Uno dei circuiti culturali meglio preservati in Italia. E ancora tutta da scoprire

Pubblicato il 1 Aprile 2017 in

Una meta archeologica, rivisitata e riportata a nuova vita proprio negli ultimi tempi, anche grazie alla presenza e all’entusiasmo delle maestranze  e degli operatori turistici che lavorano nella zona e che si sono sensibilizzate da tempo ad assicurare massima qualità di servizio e di accoglienza ai visitatori. Un turismo che accontenta e fa tornare, auspicato anche da Gabriel Zuchtriegel, Direttore del Parco Archeologico di Paestum. Ecco il suo parere, espresso in una recente intervista)

gabriel-zuchtriegel-direttore-museo-paestumPaestum è  una città ancora tutta da scoprire: ci sono le mura, all’interno di esse c’è l’abitato antico e tutto è ancora coperto; fuori dalle mura ci sono le necropoli che sono state scavate solo in parte. C’è ancora molto da scoprire. Noi come museo siamo stati indicati dalla riforma ministeriale anche come “Istituzione di ricerca” e questo ci permetterà di sviluppare un progetto di scavi per approfondire la conoscenza del sito e degli abitati che ancora si conoscono poco; i templi, l’agorà e lo spazio pubblico sono ben noti mentre per gli abitati c’è ancora molto da scoprire”.

C’è una città intera che attende di essere scoperta?

“Sì, e le condizioni di conservazione sono ottime. E’ uno dei circuiti culturali meglio preservati in Italia. Abbiamo un paesaggio relativamente intatto se confrontato con altre realtà dove non c’è più la possibilità di fare una ricerca sistematica, come ad esempio Napoli o altre grandi città che nei secoli si sono accresciute. Qui c’è un campione modello per studiare la colonizzazione greca, l’urbanistica, la vita quotidiana, il commercio, l’artigianato, i culti“.

Nel sito oltre ai famosi templi di Hera, Poseidone e Athena quali altri reperti sono presenti? In quali condizioni sono?

“E’ nostra intenzione dare maggiore valorizzazione al percorso delle mura, averle in questo stato di conservazione è un dato eccezionale. Vogliamo inoltre rendere visitabili le torri e approntare una serie di mostre all’interno di esse. In tal modo è possibile incrementare e diversificare l’offerta per i visitatori. Arrivando dalla stazione, che è a due passi dagli scavi, si potrà fare un giro lungo le mura e attraverso le porte della città, in particolare Porta Marina che è in ottimo stato di conservazione o Porta Sirena anch’essa in buono stato. Già quello che è stato portato alla luce offre tante possibilità di ampliare l’offerta”.

A dicembre scorso risale il ritrovamento da parte dei Carabinieri per la tutela del patrimonio artistico della “Tomba del Guerriero”, di 2300 anni fa, trafugata negli anni ‘90. Un altro pezzo importante che torna a far parte della Paestum da valorizzare?

“E’ nostra intenzione esporre le lastre della “Tomba del Guerriero”, ma prima dobbiamo studiarle attentamente perché non è detto che non siano state ritoccate o manipolate in vari modi per essere vendute a un prezzo migliore. Una volta che lo avremo accertato, allestiremo una mostra per offrire al pubblico l’occasione non solo di ammirare il ritrovamento di queste lastre, ma anche di riflettere sul fenomeno dei trafugamenti di opere antiche che di fatto le sottrae alla collettività”.

Il ministro Franceschini, proprio in occasione di questo importante ritrovamento, ha definito questa come “l’area archeologica tra le più importanti d’Italia, su cui nei prossimi anni faremo importanti investimenti. Paestum, per la sua straordinaria bellezza, merita il giusto riconoscimento nazionale e internazionale e risorse che negli anni passati non ha avuto”. Una prospettiva positiva per questo sito, dunque?

