un bollettino periodico con notizie relative ai film in cartellone presso il Ritz. L’intervento diretto sui “flani” (le locandine che reclamizzano l’uscita dei film stessi), era un modo nuovo e innovativo per una pubblicità franca e sincera priva di “certe lusinghe menzoniere” tipiche di una comunicazione prettamente commerciale.
Il 9 febbraio 1961 si iniziò con Ivan il terribile di Sergej Ejzenstejn e poi con Tom Jones di Tony Richardson, sei mesi consecutivi di tenuta in sala, e con Gangster Story di Arthur Penn, solo più tardi esploso negli Usa, quando già al Ritz aveva conosciuto una grande popolarità. E ancora Una donna sposata, primo film di Jean-Luc Godard arrivato in Italia.
Nel 1969 con la morte di Incisa questa fertile stagione si esaurì. Presto l’avvento delle tv private avrebbe modificato fortemente le abitudini del pubblico. Una mutazione antropologica della comunicazione e del tempo libero era alle porte.
Cineclub e rassegne
Dopo la fine, nel 1969, della fortunata stagione del cinema d’essai promossa dal Gruppo critici cinematografici milanesi guidato da Ugo Casiraghi al Ritz e all’Arti, il pubblico cittadino colto non vuole rinunciare alla visione dei prodotti filmici culturali difficilmente reperibili nel circuito commerciale.
Nel gennaio 1974 nasce il Cineclub Brera sulle ceneri di un precedente circolo, il Club Nuovo Teatro che dal 1967 con proiezioni all’Umanitaria svolgeva il compito di far conoscere l’avanguardia cinematografica come il cinema underground europeo e quello americano.
Nel 1971 il Club Nuovo Teatro diretto da Franco Quadri e Ettore Capriolo si scioglie per l’impossibilità di trasformarsi in una struttura professionale.
Così agganciandosi al preesistente Centro Internazionale di Brera in via Formentini (un’istituzione culturale polivalente con mostre e dibattiti), il gruppo d’intervento teorico in campo cinematografico nel quale militano tre giovani critici, Alberto Farassino, Paolo Mereghetti e Tatti Sanguineti, eredita l’attività culturale del centro di Brera assumendosene anche il nome.
In questi anni, nonostante una certa diffidenza da parte della critica cinematografica cittadina, il Cineclub Brera porta avanti anche con fatica una funzione determinante di ricerca con programmi in grado di allargare gli orizzonti del cinema riproponendo opere filmiche totalmente dimenticate dal circuito d’essai, ma con una predilezione per le pellicole nuove di autori interessanti rigorosamente selezionati.
Nel piccolo cineclub vengono presentati per la prima volta cineasti come Wim Wenders, Werner Herzog, un inedito Godard e Hans Jürgen Syberberg, autori che in poco tempo diventeranno celebrità internazionali.
Tra le rassegne più significative grande successo riscuotono Cinema e Pornografia – Le origini: il salotto, la collezione, il bordello, un Seminario sul regista Peter Kubelka; Cinema e scuola rassegna di film, videonastri e diapositive autoprodotte nelle scuole italiane e Kinomata il cinema delle donne.
Una stagione troppo breve
Purtroppo con il passare degli anni le fragili strutture del club sostenuto da una conduzione volontaria cedono sotto il peso delle difficoltà. La carenza di una adeguata pubblicizzazione delle programmazioni capace di attirare un pubblico più numeroso di quello attuale, la mancanza di una segreteria e di addetti di sala rendono impossibile la continuazione della vita del Centro.
Nel gennaio 1980 si è costretti a concludere amaramente l’esperienza.
«Per impegni personali non possiamo proseguire – affermava all’epoca Farassino – anche se abbiamo avuto offerte di denaro per continuare. Però ormai sopravvivono nel settore cinema solo le attività coordinate e non più spontanee. È l’ente pubblico che deve intervenire per organizzare una cineteca tenendo però conto di coloro che in questi anni hanno acquisito una grossa conoscenza in questo campo».
Un suggerimento che in qualche misura sarà ascoltato. Dopo la nascita dell’Obraz Cinestudio, nel 1976, anche l’Amministrazione Comunale decide negli anni Ottanta di sostenere un progetto pubblico capace di operare nella promozione cinematografica d’autore attraverso la gestione diretta del cinema De Amicis, chiuso il primo gennaio 2002 dopo quasi 20 anni di attività.
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