Grandi novità al Museo di Paestum dove dallo scorso 6 ottobre con il ritorno del Tuffatore, l’apertura della Sala Napoli e il restauro della Fontana di Carlo Alfano, si respira aria di festa.
L’arte contemporanea si specchia nuovamente in quella greca così come era nel progetto iniziale. Grazie a un contributo privato, infatti, anche la sala “Mario Napoli” , che ospita la Tomba del Tuffatore, testimonianza eccezionale della pittura greca, è tornata a nuova vita con un colore di verde che richiama proprio quello della lastra, simbolo del viaggio dalla vita all’al di là.
Tra i pezzi di inestimabile valore storico e artistico conservati nel museo, ci sono le lastre dipinte della cosiddetta Tomba del Tuffatore, unico esempio di pittura di età greca della Magna Grecia. È una sepoltura a lastroni, chiusa da una copertura piana, con affreschi sulle pareti interne. Sulla lastra di copertura è dipinto un uomo che si tuffa in acqua: il tuffo simboleggia il passaggio dalla vita alla morte. La decorazione dipinta della tomba detta del tuffatore, trovata nel 1968, illustra un grande momento della pittura greca, verso il 480 a.C., caratterizzata dallo stesso spirito dei pittori vascolari dello stile severo.
Sulle quattro lastre, che costituiscono le parti della cassa, sono rappresentate scene tradizionali di simposio e di banchetto (lati lunghi nord e sud) e personaggi in cammino (lati brevi est ed ovest); la scena principale sul coperchio evoca un paesaggio marino dove le ondulazioni fanno sentire un fremito della superficie dell’acqua, mentre il tuffatore è colto in pieno volo, in un movimento di grande eleganza.
I personaggi dei banchetti, a gruppi di due, sono presentati con grande vivacità in diverse posizioni: mentre giocano al cottabo, suonano la cetra o il dìaulos, ed allungati o seduti sui letti conversano animosamente.
I movimenti si distribuiscono da un gruppo all’altro attraverso le posizioni dei corpi, con i busti mostrati in tre quarti ed in completa torsione, i volti animati da intense espressioni.
Il pittore ha utilizzato la tecnica a tempera con il procedimento della sinopia, su di un intonaco di calce e sabbia, applicato in due strati dei quali il più sottile, in superficie, ben levigato e liscio, contiene anche una polvere di marmo che gli conferisce brillantezza e consistenza.
Queste pitture permettono di osservare le relazioni che uniscono artisti ed artigiani, pittori e decoratori di vasi. Due degli elementi essenziali della creazione pittorica sono allora pienamente padroneggianti: il disegno e il volume dei corpi.
Le Tombe dipinte del IV secolo a.C.
L’uso delle tombe dipinte si afferma a Paestum in modo assai diffuso nel IV secolo a.C., durante il dominio lucano. A questa epoca risale la ricchissima raccolta di pitture funerarie del museo. Si tratta di lastre affrescate: le più antiche sono decorate solo nella parte centrale, con fasce, corone, bende o rami; in seguito si afferma l’uso di vere e proprie scene figurate per le tombe maschili (prevalentemente guerrieri a cavallo con elmo e corazza) e di elementi decorativi per quelle femminili.
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