“Molto positiva. Non era affatto scontato che Paestum rientrasse tra i venti musei autonomi della riforma. E’ un privilegio per tutta la Campania che ci siano quattro realtà, quattro musei autonomi, oltre Paestum il Museo Archeologico di Napoli, il Museo di Capodimonte e la Reggia di Caserta. Paestum dal punto di vista della qualità, dell’importanza dei monumenti e della collezione merita un posto di primo rango a livello internazionale, questo è fuori dubbio. Quello che dobbiamo fare nei prossimi anni è cercare di arrivare anche con la qualità della gestione, dell’offerta, dei servizi e della comunicazione al livello che merita il sito. Per quel che riguarda la collezione, i monumenti e l’importanza storica e artistica siamo al top, dobbiamo arrivare allo stesso livello con la qualità di servizi e offerta. Questa sarà per Paestum la svolta definitiva”.

Non dipende solo da lei e dal suo operato questo.

“E’ vero. Per questo noi cerchiamo di instaurare un dialogo e una stretta collaborazione con tutto il territorio. I visitatori non vengono solo per l’archeologia o solo per il mare e la mozzarella. E’ il giusto mix tra tutti i fattori a fare la qualità. Vogliamo un turismo di qualità e sostenibilità che non vuol dire soltanto prezzi alti, ma una qualità diffusa sul territorio. Noi faremo la nostra parte, ma contiamo sul fatto che tutti i partner locali, soprattutto i privati, facciano la loro parte. Gli albergatori, i bed & breakfast, i ristoranti, i negozi, tutte le strutture insomma, se ciascuno di essi farà la sua parte, anche se piccolissima, tutti insieme potremo fare grandi cose. C’è bisogno di un’attività condivisa che parte dai singoli individui e mirante allo stesso obiettivo”.

Come fare arrivare questo messaggio in maniera diffusa a tutte le comparse?

“Bisogna cominciare da noi stessi e chiedersi: “Come Parco Archeologico, o come piccolo bed & breakfast. cosa posso fare per rendere il mio territorio più attraente e con una qualità migliorata?”.

La sua scommessa, lanciata attraverso un video diffuso da molti media, dopo pochi giorni dal suo insediamento: rendere fruibile almeno un tempio dall’interno e non solo ammirarli dall’esterno. Pensa di riuscirci?

“Abbiamo già avviato il progetto e stiamo studiando con l’architetto gli aspetti riguardanti la sicurezza e la conservazione; sono convinto che questo sarà un progetto cruciale perché è un’esperienza davvero unica e fantastica entrare in un tempio antico, e qui a Paestum è possibile come in nessun altro luogo del mondo. Vedere dall’interno del tempio di Nettuno la Basilica è tutt’altra cosa rispetto al farlo solo dall’esterno. E ritengo che sia nostro dovere rendere possibile questa esperienza ai visitatori. La riscoperta di Paestum ci fa comprendere come la città fosse un luogo cruciale non solo per il territorio circostante, ma per tutta la nascita di una disciplina, la storia dell’arte, che studia la concezione dell’arcaico, delle origini dell’arte, del primitivismo; se riuscissimo a raccontare anche questa parte della storia di Paestum potrebbe essere molto accattivante per tutti”.

Lei sta dicendo, insomma, che dovremmo far rivivere l’arte nella nostra quotidianità…

“Sì, e non prenderne le distanze mettendola in una vetrina che ci separa da essa, ma piuttosto cercare di cogliere i fili che ci collegano al passato e che ci condizionano ancora oggi, non sempre in maniera positiva. Non bisogna fare un’ammirazione acritica dell’antico, ma un confronto critico perché solo così può suscitare interesse. Bisogna andare oltre la bellezza, non dobbiamo trattare l’antico come un fenomeno legato alla bellezza. Non voglio negare il fascino estetico, però parliamo di anche di temi come la nascita della moneta, la migrazione, la violenza, conflitti religiosi e culturali, la schiavitù. Tutti temi che vanno oltre la semplice affermazione che “il tempio è bello”. Il tempio è bello, ma dietro il tempio c’è tutta una storia: chi lo ha costruito, il contadino che produceva ciò di cui si nutrivano le persone coinvolte nella costruzione del tempio, un architetto, una élite di cittadini che ha commissionato l’opera etc. Bisogna far emergere anche questi temi.

(Fonte)

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