“Vespa”. Così mi chiamano: “Vespa”. Prima lo facevano di nascosto, quando pensavano che io non li potessi sentire. Poi hanno cominciato a chiamarmi in questo modo anche in mia presenza, senza preoccuparsi di eventuali conseguenze. Meglio, in ogni caso io sento tutto. Non mi sono mai illusa che questo soprannome facesse riferimento alla mia vita così sottile, risultato della costrizione costante a cui ho abituato il mio corpo. Poco male. Da parte delle altre donne di famiglia è solo invidia: non possono vantare il mio portamento elegante, quelle curve ordinate che si susseguono ritmicamente lungo il mio corpo. Corpulente, adipose, pingui, con quelle carni molli e quelle pance tonde sempre gravide. Ridono, felici del disfacimento dei loro corpi immolati alla maternità.
E gli uomini? Loro hanno paura di me, non riescono a reggere a lungo il ghiaccio dei miei occhi.
“Sei pungente, anche quando taci sei pungente come una vespa. Nessuno ti vorrà prendere in moglie!” Forse è dalle parole sibilate da mia madre, durante uno dei tanti litigi familiari per la suddivisione dei beni ereditati dopo la morte di mio padre, che è nato il mio nuovo nome. Non ho mai voluto un marito, a cosa serve? Gli uomini sono troppo forti o troppo deboli, in ogni caso vogliono dominare: credono che possedere il corpo di una donna li renda padroni anche della sua vita. Io sono padrona del mio corpo e della mia vita. Sono pienamente appagata e voglio che questo rimanga indubitabile per sempre. Ho commissionato per la mia futura memoria un ritratto e un necrologio: niente deve essere lasciato al caso o alla falsità di chi non mi ha mai amato.
Sono soddisfatta del mio ritratto. Le disposizioni a quel pittore giovane e spavaldo erano state chiare: chi ammira l’opera deve percepire il fruscio della preziosa seta nera che mi avvolge, deve essere soggiogato dal mio sguardo celeste e dalla mia pelle intatta di porcellana, deve essere penetrato dal profumo dei miei capelli morbidi e composti, deve accarezzare con gli occhi le linee sinuose del mio corpo. Ho voluto che si intravvedesse sullo sfondo il camino di marmo e la cornice d’oro dello specchio: sono una donna ricca. Sì, sono soddisfatta anche di quell’espressione risoluta che lui ha voluto conferire al mio viso e soprattutto mi piace quel piccolo sorriso ironico e beffardo.
“Vespa”, questo è il mio nome per i posteri.
“Il primo volo…
Sognatrice elegante, idealista introspettiva. Mente vivace e originale dietro una facciata convenzionale ma non banale, rifugge ogni forma d’ipocrisia.
L’Amore è filosofia e i sentimenti, misteriosi e contradditori, sono pennellate di un quadro visionario con tinte crepuscolari.
Nella salita verso l’infinito, la solitudine, abito di vita scelto senza rimpianti e con fiera convinzione, tra i riverberi di luce vermiglia dell’ultimo raggio di sole al tramonto, ritrova la gioia della libertà.
È passato un istante… inizia l’ultimo volo”.
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