La vecchiaia molto spesso si accompagna alla presenza di malattie croniche, deterioramento cognitivo, isolamento sociale e aumentato rischio di fragilità, e richiede per questo molteplici terapie farmacologiche
Premessa
Gli anziani rappresentano la frazione di popolazione che a livello globale ha subito il maggior tasso di crescita negli ultimi decenni: se agli inizi del ‘900 un individuo su 20 aveva 65 anni, oggi siamo arrivati a un soggetto su 6 e nel 2050 arriveremo a uno su 4. Il cambiamento demografico sarà ancora maggiore per i soggetti con 80 o più anni che diventeranno nel 2050 il 20-25% di tutta la popolazione nei Paesi industrializzati. Questo incremento dell’aspettativa di vita è il risultato di diversi fattori correlati da un lato al progresso della medicina, al miglioramento degli stili di vita, alla disponibilità di farmaci innovativi ed efficaci e alla implementazione di un migliore stato sociale.
L’invecchiamento raramente si manifesta da solo; molto spesso si accompagna alla presenza di malattie croniche, deterioramento cognitivo, isolamento sociale e aumentato rischio di fragilità. In Italia, la prevalenza di pazienti ultra-65enni affetti da patologie croniche ha raggiunto valori intorno al 35-40%, con valori intorno al 50% dei soggetti di età 75-85 anni e vicini al 65% negli anziani di ultra-85enni. E così, la presenza di più patologie rende spesso necessario l’uso di molteplici terapie farmacologiche, che ricadono sotto il nome di politerapie.
Politerapia (molteplici terapie farmacologiche) e l’interazione tra farmaci
Non esiste una definizione univoca per definire il termine politerapia; quella maggiormente utilizzata nella letteratura scientifica definisce questa condizione come l’uso concomitante di 5 o più farmaci. La politerapia può anche essere il risultato di un approccio sbagliato ai problemi di tossicità da farmaci, come nel caso di un fenomeno noto come “cascata prescrittiva”, che si innesca in seguito al mancato riconoscimento di una reazione avversa da farmaco, per cui, invece di sospendere il farmaco responsabile, ne viene prescritto un altro per trattare lo specifico disturbo, innescando un circolo vizioso che oltre a portare all’uso di farmaci inutili, può ulteriormente aumentare il rischio di effetti indesiderati.
Una delle conseguenze più comunemente associate alla politerapia è il rischio di interazioni pericolose tra farmaci. Un’interazione tra farmaci si verifica quando gli effetti di un farmaco vengono modificati dalla presenza di un altro farmaco. Generalmente le interazioni possono causare l’aumento della tossicità del farmaco che subisce l’interazione oppure la diminuzione o la perdita della sua efficacia.
Le interazioni tra farmaci possono avvenire con differenti meccanismi, che possono coinvolgere la cinetica di un farmaco oppure gli effetti livello dei siti d’azione. Per quanto riguarda i meccanismi delle interazioni non vi sono differenze sostanziali con quelli implicati nei soggetti giovani, ma le modificazioni d’organo che si osservano nei soggetti anziani possono agire come “aggravanti” e aumentare il rischio di osservare effetti tossici. Gli anziani rappresentano inoltre la popolazione maggiormente sensibile alle reazioni avverse da farmaci e rappresentano quindi la popolazione su cui è molto importante mantenere più alta l’attenzione al fine di evitare gravi reazioni avverse conseguenti ad interazioni.
Molteplici terapie farmacologiche e fattori di rischio
I soggetti maggiormente a rischio di interazioni gravi sono senza dubbio coloro che utilizzano contemporaneamente un alto numero di medicine. È opportuno tuttavia sapere che non tutte le interazioni richiedono necessariamente la sospensione dei farmaci coinvolti; molte volte può essere sufficiente un aggiustamento del dosaggio o dei tempi di somministrazione oppure può essere importante conoscere i parametri o i sintomi che devono essere controllati con maggiore attenzione per limitare il rischio di effetti tossici e procedere con una pronta interruzione del trattamento nel caso in cui questo si renda necessario.
