Pensare è impegnativo, ce ne accorgiamo ogni giorno, basta aprire un giornale. È molto più facile, gradevole, confortante accordarsi alle opinioni degli altri. Gli studi sulle cosiddette Leggende metropolitane (di cui alcune inventate di sana pianta per verificarne la diffusione) dimostrano come le più assurde sciocchezze possano sembrare indiscutibili verità, quando sono ripetute abbastanza spesso: ora che telefonini, Facebook e altri ammennicoli pappagalleschi del genere sono a portata di mano e di testa. Anche il pregiudizio moltiplica l’insidioso potere dei luoghi comuni. Non essendoci una cura certa per distinguere il ragionevole dall’insensato, bastano un pizzico di diffidenza e una robusta dose di buon senso.
Avevo pensato, in un primo momento, di fare un corposo elenco di stupidaggini che ci erano state servite come inconfutabili verità, poi smentite: ma mi sarete servito uno spazio troppo grande, avrei dovuto scegliere. Matrimoni e gravidanze per una bella copertina. Amori e riconciliazioni esibite per risvegliare l’attenzione su carriere incerte e sbiadite. Persino malattie incurabili per raccogliere conforto e pietà. Abbiamo visto e sentito di tutto. Abbiamo resistito a tutto.
Tutta questa ‘manfrina’ come direbbe mio nipote, per arrivare al nocciolo: l’allunaggio, di cui abbiamo festeggiato i cinquant’anni. E, contemporaneamente, i cinquant’anni di una colossale stupidità: quella che sostiene che l’allunaggio e’ stato soltanto un gioco delle parti realizzato in studio. E noi, milioni di sonnambuli, data l’ora, a crederci, commuoverci, esultare come babbaleoni. Quell’uomo lassù, in quella palla che ogni sera spunta in un cielo di vetro a spicchi, a metà – che per noi è mezzo e per l’altro emisfero a metà – un gioco montato in uno studio gigantesco per farci ‘cucù’. Un’idea così non sarebbe venuta neppure a Macchiavelli né a Galileo, che pure di fantasia ne avevano da regalare. Un’idea così è venuta a qualche cretino che l’ha messa in giro, ‘con tanto di prove’. L’ha raccontata a altri scemi come lui che l’hanno raccontata… a persone ragionevoli come noi. Che quella notte siamo rimasti svegli davanti a quell’apparecchio acceso… sino a quando abbiamo visto quel piede scendere da una scaletta, come se fosse dietro casa. Ed era la luna: quella dei nostri amori, delle nostre canzoni, delle nostre poesie. La luna e la voce di Tito Stagno: un uomo come noi – magari un po’ diverso e migliore di noi – era arrivato lassù, in quella mezza o a metà. In quella luna lassù: e questa è la verità. Sino a prova contraria…
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