“Il cittadino illustre” di Gastón Duprat e Mariano Cohn
sceneggiatura Andrés Duprat cast Oscar Martínez (Daniel Mantovani) Dady Brieva (Antonio) Andrea Frigerio (Irene) Belén Chavanne (Julia) Nora Navas (Nuria) Marcelo D’Andrea (Florencio Romero) Gustavo Garzón (Gerardo Palacio) genere commedia durata 106′
Daniel Mantovani è uno scrittore argentino sulla sessantina, premio Nobel per la letteratura. Da oltre 40 anni vive a Barcellona, da quando cioè, poco più che ragazzo, lasciò la natìa Salas, cittadina sperduta nella pampa, per trasferirsi in Europa. Non di meno le storie dei suoi romanzi, che l’hanno reso celebre e ricco, affondano tutte le loro radici in quel luogo remoto dove non ha mai rimesso piede. Al vertice di fama e onori, Daniel è però in crisi creativa. Incapace cioè di trovare altre storie da raccontare, altri personaggi da inventare. Forse per un moto inconscio è proprio per questo che, tra le centinaia di inviti prestigiosi che riceve ogni giorno da istituzioni, governi e università, tutti regolarmente declinati, decide di accettare un riconoscimento non proprio eclatante: la patacca e il diploma di “cittadino illustre” di Salas. Cosa che gli permette di fare ritorno alle origini, alla fonte della sua ispirazione. Con corollario di vecchi amici e antichi amori, politicanti e soloni locali e qualche nuova scoperta. Non sempre esaltante. Il film non merita di essere rivelato nemmeno in un particolare della sua struttura narrativa essendo un perfetto meccanismo a orologeria che appassiona e coinvolge con progressione geometrica. Dalla prima all’ultima inquadratura. Perché come si legge nei Vangeli “Nessuno è profeta in patria”, con tutte le conseguenze del caso. Infatti neppure Nostro Signore compì miracoli a Nazaret, per l’incredulità dei suoi concittadini che lo consideravano semplicemente il “figlio del carpentiere” (Mt 13, 53-58). Per i vecchi scribi di cinema come noi trovare una boccata d’ossigeno così pura tra tanto smog che passa quotidianamente sui grandi e piccoli schermi è un modo per riconciliarci con la settima arte. E non stupisca che a trovare le corde giuste per fare un bel film (non un capolavoro, s’intende, ma un’onesta e sana bottega di eccellente artigianato) siano due registi pressoché sconosciuti che lavorano agli antipodi, non solo geografici, di Hollywood. Segno anche che per ottenere un buon risultato non servono capitali ingenti, effetti ultra speciali e un esercito di web designer. Basta solo una buona idea e tanta inventiva.
E allora perché vederlo?
Per capire cosa intendeva Kierkegaard quando disse: “È terribile per un genio nascere in provincia”
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