Particolare attenzione andrebbe posta anche agli effetti indesiderati che alcuni farmaci possono avere a carico del sistema nervoso centrale, causando disturbi che si osservano tipicamente nei soggetti anziani, come confusione mentale, disorientamento, agitazione, deficit cognitivo, vertigini e conseguente rischio di cadute. Alcuni farmaci infatti possono bloccare a livello del sistema nervoso centrale i recettori dell’acetilcolina, un neurotrasmettitore coinvolto nei processi di memoria, concentrazione e apprendimento, causando disturbi della sfera cognitiva. L’invecchiamento è un fattore di rischio per tali reazioni avverse perchè con il passare degli anni si osserva un aumento della permeabilità della barriera emato-encefalica, una barriera che protegge il passaggio di molte sostanze e farmaci verso il sistema nervoso centrale per prevenire possibili danni. Inoltre con l’aumentare del numero di farmaci assunti aumenta anche la probabilità che fra questi ce ne siano alcuni con proprietà anticolinergiche. Questi farmaci sono infatti molto numerosi, alcuni hanno effetto di blocco ricercato sul sistema colinergico (es esempio alcuni farmaci usati nella malattia di Parkinson o nell’incontinenza urinaria), molti altri hanno un effetto di tipo secondario anche se non meno importante (es esempio molti farmaci usati nelle psicosi o nella depressione).
I farmaci che possiedono effetti di tipo anticolinergico appartengono a molte categorie terapeutiche (ad esempio, farmaci cardiovascolari, antidepressivi, miorilassanti, antispastici gastrointestinali, antistaminici di vecchia generazione, antipsicotici, ansiolitici e ipnotici, antispastici genito-urinari e antiparkinsoniani); spesso hanno effetti anticolinergici molto lievi, producendo effetti trascurabili sul versante cognitivo, ma il rischio di effetti avversi aumenta al crescere del loro numero.
Alcuni studi epidemiologici hanno infatti evidenziato che l’utilizzo continuativo (per almeno 2 anni) di farmaci con marcati effetti anticolinergici è associato ad un aumento delle diagnosi di compromissione cognitiva. Da questi studi è emerso che questi effetti negativi sono tuttavia reversibili se i trattamenti vengono prontamente interrotti, sottolineando la necessità di valutare con attenzione le indicazioni e l’utilità di ogni farmaco assunto in relazione ai benefici attesi.
Visto l’elevato numero di farmaci con effetti di tipo anticolinergico un buon consiglio è quello di utilizzare solo i farmaci strettamente necessari e alla minor dose efficace, al fine di evitare inaspettati effetti indesiderati che possono manifestarsi anche a distanza di tempo.
Strategie per ridurre il rischio di interazioni tra molteplici terapie farmacologiche
Da un punto di vista generale è utile che ogni persona, in occasione di una visita medica, non pretenda sempre che gli venga prescritto un farmaco, perché oltre ai benefici i farmaci possono produrre anche effetti tossici o essere coinvolto in interazioni gravi con altri farmaci.
I medicinali vanno utilizzati solo quando sono strettamente necessari. Può inoltre essere opportuno che un paziente anziano porti con sé una lista dei farmaci assunti per informare il medico sui trattamenti che sta già utilizzando e, nel caso gli venga prescritto un nuovo farmaco, è ragionevole chiedere se questo avrà dei chiari vantaggi e se ci sono interazioni a cui deve fare attenzione.
Non bisogna inoltre dimenticare di informare il medico se si stanno utilizzando farmaci da banco, estratti di erbe e altri preparati, perché questi possono essere coinvolti in interazioni importanti e causare effetti tossici. Infine, come raccomandazione generale, nel paziente anziano si dovrebbe sempre iniziare un trattamento con una dose bassa di farmaco, raggiungendo il dosaggio finale sulla base della tollerabilità individuale. È noto infatti che ai dosaggi normalmente utilizzati per l’adulto, molti farmaci possono produrre un effetto “maggiore” nell’anziano, determinando più frequentemente effetti indesiderati: per esempio i farmaci usati comunemente per l’insonnia possono causare non solo sonnolenza nel giorno successivo, ma con maggior probabilità anche disturbi della memoria, della concentrazione e/o confusione mentale.
Da parte loro, gli operatori sanitari dovrebbero periodicamente valutare gli obiettivi della cura e i benefici che si possono attendere da ogni trattamento farmacologico prescritto, soprattutto nelle persone che ricevono terapie complesse, procedendo, quando necessario, a una sospensione ragionata dei farmaci non più utili o potenzialmente dannosi.
Ai fini di una corretta revisione terapeutica e de-prescrizione è di fondamentale importanza il coinvolgimento del paziente, che deve sempre essere informato del motivo della sospensione di un farmaco e delle modalità con cui deve avvenire la sospensione, allo scopo di limitare l’insorgenza di possibili effetti da rimbalzo (es. ansia, nervosismo o insonnia in caso di sospensione in tempi troppo rapidi di un farmaco assunto da molto tempo per indurre il sonno).
Per effettuare questo lavoro il personale sanitario può utilizzare strumenti che consentano di valutare rischi e benefici di una terapia, come INTERCheck, uno strumento di valutazione dell’appropriatezza prescrittiva che è stato sviluppato dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e a cui gli operatori sanitari possono accedere gratuitamente.
