Forse dovrei provare a connettermi….
Mi chiamo Gaetano e, come si può indovinare facilmente, sono nato in terra meridionale, più precisamente a Santa Maria Capua Vetere, un bel comune del Casertano sorto sulle rovine di un borgo romano di cui conserva uno straordinario anfiteatro. I miei ricordi d’infanzia laggiù sono sbiaditi e anche idealizzati: scorribande a piedi scalzi nel circondario di casa, lucertole acchiappate a tradimento per la coda e giochi monelli e allegrissimi fino al tramonto nel vasto spiazzo davanti alla magnifica Basilica di Santa Maria Maggiore. Conservo le impressioni di sogno di allora e, in tanti anni di lontananza, ancora non mi sento pronto a sbugiardarle con una visita del disincanto. Dal paese natale, infatti, sono emigrato alla fine delle scuole elementari, quando i miei industriosi genitori mi hanno portato con loro a Milano a tentare la fortuna. Ho sofferto il freddo, la nebbia e le angherie dei compagni di scuola che ridevano del mio accento, del colorito olivastro e dei cappotti “rivoltati”.
Il mio riscatto ha avuto il suo principio proprio tra i banchi di scuola nonché sulla pista di atletica: la voglia di emergere è stato lo sprone a studiare sodo, mentre il risentimento per le discriminazioni dei coetanei svaporava ai blocchi di partenza. Quando mi sono iscritto alla facoltà di economia ho dovuto abbandonare lo sport agonistico ma ho sempre mantenuto la sana abitudine di fare movimento, e poi, a quel punto della vita, mi ero ambientato e avevo un circolino di buoni amici: non mi sentivo più spiantato e non dovevo nemmeno più “sudare” la frustrazione. Soprattutto, uno dei primi giorni di lezione, ho rovesciato un caffè sulla gonna di un’incantevole signorina: un quinquennio dopo eravamo laureati e sposati.
Oggi sono vedovo, ma gli occhi chiari e i capelli cinerini della mia primogenita mi rinfrescano ogni giorno la memoria della consorte, e così anche il carattere allegro che l’accomuna ad entrambi i miei ragazzi: la femmina di cui ho appena detto e che le somiglia nei colori, e il maschio che, invece, è moro e “abbronzato” come me.
Sono fortunato, perché i ragazzi sono affettuosi e non si limitano alle visite d’obbligo, bensì mi cercano quasi ogni giorno al telefono e mi tengono aggiornato sulle novità loro e del mondo giovane; spesso si fanno invitare a cena in posticini tipici, etnici persino! Devo ammettere che mia moglie ed io non tenevamo affatto -e a torto- in considerazione le bacchette, mentre adesso me la cavo discretamente a “pizzicare” spaghettini di riso in salsa agro-piccante e bocconi speziati di tofu strapazzato (le ricette cinesi che preferisco!). Nel weekend capita che i figlioli propongano concerti classici o cinema pomeridiani o, questo davvero raramente ma è comunque molto più di quello che pretenderei da loro, che si prestino per dei fine settimana “a tre” nella nostra casetta nell’entroterra ligure. Ecco un altra pigrizia senile: se non fosse per queste sporadiche sortite in famiglia, la casa di villeggiatura resterebbe sempre chiusa.
Insomma: i miei figli sono molto generosi nel dedicarmi del tempo di qualità, ma intuisco che a volte sacrificano per me le giornate che occuperebbero altrimenti, e questo mi fa sentire mortificato. Talvolta, invece, le loro preoccupazioni perché abito da solo mi risultano opprimenti: è vero, non ho che una domestica che ogni tanto da una ripulita a casa, ma sono in salute e non sono affatto depresso, un po’ solitario casomai. D’altronde la pensione può essere propulsiva per rinnovare le abitudini o tutto il contrario: personalmente la routine della banca è forse quello di cui ho più nostalgia. Dopo qualche scatto d’inizio carriera sono approdato definitivamente al “mio posto” e, per vent’anni, ho occupato le giornate in modo sempre produttivo. So che non sarei più adatto al modo attuale: troppi servizi automatici, troppa varietà di opzioni, assistenza clienti via internet e molto altro che una volta era gestito faccia a faccia e che adesso è necessariamente virtuale. Tutte buone innovazioni, ma io non sarei più a mio agio. D’altronde mi manca una motivazione forte per puntare la sveglia e uscire, e pure una per aver voglia di rincasare a sera; così scandisco le giornate cercando di avere comunque delle occupazioni di qualche sostanza, ma non sempre ho fantasia abbastanza per evitare la noia.
Scrivo qui, dopo giorni che ripasso un articolo che ho conservato da un quotidiano sull’argomento della varietà di siti web dedicati all’incontro: se la maggior parte mi lascia interdetto già dal nome ammiccante, sono invece rimasto colpito dalla parola “affinity” che, nonostante non sia un anglofono, mi è chiarissima e mi ispira. Mi domando dunque, visto che sembra esserci un portale nel web adatto anche al mio carattere discreto, se dare una svolta socievole (o meglio “social”, come ho imparato che si dice). Se mettessi da parte la diffidenza, avrei bisogno di frequentare coetanei con degli interessi simili ai miei e anche con gli stessi miei limiti dettati dall’età: gite a passo lento, visite culturali pomeridiane, buon cibo e buon vino ma con moderazione e in ambienti quieti, rassegne, conferenze e incontri che mi tengano aggiornato ma parlino la mia stessa lingua…
Come per le sortite in Liguria, da solo, pur sapendo che ci sono tanti appuntamenti interessanti, desisto presto a prendere l’iniziativa. Forse Internet è il cilindro giusto in cui ficcare la mano per trovare, tra tante anime, anche qualcuna affine alla mia; forse, visto che già mi trovo a battere sulla tastiera, dovrei sgombrare le esitazioni e provare a connettermi… in tutti i sensi!
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