Pride
regia Mattew Warchus sceneggiatura Stephen Beresford cast Ben Schnetzer (Mark Ashton) Bill Nighy (Cliff) Imelda Staunton (Efina) Dominic West (Jonathan) Paddy Considine (Dai) Andrew Scott (Gethin) George MacKay (Joe) Joseph Gilgun (Mike) Jessica Gunning (Sian James) genere commedia durata 115′
L’orgoglio (pride in inglese) cui il titolo fa riferimento è naturalmente quello gay. Ma se oggi la formula è diventata ormai un appuntamento abituale in tutti i Paesi evoluti, nell’Inghilterra tatcheriana del 1984 poteva destare ancora qualche imbarazzo tra i comuni mortali. Che, in questo caso, non sono i benpensanti supporter della Lady di Ferro, ma i rudi minatori del Galles, vessati a loro volta dalle leggi liberiste del governo Tory, e in sciopero per un intero anno con conseguenze devastanti sulle famiglie e le comunità locali. Inoltre, come spesso accade, tra emarginati non scatta subito la solidarietà quanto piuttosto la classica “guerra tra poveri”. Le incomprensioni reciproche prevalgono a lungo, frutto di pregiudizi radicati, ignoranza e cattiveria, ma l’intesa è solo rimandata, per maturare gradualmente solo dopo una presa di coscienza collettiva.
La storia diverte e commuove grazie soprattutto a una sceneggiatura e una regia che puntano sui dettagli, sulle sfumature e sul personaggio collettivo. Da qui anche la scelta di un casting praticamente perfetto che rinuncia ad avere in scena qualche divo a favore di facce vere e pulite. Tutti eccellenti attori anche se poco o nulla noti alle masse. Il risultato è una maiuscola opera corale, che coinvolge e appassiona. Volendo proprio trovare il pelo nell’uovo si può imputare al film un eccesso di buonismo: la vita della classe operaia durante l’epoca Thatcher doveva essere per forza molto più dura e triste.
E allora perché vederlo? Se si ritiene che i sindacati servano solo a garantire rendite e privilegi.
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