Principali fattori di rischio per sviluppare interazioni tra farmaci
Correlati al paziente
– politerapia
– numero di medici che prescrivono farmaci al paziente
– automedicazione (farmaci da banco), fitoterapici, integratori alimentari, alimenti (per esempio succo di pompelmo), abitudine all’alcol
– cambiamenti farmacocinetici e farmacodinamici correlati all’invecchiamento
– malattie croniche o instabili (diabete, aritmie, epilessia, malattie autoimmuni, tumori, BPCO)
– insufficienze d’organo (rene, fegato, cuore)
– variabilità genetica (polimorfismi genetici)
Correlati al farmaco
– stretto indice terapeutico e tossicità dose correlata (es.: digossina, ipoglicemizzanti orali, warfarina, litio, antiepilettici)
– farmaci che influenzano le funzioni vitali (es.: antidiabetici, anticoagulanti, analgesici oppioidi, antiaritmici)
– modulatori degli enzimi epatici e/o dei trasportatori di membrana (es. amiodarone, antifungini azolici, macrolidi, fluorochinoloni o sulfonamidici – inibitori dei citocromi epatici P450; rifampicina, fenobarbitale, fenitoina, e carbamazepina – induttori dei citocromi epatici P450)
– combinazioni di farmaci che provocano nefrotossicità, disturbi elettrolitici, ipotensione, bradicardia, ritenzione idrica (es: inibitori del sistema renina-angiotensina, diuretici, farmaci antinfiammatori non steroidei, antipertensivi, digossina, antagonisti dei recettori alfa-adrenergici)
– combinazioni di farmaci con effetto sedativo additivo (es.: barbiturici, oppioidi, benzodiazepine, antistaminici) che possono provocare cadute, vertigini e confusione mentale
– combinazioni di farmaci con effetto anticolinergico (es.: antipsicotici, antidepressivi triciclici, antistaminici di prima generazione, antiparkinsoniani, farmaci per l’incontinenza)
– combinazioni di farmaci che possono indurre anemia o sanguinamenti (es.: antinfiammatori non steroidei, salicilati, inibitori selettivi del re-uptake della serotonina, anticoagulanti, corticosteroidi, alcuni antibatterici)
– combinazioni di farmaci con effetti additivi sull’intervallo QT cardiaco, che possono scatenare aritmie spesso gravi.
– nuovi farmaci
Letture consigliate
- Scott IA, Hilmer SN, Reeve E, et al. Reducing inappropriate polypharmacy: the process of deprescribing. JAMA Intern Med. 2015 May 1;175(5):827-34
- Jansen J, Naganathan V, Carter SM, McLachlan AJ, Nickel B, Irwig L, Bonner C, Doust J, Colvin J, Heaney A, Turner R, McCaffery K. Too much medicine in older people? Deprescribing through shared decision making. BMJ. 2016 Jun 3;353:i289
- Shehab N, Lovegrove MC, Geller AI, Rose KO, Weidle NJ, Budnitz DS. US Emergency Department Visits for Outpatient Adverse Drug Events, 2013-2014. JAMA. 2016;316(20):2115-2125
- Juurlink DN, Mamdani M, Kopp A, Laupacis A, Redelmeier DA. Drug-drug interactions among elderly patients hospitalized for drug toxicity. JAMA. 2003 Apr 2;289(13):1652-8.
- Buostani et al. Impact of anticholinergics on the aging brain: a review and practical application. Aging Health (2008) 4(3),311-320
Il professor LUCA PASINA, laureato in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche presso l’Università di Pavia, svolge dal 2003 l’attività di ricercatore nell’stituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano dove è Responsabile del Laboratorio di Farmacologia Clinica e Appropriatezza Prescrittiva.
Segue progetti di farmaco-epidemiologia volti alla valutazione e al miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva ed è responsabile dello sviluppo e aggiornamento di INTERCheck , uno strumento di supporto alla prescrizione realizzato con l’obiettivo di bilanciare rischi e benefici di una terapia farmacologica attraverso una valutazione che considera diversi aspetti della farmacologia, risultando così particolarmente adatto a valutare le terapie complesse dei soggetti anziani politrattati. Le principali aree di ricerca riguardano: la valutazione del rischio di eventi avversi correlati a interazioni tra farmaci e la valutazione del rischio di deficit cognitivo e funzionale associato all’utilizzo di farmaci con effetti anticolinergici.
Segue inoltre progetti volti a razionalizzare la prescrizione dei farmaci in ambito ospedaliero, territoriale e nelle residenze sanitarie assistite attraverso la formazione del personale sanitario; e progetti mirati ad incentivare l’uso dei farmaci equivalenti e dei biosimilari attraverso interventi di formazione e informazione indipendente.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.