Youth-La giovinezza
regia e sceneggiatura Paolo Sorrentino cast Michael Caine (Fred Ballinger) Harvey Ketel (Mick Boyle) Rachel Weisz (Lena Ballinger) Paul Dano (Jimmy Tree) Jane Fonda (Brenda Morel) Robert Seethaler (Luca Moroder) Alex MacQueen (emissario della regina) Luna Mijovic (massaggiatrice) Madalina Ghenea (Miss Universo) Paloma Faith (popstar) durata 118′
Dopo numerose opere non sempre convincenti sul piano formale, inclusa la celebrata e premiata Grande bellezza, con questo (per ora) ultimo film il regista napoletano Paolo Sorrentino (classe 1970) ha raggiunto la piena maturità artistica. Innanzitutto ha depurato la sua espressività dagli eccessi kitsch che l’avevano sempre appesantita arrivando a un cinema essenziale ed efficace senza per questo rinunciare ai barocchismi che rappresentano comunque il suo “marchio di fabbrica”. Contrariamente a quanto farebbe pensare lo stesso titolo, Youth non è un film sulla sulla giovinezza, vissuta, evocata o ricordata che sia. Tanto meno è un film sulla vecchiaia che ricorda la propria giovinezza e invidia quella altrui. Youth è un film sul tempo e sull’etica del tempo. Cosa che riguarda in ugual misura i giovani, i meno giovani e i vecchi perché il tempo non si misura con gli anni, ma con la memoria. Dunque si può essere attivi e creativi alla soglia degli ottanta, come passivi e inerti a venti. Corpi sull’orlo del disfacimento possono ancora sognare, corpi levigati e scolpiti possono essere privi di spirito e ingegno. Della serie: la gioventù passa, la giovinezza no.
Intrecci familiari e artistici si compongono e si disfano nell’aria rarefatta di un hotel svizzero d’alta quota e nella sua lussuosa spa come nei suoi bucolici dintorni popolati di mucche al pascolo e scatenati bikers. Opera corale, sfaccettata, eppure compatta e unitaria. Capace di andare a bersaglio e colpire la mente e il cuore. Con interpreti d’eccezione, a partire da un Michael Caine in stato di grazia e una Rachel Weisz finalmente in grado di esprimersi da grande attrice anziché da belloccia di turno. Amaro il finale, con la pessimistica constatazione sull’inesorabilità del tempo e sulla sua capacità assimilare ogni destino: «Non fa nessuna differenza: uomini, animali, piante… siamo solo comparse». Ovviamente nel film della vita.
Allora perché vederlo?
Per esorcizzare i fantasmi della vecchiaia
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